Cinema: Clint Eastwood fa i conti con l'aldilà nell'intenso "Hereafter"
Esce sugli schermi italiani “Hereafter”, l’atteso film dell’ottantenne regista e attore
americano, Clint Eastwood, capace come sempre di affrontare temi delicatissimi e non
facili con una singolare e personale sintassi cinematografica. Questa volta le strade
dolorose di tre personaggi, che in diverso modo hanno contatti con l’aldilà, inaspettatamente
s’incrociano per condividere dolore, consolazione e speranza. Il servizio di Luca
Pellegrini:
(clip audio)
Senta,
senta, senta, senta! Ho portato dei soldi ...
Non voglio i suoi soldi
...
Tutto quello che avevo io l’ho perduto! Mia figlia, la mia unica
figlia, una bambina ... Voglio solo parlarle! La prego, voglio parlare con la mia
bambina! Voglio parlare con la mia bambina!
Io non posso aiutarla, non
lo faccio più, per favore!
Signor Lonegan, ho dei soldi!
Lui,
George di San Francisco - è l’attore Matt Damon, sempre assai bravo - non parla più
con i morti. Lo faceva, a scopo di lucro, ma star"Hereaftere a contatto con loro e
la morte tutti i giorni - come lui spiega - non è vita. Così è tornato a fare l'operaio,
invano. Marie, invece, giornalista francese di successo, con lo tsunami del 2004 la
morte l'ha vista in faccia e questa sensazione la tormenta, è convinta d'avere vissuto
un'esperienza vera di conoscenza e ora, perché tutto nelle sue giornate parigine si
affloscia diventando irrisorio e inutile, la vuole raccontare in un libro. Che nascerà.
Infine, a Londra, due gemelli di dieci anni sono tra loro unitissimi e solidali per
affrontare e aiutare una mamma drogata e così sopravvivere: ma uno viene strappato
via per un incidente tragico e l'altro, debole e solo, si dispera perché non cede
dinanzi alla realtà della separazione e vuole ancora ricevere da lui consigli di vita,
che non può più dare.
Una trilogia dell'aldilà, tre storie diversissime
e in fondo tutte e tre molto umane e molto penose, di quella pena che ingrigisce l'anima
e che alla fine, per caso, s'incontreranno. Clint Eastwood ha ottant'anni: si trova
davanti, probabilmente, un mondo che elude, cancella, ridicolizza l'ineluttabile incontro
con la morte, insieme alla tensione, spesso occultata sotto la fattispecie della ragione,
del benessere, della paura o della semplice stoltezza, di prepararsi. Ci spiega, con
un’arte cinematografica di perfetta e personale consistenza, che è necessario affrontarla
con forza e quiete, o almeno con quegli interrogativi che non fanno mai male quando
posti in tempo sulla strada dell'esistenza che va verso la fine.
In
questo film, dunque, con i morti si parla, li si vede in una luce accecante, li si
cerca, si è convinti di poter avere un "contatto" con loro, come medicina, come speranza.
Il regista americano sviluppa con le sue immagini delicatissime, i dialoghi e i silenzi
perfetti e la consistenza sicura e fluida della narrazione, come potrebbe essere -
condizionale obbligatorio - l'"hereafter", l'aldilà. Lo fa senza il peso di condizionamenti
ideologici, verità apodittiche, sprezzanti giudizi che aggrediscono la metafisica,
antiquate ideologie new-age, spicciole filosofie impregnate di qualunquismo trascendente.
E' proprio sull'assenza di tesi - e, invece, con molti, molti dubbi, come quando dimostra
quanti ciarlatani infestano, con il loro paranormale da strapazzo, il dolore vero
di molti - che il film di Eastwood, pur seminando interrogativi inquieti, non spinge
le onde sismiche della critica nel campo delicato del proprio credo escatologico,
non distribuisce vane illusioni per adescare gli scettici, insomma il mistero sul
dopo nel suo film rimane decisamente inalterato. Dando, invece, molto spazio al mistero
del prima: che è quello della vita, di due cuori che s'incontrano, dei rapporti che
si spezzano, delle sofferenze che non si cancellano, delle colpe che non si possono
dire, delle lacrime di dolore e dei rari sorrisi di felicità. E di quel momento difficile
nel quale ci si dice addio, non è detto per sempre.