2011-01-07 16:06:12

Rosarno: lavoratori immigrati in piazza per reclamare i propri diritti


“Lo Stato deve intervenire per aiutare l’economia di queste terre”. Così don Giuseppe Varrà, parroco di San Giuseppe Battista a Rosarno, ad un anno esatto dagli scontri che segnarono il paese della piana di Gioia Tauro. Due braccianti africani vennero “gambizzati”, seguirono giorni di violenze e tensione con i residenti. Al centro delle proteste, lo sfruttamento e la mancanza di lavoro. I migranti, lo ricordiamo, vivevano ammassati in edifici fatiscenti senza acqua né luce. Oggi, manifestazioni in favore dei diritti dei lavoratori e contro il lavoro nero si sono tenute a Rosarno, Reggio Calabria e Roma dove una delegazione composta da rappresentanti dell’Osservatorio Antirazzista e da due lavoratori immigrati, sono stati ricevuti al ministero dell’Agricoltura. Al microfono di Massimiliano Menichetti ascoltiamo lo stesso don Giuseppe Varrà:RealAudioMP3

D. - La situazione è più tranquilla sotto molti punti di vista, però non è tra le migliori: ad esempio dal punto di vista abitativo in molte case, soprattutto nelle campagne, vivono dieci, dodici persone.

D. – In queste case c’è acqua, luce?

R. – In quelle del centro sì; in periferia e nelle campagne, no: non c’è luce, non c’è acqua ...

R. - A questo si aggiunge che c’è poco lavoro e quello che c’è è sottopagato e non ci sono garanzie: come se ne esce?

R. – Qui è l’economia che deve essere affrontata in maniera decisa. L’economia della piana di Rosarno si basa sugli agrumi e gli agrumi si vendono a 5 centesimi al chilo – 5, non 50! E’ chiaro, quindi, che chi produce agrumi non ne ha nessuna convenienza perché non ne ricava niente. Mi auguro che il governo centrale cominci a pensare seriamente alla situazione economica di questa terra.

D. - Ad un anno da quegli scontri, chi è intervenuto per dare una possibilità a queste persone?

R. – Nessuno. Nessuno, a partire dai commissari prefettizi, per continuare con la Regione e con lo Stato. Lo Stato è stato capace solamente di deportare; promesse tante, progetti, ma niente di concreto.

D. – Il sindaco darà la possibilità a 120 immigrati di vivere in un campo che sarà allestito entro la prossima settimana. E’ sufficiente?

R. – In parte aiuta, certo, però considerando che gli immigrati sono 600, 700 è chiaro che ... meglio che niente! Bisogna considerare che non è solo Rosarno che si è trovata in questa situazione: i fatti di Rosarno non erano soltanto i fatti di Rosarno: erano i fatti di Rizzìconi, di Drosi, di Gioia, di San Ferdinando ...

D. - In sostanza, state operando voi come Chiesa, parrocchie, insieme alle associazioni umanitarie?

R. - Noi facciamo quello che possiamo. Andiamo incontro alle necessità, alle prime necessità: la mensa durante la settimana, la distribuzione di indumenti ... Sono le cose che servono immediatamente perché molti di loro non hanno vestiti, non hanno medicine ...

D. – Per favorire l’integrazione voi avete anche avviato una scuola …

R. – Sì: una scuola di lingua italiana. E’ stata una delle cose più belle che abbiamo fatto. In parrocchia, abbiamo gente che viene a Messa, che ha battezzato i propri bambini africani, rumeni, bulgari ... Non c’è un’integrazione perfetta, però c’è spirito di accoglienza. Mi auguro veramente che si continui sulla strada dell’accoglienza, per un’integrazione ancora più forte, più grande. Però, se non si risolve la situazione dal punto di vista economico, non si risolve niente! (bf)








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