L'indice dei prezzi alimentari Fao ha toccato i massimi storici a dicembre scorso,
quando salendo per il sesto mese consecutivo si è attestato a 214,7 punti contro i
206 di novembre. Si tratta del livello più alto dal 1990, quando la rilevazione fu
avviata. L'indice misura l'andamento mensile dei prezzi alimentari di un paniere che
include tra l'altro cereali, carne, zucchero, olio di semi. L'organizzazione rassicura
che il mondo non e' di fronte ad una nuova crisi, come quella del 2007-08, ma la situazione
è “allarmante”. Il record di dicembre conferma una preoccupante tendenza al rialzo
iniziata nel mese di marzo. Ad ottobre l'indice ha superato la media del 2008 (191
punti) e ora sta continuando a crescere segnando proprio a dicembre il nuovo record
degli ultimi 20 anni. Tuttavia la media dell'indice dei prezzi per il 2010, si ferma
a 179,1 e resta ancora inferiore alla media del 2008. A pesare sull'incremento dell'indice
medio dei prezzi dei prodotti alimentari sono commodity come lo zucchero, la carne,
i semi oleosi e le materie grasse. In particolare, lo zucchero nel mese di dicembre
è schizzato a 398 punti, superando di oltre il 100 per cento il livello dei prezzi
medi del 2008 (182). Un effetto determinato, in particolare, dalle politiche dell'Unione
Europea che negli anni scorsi ha tagliato drasticamente la propria produzione di zucchero.
Solo in Italia sono stati chiusi 15 stabilimenti su 19 e tagliata la produzione di
un milione di tonnellate. La Fao, comunque, evita allarmismi sottolineando che un
cereale importante come il riso resta ampiamente al di sotto dei massimi ed è il cibo
base per la maggior parte delle popolazioni africane e asiatiche. Secondo la Fao,
a determinare l'impennata dei prezzi dei prodotti alimentari sono essenzialmente le
restrizioni all'export dei cereali imposte da grandi Paesi produttori come Russia
e Ucraina e dalla debolezza del dollaro che è la valuta di riferimento degli scambi
delle principali materie prime alimentari. (R.B.)