Sudan: el Bashir rispetterà l'eventuale secessione sancita dal referendum
Nel corso di una rara visita nel Sud Sudan, oggi, il presidente Omar el Bashir ha
affermato che rispetterà l'esito del referendum in programma il 9 gennaio prossimo,
anche se ciò dovesse comportare la secessione tra Sud e Nord. ''Personalmente sarò
triste se il Sudan dovesse separarsi. Ma allo stesso tempo sarò felice se riusciremo
a raggiungere la pace in Sudan'', ha affermato il presidente a cinque giorni dall'attesa
storica consultazione. In caso di secessione, sono molti gli interessi in gioco a
partire dallo sfruttamento delle risorse naturali, petrolio ed acqua, in primo luogo.
Dalla Casa Bianca sono arrivati segnali di forte attenzione sull’area, in particolare
dopo la strage di cristiani avvenuta in Egitto. Per tracciare un quadro dei principali
problemi connessi al referendum per l’indipendenza del Sud Sudan, Stefano Leszczynski
ha intervistato un responsabile della Campagna italiana per il Sudan di cui per motivi
di sicurezza non riveliamo l'identità:
R. – Le questioni
aperte sono molte e, al momento, non essendo stato raggiunto nessuno accordo specifico
post referendiario, non abbiamo neanche una chiara visione di quella che potrà essere
la situazione, successivamente alla proclamazione dei risultati del referendum. Per
quel che riguarda il petrolio, noi sappiamo che la maggior parte dei pozzi sono in
territori del Sud Sudan, mentre l’oleodotto porta poi il petrolio al nord, verso Port
Sudan, dopo essere stato raffinato nelle raffinerie di Khartoum. Quindi, è evidente
che l’economia del petrolio in qualche modo è costruita su un Paese unito e comunque
dovrà essere necessario un accordo fra le due parti, perché entrambe possono continuare
a beneficiare di questa risorsa.
D. – Oltre a questo c’è anche qualche
timore per le popolazioni cristiane che si trovano nell’area, come mai?
R.
– I timori possono essere giustificati più in generale su alcune affermazioni che
ci sono state nei giorni scorsi da parte del partito al potere, in particolare del
presidente il quale citava la possibilità che il Nord Sudan, una volta eliminata la
parte Sud del Paese, abbracciasse la sharia come legge ufficiale di tutto lo Stato
e in qualche modo andasse verso l’instaurazione di un regime fondamentalista, riducendo
le libertà, non solo dei cristiani che sicuramente potrebbero essere vittime, ma anche
in generale di tutta la società civile moderata e che in qualche modo è presente,
è viva, per quello che è possibile al momento in tutto il nord del Paese.
D.
– C’è anche, poi, l’attenzione delle grandi potenze su quest’area...
R.
– È chiaro che ci sono diversi interessi in gioco, è evidente che il Sud Sudan in
questo momento è una zona che potrebbe diventare di influenza, è già di influenza
per esempio degli Stati Uniti. Per quel che riguarda il Nord Sudan, ci sono interessi
cinesi molto forti, ci sono a quanto pare interessi comunque anche delle grandi potenze
del Medio Oriente, del Pakistan, Iran fra tutte, di avere più influenza nel nord del
Paese. Sono l’Egitto da una parte, la Libia dall’altra che evidentemente non vedono
molto positivamente questa secessione del Sud Sudan. Il problema è anche che in questi
anni, in realtà, la Comunità internazionale ha mancato il suo dovere principale, che
sarebbe stato quello di affiancare i due partiti che hanno poi firmato l’accordo globale
di pace, quello del Nord e quello del Sud, in un processo di consolidamento di uno
Stato unitario, in cui le libertà e i diritti di tutte le popolazioni di questo grande
Paese, fossero garantite. (ma)