Il Papa all'udienza generale: riscattare il Natale da moralismi e sentimentalismi
per lasciarsi trasformare da Colui che è entrato nella nostra carne
Nell’udienza generale odierna, nell’Aula Paolo VI in Vaticano, il Papa ha svolto la
sua catechesi sul significato delle celebrazioni natalizie. “La festa del Natale –
ha detto - affascina oggi come una volta, più di altre grandi feste della Chiesa;
affascina perché tutti in qualche modo intuiscono che la nascita di Gesù ha a che
fare con le aspirazioni e le speranze più profonde dell’uomo. Il consumismo può distogliere
da questa interiore nostalgia, ma se nel cuore c’è il desiderio di accogliere quel
Bambino che porta la novità di Dio, che è venuto per donarci la vita in pienezza,
le luci degli addobbi natalizi possono diventare piuttosto un riflesso della Luce
che si è accesa con l’incarnazione di Dio”. “Celebrare gli eventi dell’incarnazione
del Figlio di Dio – ha proseguito - non è semplice ricordo di fatti del passato, ma
è rendere presenti quei misteri portatori di salvezza”. Quindi ha aggiunto: “Occorre
riscattare questo Tempo natalizio da un rivestimento troppo moralistico e sentimentale.
La celebrazione del Natale non ci propone solo degli esempi da imitare, quali l’umiltà
e la povertà del Signore, la sua benevolenza e amore verso gli uomini; ma è piuttosto
l’invito a lasciarci trasformare totalmente da Colui che è entrato nella nostra carne.
San Leone Magno esclama: “il Figlio di Dio … si è congiunto a noi e ha congiunto noi
a sé in modo tale che l’abbassamento di Dio fino alla condizione umana divenisse un
innalzamento dell’uomo fino alle altezze di Dio” (Sermone sul Natale del Signore 27,2).
La manifestazione di Dio è finalizzata alla nostra partecipazione alla vita divina,
alla realizzazione in noi del mistero della sua incarnazione. Tale mistero è il compimento
della vocazione dell’uomo”. Di seguito il testo integrale della catechesi del Papa:
Cari
fratelli e sorelle! Sono lieto di accogliervi in questa prima Udienza generale
del nuovo anno e di tutto cuore porgo a voi e alle vostre famiglie fervidi auguri.
Il Signore del tempo e della storia guidi i nostri passi sulla via del bene e conceda
a ciascuno abbondanza di grazia e prosperità. Ancora circondati dalla luce del Santo
Natale, che ci invita alla gioia per la venuta del Salvatore, siamo oggi alla vigilia
dell’Epifania, in cui celebriamo la manifestazione del Signore a tutte le genti. La
festa del Natale affascina oggi come una volta, più di altre grandi feste della Chiesa;
affascina perché tutti in qualche modo intuiscono che la nascita di Gesù ha a che
fare con le aspirazioni e le speranze più profonde dell’uomo. Il consumismo può distogliere
da questa interiore nostalgia, ma se nel cuore c’è il desiderio di accogliere quel
Bambino che porta la novità di Dio, che è venuto per donarci la vita in pienezza,
le luci degli addobbi natalizi possono diventare piuttosto un riflesso della Luce
che si è accesa con l’incarnazione di Dio. Nelle celebrazioni liturgiche
di questi giorni santi abbiamo vissuto in modo misterioso ma reale l’ingresso del
Figlio di Dio nel mondo e siamo stati illuminati ancora una volta dalla luce del suo
fulgore. Ogni celebrazione è presenza attuale del mistero di Cristo e in essa si prolunga
la storia della salvezza. A proposito del Natale, il Papa san Leone Magno afferma:
“Anche se la successione delle azioni corporee ora è passata, come è stato ordinato
in anticipo nel disegno eterno…, tuttavia noi adoriamo continuamente lo stesso parto
della Vergine che produce la nostra salvezza” (Sermone sul Natale del Signore 29,2),
e precisa: “perché quel giorno non è passato in modo tale che sia anche passata la
potenza dell’opera che allora fu rivelata” (Sermone sull’Epifania 36,1). Celebrare
gli eventi dell’incarnazione del Figlio di Dio non è semplice ricordo di fatti del
passato, ma è rendere presenti quei misteri portatori di salvezza. Nella Liturgia,
nella celebrazione dei Sacramenti, quei misteri si rendono attuali e diventano efficaci
per noi, oggi. Ancora san Leone Magno afferma: “Tutto ciò che il Figlio di Dio fece
e insegnò per riconciliare il mondo, non lo conosciamo soltanto nel racconto di azioni
compiute nel passato, ma siamo sotto l’effetto del dinamismo di tali azioni presenti”
(Sermone 52,1). Nella Costituzione sulla sacra liturgia, il Concilio Vaticano
II sottolinea come l’opera della salvezza realizzata da Cristo continua nella Chiesa
mediante la celebrazione dei santi misteri, grazie all’azione dello Spirito Santo.
Già nell’Antico Testamento, nel cammino verso la pienezza della fede, abbiamo testimonianze
di come la presenza e l’azione di Dio sia mediata attraverso i segni, ad esempio,
quello del fuoco (cfr Es 3,2ss; 19,18). Ma a partire dall’Incarnazione avviene qualcosa
di sconvolgente: il regime di contatto salvifico con Dio si trasforma radicalmente
e la carne diventa lo strumento della salvezza: “Verbum caro factum est”, “il Verbo
si fece carne”, scrive l’evangelista Giovanni e un autore cristiano del III secolo,
Tertulliano, afferma: “Caro salutis est cardo”, “la carne è il cardine
della salvezza” (De carnis resurrectione, 8,3: PL 2,806). Il Natale è già
la primizia del “sacramentum-mysterium paschale”, è cioè l’inizio del mistero centrale
della salvezza che culmina nella passione, morte e risurrezione, perché Gesù comincia
l’offerta di se stesso per amore fin dal primo istante della sua esistenza umana nel
grembo della Vergine Maria. La notte di Natale è quindi profondamente legata alla
grande veglia notturna della Pasqua, quando la redenzione si compie nel sacrificio
glorioso del Signore morto e risorto. Lo stesso presepio, quale immagine dell’incarnazione
del Verbo, alla luce del racconto evangelico, allude già alla Pasqua ed è interessante
vedere come in alcune icone della Natività nella tradizione orientale, Gesù Bambino
venga rappresentato avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia che ha la forma di
un sepolcro; un’allusione al momento in cui Egli verrà deposto dalla croce, avvolto
in un lenzuolo e messo in un sepolcro scavato nella roccia (cfr Lc 2,7; 23,53). Incarnazione
e Pasqua non stanno una accanto all’altra, ma sono i due punti chiave inseparabili
dell’unica fede in Gesù Cristo, il Figlio di Dio Incarnato e Redentore. Croce e Risurrezione
presuppongono l’Incarnazione. Solo perché veramente il Figlio, e in Lui Dio stesso,
“è disceso” e “si è fatto carne”, morte e risurrezione di Gesù sono eventi che risultano
a noi contemporanei e ci riguardano, ci strappano dalla morte e ci aprono ad un futuro
in cui questa “carne”, l’esistenza terrena e transitoria, entrerà nell’eternità di
Dio. In questa prospettiva unitaria del Mistero di Cristo, la visita al
presepio orienta alla visita all’Eucaristia, dove incontriamo presente in modo reale
il Cristo crocifisso e risorto, il Cristo vivente. La celebrazione liturgica
del Natale, allora, non è solo ricordo, ma è soprattutto mistero; non è solo memoria,
ma anche presenza. Per cogliere il senso di questi due aspetti inscindibili, occorre
vivere intensamente tutto il Tempo natalizio come la Chiesa lo presenta. Se lo consideriamo
in senso lato, esso si estende per quaranta giorni, dal 25 dicembre al 2 febbraio,
dalla celebrazione della Notte di Natale, alla Maternità di Maria, all’Epifania, al
Battesimo di Gesù, alle nozze di Cana, alla Presentazione al Tempio, proprio in analogia
con il Tempo pasquale, che forma un’unità di cinquanta giorni, fino alla Pentecoste.
La manifestazione di Dio nella carne è l’avvenimento che ha rivelato la Verità nella
storia. Infatti, la data del 25 dicembre, collegata all’idea della manifestazione
solare – Dio che appare come luce senza tramonto sull’orizzonte della storia –, ci
ricorda che non si tratta solo di un’idea, quella che Dio è la pienezza della luce,
ma di una realtà per noi uomini già realizzata e sempre attuale: oggi, come allora,
Dio si rivela nella carne, cioè nel “corpo vivo” della Chiesa peregrinante nel tempo,
e nei Sacramenti ci dona oggi la salvezza. I simboli delle celebrazioni
natalizie, richiamati dalle Letture e dalle preghiere, danno alla liturgia di questo
Tempo un senso profondo di “epifania” di Dio nel suo Cristo-Verbo incarnato, cioè
di “manifestazione” che possiede anche un significato escatologico, orienta cioè agli
ultimi tempi. Già nell’Avvento le due venute, quella storica e quella alla fine della
storia, erano direttamente collegate; ma è in particolare nell’Epifania e nel Battesimo
di Gesù che la manifestazione messianica si celebra nella prospettiva delle attese
escatologiche: la consacrazione messianica di Gesù, Verbo incarnato, mediante l’effusione
dello Spirito Santo in forma visibile, porta a compimento il tempo delle promesse
e inaugura i tempi ultimi. Occorre riscattare questo Tempo natalizio da
un rivestimento troppo moralistico e sentimentale. La celebrazione del Natale non
ci propone solo degli esempi da imitare, quali l’umiltà e la povertà del Signore,
la sua benevolenza e amore verso gli uomini; ma è piuttosto l’invito a lasciarci trasformare
totalmente da Colui che è entrato nella nostra carne. San Leone Magno esclama: “il
Figlio di Dio … si è congiunto a noi e ha congiunto noi a sé in modo tale che l’abbassamento
di Dio fino alla condizione umana divenisse un innalzamento dell’uomo fino alle altezze
di Dio” (Sermone sul Natale del Signore 27,2). La manifestazione di Dio è finalizzata
alla nostra partecipazione alla vita divina, alla realizzazione in noi del mistero
della sua incarnazione. Tale mistero è il compimento della vocazione dell’uomo. Ancora
san Leone Magno spiega l’importanza concreta e sempre attuale per la vita cristiana
del mistero del Natale: “le parole del Vangelo e dei Profeti … infiammano il nostro
spirito e ci insegnano a comprendere la Natività del Signore, questo mistero del Verbo
fatto carne, non tanto come un ricordo di un avvenimento passato, quanto come un fatto
che si svolge sotto i nostri occhi… è come se ci venisse ancora proclamato nella solennità
odierna: «Vi do l’annunzio di una grande gioia, che sarà per tutto il popolo: oggi,
nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore che è il Cristo Signore»” (Sermone
sul Natale del Signore 29,1). Ed aggiunge: “Riconosci, cristiano, la tua dignità,
e, fatto partecipe della natura divina, bada di non ricadere, con una condotta indegna,
da tale grandezza, nella primitiva bassezza” (Sermone 1 sul Natale del Signore, 3).
Cari amici, viviamo questo Tempo natalizio con intensità: dopo aver adorato
il Figlio di Dio fatto uomo e deposto nella mangiatoia, siamo chiamati a passare all’altare
del Sacrificio, dove Cristo, il Pane vivo disceso dal cielo, si offre a noi quale
vero nutrimento per la vita eterna. E ciò che abbiamo veduto con i nostri occhi, alla
mensa della Parola e del Pane di Vita, ciò che abbiamo contemplato, ciò che le nostre
mani hanno toccato, ossia il Verbo fatto carne, annunciamolo con gioia al mondo e
testimoniamolo generosamente con tutta la nostra vita. Rinnovo di cuore a tutti voi
e ai vostri cari sentiti auguri per il Nuovo Anno e vi auguro una buona festività
dell’Epifania.