2011-01-08 14:07:46

Pakistan: il presunto assassino di Taseer vicino ai fondamentalisti islamici


Si è svolta il 5 gennaio scorso la prima udienza del processo a Malik Mumtaz Hussain Qadri, accusato di essere l’assassino del governatore del Punjab, Simon Taseer, ucciso il giorno precedente probabilmente a causa delle sue posizioni sulla legge in materia di blasfemia in vigore nel Paese. Qadri è stato accolto in tribunale da centinaia di fan che hanno versato sul suo capo petali di fiori, mentre la sua pagina facebook ha registrato il boom di consensi, oltre duemila; più di 500 leader islamici facenti capo al movimento di cui Qadri fa parte, Dawat-i-Islami, inoltre, gli hanno reso pubblico omaggio, invitando tutti i musulmani del Paese a boicottare le giornate di lutto indette per la morte di Taseer. Il gruppo conservatore in questione, fondato nel 1880 e molto diffuso nel subcontinente indiano, si professa un’associazione islamica di natura apolitica e ufficialmente non violenta, ispirata al movimento Barelvi. Domani a Karachi, inoltre, alcuni fondamentalisti islamici hanno indetto una marcia di protesta contro i tentativi di abolizione della legge sulla blasfemia, la Tahfuz namoos-e-Rislat March. Intanto i cattolici dell’area hanno disertato i funerali di Taseer per motivi di sicurezza, pur deponendo fiori sulla tomba del governatore, morto per il suo impegno contro la deriva fondamentalista. “È scioccante che l’assassino di un governatore venga premiato e che centinaia di avvocati si palesino per difenderlo, facendo di Qadri un eroe”, è il commento amaro di un sacerdote di Lahore, padre Daniel Habib, raccolto dall'agenzia AsiaNews. La voce ufficiale della Chiesa locale è affidata a un comunicato di mons. Lawrence Saldanha, presidente dell’episcopato e arcivescovo di Lahore, in cui esprime, tra l’altro, le condoglianze dei vescovi per la morte di Taseer: “La sua morte è un segnale del crescente fanatismo religioso in Pakistan – scrive – un Paese che mostra tolleranza zero per i fedeli delle minoranze”. I vertici della Commissione nazionale di Giustizia e Pace, intanto, non smettono di chiedere a gran voce “indagini approfondite”. (R.B.)








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