Omelia del Santo Padre Benedetto XVI nella Solennità dell'Epifania del Signore
Nella solennità dell'Epifania, il Papa nell’omelia ha ripercorso stamani il cammino
dei Magi alla ricerca del Messia. I Magi – ha detto il Santo Padre – “erano probabilmente
dei sapienti che scrutavano il cielo, ma non per cercare di ‘leggere’ negli stri il
futuro”. Erano piuttosto uomini “in ricerca” della vera luce “che sia in grado di
indicare la strada da percorrere nella vita. Di seguito il testo integrale dell'omelia:
Cari
fratelli e sorelle, nella solennità dell’Epifania la Chiesa continua a contemplare
e a celebrare il mistero della nascita di Gesù salvatore. In particolare, la ricorrenza
odierna sottolinea la destinazione e il significato universali di questa nascita.
Facendosi uomo nel grembo di Maria, il Figlio di Dio è venuto non solo per il popolo
d’Israele, rappresentato dai pastori di Betlemme, ma anche per l’intera umanità, rappresentata
dai Magi. Ed è proprio sui Magi e sul loro cammino alla ricerca del Messia (cfr Mt
2,1-12) che la Chiesa ci invita oggi a meditare e a pregare. Nel Vangelo abbiamo ascoltato
che essi, giunti a Gerusalemme dall’Oriente, domandano: “Dov’è colui che è nato, il
re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo” (v.
2). Che genere di persone erano, e che specie di stella era quella? Essi erano probabilmente
dei sapienti che scrutavano il cielo, ma non per cercare di “leggere” negli astri
il futuro, eventualmente per ricavarne un guadagno; erano piuttosto uomini “in ricerca”
di qualcosa di più, in ricerca della vera luce, che sia in grado di indicare la strada
da percorrere nella vita. Erano persone certe che nella creazione esiste quella che
potremmo definire la “firma” di Dio, una firma che l’uomo può e deve tentare di scoprire
e decifrare. Forse il modo per conoscere meglio questi Magi e cogliere il loro desiderio
di lasciarsi guidare dai segni di Dio è soffermarci a considerare ciò che essi trovarono,
nel loro cammino, nella grande città di Gerusalemme. Anzitutto incontrarono
il re Erode. Certamente egli era interessato al bambino di cui parlavano i Magi; non
però allo scopo di adorarlo, come vuole far intendere mentendo, ma per sopprimerlo.
Erode è un uomo di potere, che nell’altro riesce a vedere solo un rivale da combattere.
In fondo, se riflettiamo bene, anche Dio gli sembra un rivale, anzi, un rivale particolarmente
pericoloso, che vorrebbe privare gli uomini del loro spazio vitale, della loro autonomia,
del loro potere; un rivale che indica la strada da percorrere nella vita e impedisce,
così, di fare tutto ciò che si vuole. Erode ascolta dai suoi esperti delle Sacre Scritture
le parole del profeta Michea (5,1), ma il suo unico pensiero è il trono. Allora Dio
stesso deve essere offuscato e le persone devono ridursi ad essere semplici pedine
da muovere nella grande scacchiera del potere. Erode è un personaggio che non ci è
simpatico e che istintivamente giudichiamo in modo negativo per la sua brutalità.
Ma dovremmo chiederci: forse c’è qualcosa di Erode anche in noi? Forse anche noi,
a volte, vediamo Dio come una sorta di rivale? Forse anche noi siamo ciechi davanti
ai suoi segni, sordi alle sue parole, perché pensiamo che ponga limiti alla nostra
vita e non ci permetta di disporre dell’esistenza a nostro piacimento? Cari fratelli
e sorelle, quando vediamo Dio in questo modo finiamo per sentirci insoddisfatti e
scontenti, perché non ci lasciamo guidare da Colui che sta a fondamento di tutte le
cose. Dobbiamo togliere dalla nostra mente e dal nostro cuore l’idea della rivalità,
l’idea che dare spazio a Dio sia un limite per noi stessi; dobbiamo aprirci alla certezza
che Dio è l’amore onnipotente che non toglie nulla, non minaccia, anzi, è l’Unico
capace di offrirci la possibilità di vivere in pienezza, di provare la vera gioia.
I
Magi poi incontrano gli studiosi, i teologi, gli esperti che sanno tutto sulle Sacre
Scritture, che ne conoscono le possibili interpretazioni, che sono capaci di citarne
a memoria ogni passo e che quindi sono un prezioso aiuto per chi vuole percorrere
la via di Dio. Ma, afferma sant’Agostino, essi amano essere guide per gli altri, indicano
la strada, ma non camminano, rimangono immobili. Per loro le Scritture diventano una
specie di atlante da leggere con curiosità, un insieme di parole e di concetti da
esaminare e su cui discutere dottamente. Ma nuovamente possiamo domandarci: non c’è
anche in noi la tentazione di ritenere le Sacre Scritture, questo tesoro ricchissimo
e vitale per la fede della Chiesa, più come un oggetto per lo studio e la discussione
degli specialisti, che come il Libro che ci indica la via per giungere alla vita?
Penso che, come ho indicato nell’Esortazione apostolica Verbum Domini, dovrebbe nascere
sempre di nuovo in noi la disposizione profonda a vedere la parola della Bibbia, letta
nella Tradizione viva della Chiesa (n. 18), come la verità che ci dice che cosa è
l’uomo e come può realizzarsi pienamente, la verità che è la via da percorrere quotidianamente,
insieme agli altri, se vogliamo costruire la nostra esistenza sulla roccia e non sulla
sabbia.
E veniamo così alla stella. Che tipo di stella era quella che
i Magi hanno visto e seguito? Lungo i secoli questa domanda è stata oggetto di discussione
tra gli astronomi. Keplero, ad esempio, riteneva che si trattasse di una “nova” o
una “supernova”, cioè di una di quelle stelle che normalmente emanano una luce debole,
ma che possono avere improvvisamente una violenta esplosione interna che produce una
luce eccezionale. Certo, cose interessanti, ma che non ci guidano a ciò che è essenziale
per capire quella stella. Dobbiamo riandare al fatto che quegli uomini cercavano le
tracce di Dio; cercavano di leggere la sua “firma” nella creazione; sapevano che “i
cieli narrano la gloria di Dio” (Sal 19,2); erano certi, cioè che Dio può essere intravisto
nel creato. Ma, da uomini saggi, sapevano pure che non è con un telescopio qualsiasi,
ma con gli occhi profondi della ragione alla ricerca del senso ultimo della realtà
e con il desiderio di Dio mosso dalla fede, che è possibile incontrarlo, anzi si rende
possibile che Dio si avvicini a noi. L’universo non è il risultato del caso, come
alcuni vogliono farci credere. Contemplandolo, siamo invitati a leggervi qualcosa
di profondo: la sapienza del Creatore, l’inesauribile fantasia di Dio, il suo infinito
amore per noi. Non dovremmo lasciarci limitare la mente da teorie che arrivano sempre
solo fino a un certo punto e che – se guardiamo bene – non sono affatto in concorrenza
con la fede, ma non riescono a spiegare il senso ultimo della realtà. Nella bellezza
del mondo, nel suo mistero, nella sua grandezza e nella sua razionalità non possiamo
non leggere la razionalità eterna, e non possiamo fare a meno di farci guidare da
essa fino all’unico Dio, creatore del cielo e della terra. Se avremo questo sguardo,
vedremo che Colui che ha creato il mondo e Colui che è nato in una grotta a Betlemme
e continua ad abitare in mezzo a noi nell’Eucaristia, sono lo stesso Dio vivente,
che ci interpella, ci ama, vuole condurci alla vita eterna.
Erode, gli
esperti delle Scritture, la stella. Ma seguiamo il cammino dei Magi che giungono a
Gerusalemme. Sopra la grande città la stella sparisce, non si vede più. Che cosa significa?
Anche in questo caso dobbiamo leggere il segno in profondità. Per quegli uomini era
logico cercare il nuovo re nel palazzo reale, dove si trovavano i saggi consiglieri
di corte. Ma, probabilmente con loro stupore, dovettero costatare che quel neonato
non si trovava nei luoghi del potere e della cultura, anche se in quei luoghi venivano
offerte loro preziose informazioni su di lui. Si resero conto, invece, che, a volte,
il potere, anche quello della conoscenza, sbarra la strada all’incontro con quel Bambino.
La stella li guidò allora a Betlemme, una piccola città; li guidò tra i poveri, tra
gli umili, per trovare il Re del mondo. I criteri di Dio sono differenti da quelli
degli uomini; Dio non si manifesta nella potenza di questo mondo, ma nell’umiltà del
suo amore, quell’amore che chiede alla nostra libertà di essere accolto per trasformarci
e renderci capaci di arrivare a Colui che è l’Amore. Ma anche per noi le cose non
sono poi così diverse da come lo erano per i Magi. Se ci venisse chiesto il nostro
parere su come Dio avrebbe dovuto salvare il mondo, forse risponderemmo che avrebbe
dovuto manifestare tutto il suo potere per dare al mondo un sistema economico più
giusto, in cui ognuno potesse avere tutto ciò che vuole. In realtà, questo sarebbe
una sorta di violenza sull’uomo, perché lo priverebbe di elementi fondamentali che
lo caratterizzano. Infatti, non sarebbero chiamati in causa né la nostra libertà,
né il nostro amore. La potenza di Dio si manifesta in modo del tutto differente: a
Betlemme, dove incontriamo l’apparente impotenza del suo amore. Ed è là che noi dobbiamo
andare, ed è là che ritroviamo la stella di Dio.
Così ci appare ben
chiaro anche un ultimo elemento importante della vicenda dei Magi: il linguaggio del
creato ci permette di percorrere un buon tratto di strada verso Dio, ma non ci dona
la luce definitiva. Alla fine, per i Magi è stato indispensabile ascoltare la voce
delle Sacre Scritture: solo esse potevano indicare loro la via. E’ la Parola di Dio
la vera stella, che, nell’incertezza dei discorsi umani, ci offre l’immenso splendore
della verità divina. Cari fratelli e sorelle, lasciamoci guidare dalla stella, che
è la Parola di Dio, seguiamola nella nostra vita, camminando con la Chiesa, dove la
Parola ha piantato la sua tenda. La nostra strada sarà sempre illuminata da una luce
che nessun altro segno può darci. E potremo anche noi diventare stelle per gli altri,
riflesso di quella luce che Cristo ha fatto risplendere su di noi. Amen.