2011-01-07 15:03:07

Epifania, tempo per capire il senso del dono anche in economia: commento del prof. Bruni


Ieri la Chiesa ha celebrato la Solennità dell’Epifania. Si tratta di una festa cui è legato anche il concetto di dono: è Gesù Cristo infatti, che si manifesta al mondo, il dono per eccellenza che Dio ha fatto all’umanità. E doni offrono al Bambino i Magi giunti a Betlemme. Le categorie del dono e della gratuità, presenti nell’ambito del sociale, di recente sono ricomparse anche nei dibattiti in campo economico e perfino nelle dinamiche di mercato. Ma se nella vita quotidiana il “regalo” è qualcosa che si dà o si riceve senza obbligo di ricambio, si può dire la stessa cosa in economia? Adriana Masotti ne ha parlato con il prof. Luigino Bruni, docente di economia politica all'Università Bicocca di Milano e all’Istituto Sophia di Loppiano, fondato dal Movimento dei Focolari:RealAudioMP3

R. – L’economia conosce più forme di dono e di gratuità. Alcune possiamo definirle buone e civili, altre meno. Il dono che l’economia conosce tradizionalmente è la filantropia, è la donazione, pensiamo al mondo del volontariato …. Questa, sicuramente, è una dimensione di una buona gratuità, di un buon dono, però secondo me non esaurisce la ricchezza che è espressione di dono, di gratuità ... La parola gratuità deriva dalla parola greca “karis” che ha che fare non solo con il dare qualcosa di materiale o con la donazione, con un “che cosa faccio”, ma ha molto a che fare con il “come lo faccio”, con l’atteggiamento; è più una modalità di azione che non un contenuto dell’azione stessa: è come faccio un contratto, come mi rapporto con l’altro quando faccio una donazione, è una modalità dei rapporti umani. Io amo molto fare l’esempio della microfinanza, del microcredito nel mondo. I microprestiti non sono dei doni, sono dei contratti, però questo contratto vissuto con questa dimensione di gratuità ha liberato molte più persone dalla povertà che non tante donazioni internazionali o di filantropi.

D. – Entrando nel mercato senza aspetti dichiaratamente di solidarietà, può esistere questa dimensione?

R. - Certamente esiste. Io sono convinto che se dal mercato più normale, dalle borse valori alle organizzazioni più commerciali che possiamo immaginare, noi togliessimo la gratuità si bloccherebbe tutto nell’arco di un mattino: la gratuità è ciò che rende possibile l’incontro umano al di là dei protocolli e delle procedure. Quindi, la gratuità è proprio questa dimensione di eccedenza antropologica: c’è negli esseri umani qualcosa che va oltre i doveri legati ai protocolli, alle gerarchie, gli organigramma ed entra in gioco la persona.

D. – Lei ha scritto: “la categoria fondativa del circuito del dono non è la gratuità ma la reciprocità”...

R. – Sì, questo è un grande tema. Esiste un paradosso nella vita lavorativa. Tutti noi sappiamo che lavoriamo veramente quando siamo di più rispetto al lavoro che stiamo facendo. Il paradosso è che le imprese non hanno strumenti per riconoscere questo “di più”, perché se io per riconoscerti questo “di più” ti pago di più, ovviamente, il “di più” diventa dovuto e scompare. Ma se non faccio nulla, scompare lo stesso perché le persone si intristiscono. Quindi, c’è questo bisogno di reciprocità nelle persone ed è fondamentale e fondativo. Nella vita in comune la norma fondativa è veramente la reciprocità, non è soltanto il dono. Infatti, se al mio dono non corrisponde un incontro di doni, nel tempo questa mia capacità di dono tenderà a deteriorarsi e a trasformarsi addirittura in atteggiamenti di cinismo, di delusione di un dono che non incontra risposta. (bf)







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