Rosarno: lavoratori immigrati in piazza per reclamare i propri diritti
“Lo Stato deve intervenire per aiutare l’economia di queste terre”. Così don Giuseppe
Varrà, parroco di San Giuseppe Battista a Rosarno, ad un anno esatto dagli scontri
che segnarono il paese della piana di Gioia Tauro. Due braccianti africani vennero
“gambizzati”, seguirono giorni di violenze e tensione con i residenti. Al centro delle
proteste, lo sfruttamento e la mancanza di lavoro. I migranti, lo ricordiamo, vivevano
ammassati in edifici fatiscenti senza acqua né luce. Oggi, manifestazioni in favore
dei diritti dei lavoratori e contro il lavoro nero si sono tenute a Rosarno, Reggio
Calabria e Roma dove una delegazione composta da rappresentanti dell’Osservatorio
Antirazzista e da due lavoratori immigrati, sono stati ricevuti al ministero dell’Agricoltura.
Al microfono di Massimiliano Menichetti ascoltiamo lo stesso don Giuseppe Varrà:
D. - La situazione
è più tranquilla sotto molti punti di vista, però non è tra le migliori: ad esempio
dal punto di vista abitativo in molte case, soprattutto nelle campagne, vivono dieci,
dodici persone.
D. – In queste case c’è acqua, luce?
R.
– In quelle del centro sì; in periferia e nelle campagne, no: non c’è luce, non c’è
acqua ...
R. - A questo si aggiunge che c’è poco lavoro e quello che
c’è è sottopagato e non ci sono garanzie: come se ne esce?
R. – Qui
è l’economia che deve essere affrontata in maniera decisa. L’economia della piana
di Rosarno si basa sugli agrumi e gli agrumi si vendono a 5 centesimi al chilo – 5,
non 50! E’ chiaro, quindi, che chi produce agrumi non ne ha nessuna convenienza perché
non ne ricava niente. Mi auguro che il governo centrale cominci a pensare seriamente
alla situazione economica di questa terra.
D. - Ad un anno da quegli
scontri, chi è intervenuto per dare una possibilità a queste persone?
R.
– Nessuno. Nessuno, a partire dai commissari prefettizi, per continuare con la Regione
e con lo Stato. Lo Stato è stato capace solamente di deportare; promesse tante, progetti,
ma niente di concreto.
D. – Il sindaco darà la possibilità a 120 immigrati
di vivere in un campo che sarà allestito entro la prossima settimana. E’ sufficiente?
R.
– In parte aiuta, certo, però considerando che gli immigrati sono 600, 700 è chiaro
che ... meglio che niente! Bisogna considerare che non è solo Rosarno che si è trovata
in questa situazione: i fatti di Rosarno non erano soltanto i fatti di Rosarno: erano
i fatti di Rizzìconi, di Drosi, di Gioia, di San Ferdinando ...
D. -
In sostanza, state operando voi come Chiesa, parrocchie, insieme alle associazioni
umanitarie?
R. - Noi facciamo quello che possiamo. Andiamo incontro
alle necessità, alle prime necessità: la mensa durante la settimana, la distribuzione
di indumenti ... Sono le cose che servono immediatamente perché molti di loro non
hanno vestiti, non hanno medicine ...
D. – Per favorire l’integrazione
voi avete anche avviato una scuola …
R. – Sì: una scuola di lingua italiana.
E’ stata una delle cose più belle che abbiamo fatto. In parrocchia, abbiamo gente
che viene a Messa, che ha battezzato i propri bambini africani, rumeni, bulgari ...
Non c’è un’integrazione perfetta, però c’è spirito di accoglienza. Mi auguro veramente
che si continui sulla strada dell’accoglienza, per un’integrazione ancora più forte,
più grande. Però, se non si risolve la situazione dal punto di vista economico, non
si risolve niente! (bf)