2011-01-03 14:50:09

Scissione della Fiat, debutto in Borsa. Attesa per il referendum allo stabilimento di Mirafiori


Nessun investimento sarà possibile per la Fiat a Mirafiori se vincerà il no al referendum sull’accordo per rilanciare lo stabilimento. E’ quanto ha detto questa mattina l’amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, in occasione del debutto in Borsa di Fiat Auto e Fiat Industrial, dopo la scissione delle attività nell’azienda automobilistica italiana, decisa a Torino nelle scorse settimane. Il servizio di Giampiero Guadagni.RealAudioMP3

Primo giorno a Piazza Affari per la doppia Fiat, il gruppo auto e il gruppo industriale, formati rispettivamente da 18 e 6 mila dipendenti. “Dobbiamo valorizzare tutte le nostre attività”, ha spiegato l’amministratore delegato Marchionne per il quale di fronte alle grandi trasformazioni in atto nel mercato era impossibile tenere insieme settori che non hanno in comune alcuna caratteristica economica industriale. Frenata, invece, sull’annunciata uscita di Fiat da Confindustria giudicata possibile ma non probabile. Ma il debutto in Borsa è stata anche l’occasione per fare il punto sulla vicenda Mirafiori, la condizione dell’accordo e la governabilità dello stabilimento. “Dunque - avverte Marchionne - se al referendum dei lavoratori vince il no, la Fiat non farà investimenti”. Aggiunge il manager del Lingotto: “Non abbiamo lasciato nessuno fuori dall’intesa ma noi siamo in grado di produrre vetture con o senza la Fiom”. I metalmeccanici della Cgil non hanno, infatti, firmato né l’accordo per Mirafiori, né quello per Pomigliano e hanno indetto uno sciopero generale della categoria per il 28 gennaio. In vista del referendum, che si svolgerà entro metà mese, Cisl e Uil chiedono alla Fiom di tornare sui propri passi. A tentare una mediazione il nuovo segretario della Cgil, Susanna Camusso.(bf)

I nuovi accordi Fiat rappresentano una svolta nel rapporto impresa-sindacati in Italia. L’intesa sul nuovo contratto dei lavoratori dello stabilimento di Pomigliano salva il posto di lavoro a 4.600 persone in una realtà difficile del Sud, ma le condizioni non sono più quelle di un tempo. Adesso si attende il referendum a Mirafiori. Fabio Colagrande ha sentito il parere del prof. Luigino Bruni, docente di economia politica all’Università Bicocca di Milano e all'Istituto universitario Sophia del Movimento dei Focolari:RealAudioMP3

R. - Certamente Marchionne sta portando nelle relazioni industriali uno stile che è più anglosassone e, quindi, un po’ lontano dalla trazione italiana, che era più centrata sulla contrattazione collettiva, con un maggior ruolo assegnato ai tavoli, alle lunghe trattative ed anche alla mediazione politica dei partiti. Marchionne porta uno stile diverso, fatto di luci ed ombre.

D. - Partiamo dai punti di condivisione?

R. - Il primo punto di condivisione è che il mondo è cambiato: dobbiamo renderci conto che tutta la generazione dei diritti dei lavoratori è il frutto delle prime grandi battaglie della prima Rivoluzione Industriale, fra l’800 e il ‘900. In un mondo come quello di oggi, dove le imprese di fatto si spostano in tutto il mondo e vanno a produrre dove costa meno, non è possibile continuare a pensare ai rapporti sindacali come li immaginavamo semplicemente 30 o 40 anni fa. Occorre veramente un nuovo patto sociale. Quindi Marchionne denuncia un problema: o si cambia o si va a fondo tutti! Sono anche d’accordo nel dire che non solo deve cambiare la Fiat ed aprire a delle modalità nuove nei rapporti di lavoro, ma deve anche cambiare il sindacato in un approccio meno ideologico e più concreto e più realistico ai rapporti di lavoro.

D. - E’ d’accordo con chi dice che c’è una cultura, soprattutto della sinistra in Italia, che fatica ad adeguarsi ad una nuova economica globalizzata?

R. - Fa fatica anche perché il processo è contraddittorio e qui ci sono dei punti di disaccordo con Marchionne. C’è bisogno - e lui stesso lo dice - di un nuovo patto sociale: benissimo, però occorre anche che il patto sociale sia un patto veramente di reciprocità. Finché la Fiat continua a muoversi in un’ottica di grande capitale, con stipendi a manager - compreso Marchionne - di milioni di euro e che sono centinaia di volte maggiori degli stipendi degli operai, i discorsi sul nuovo patto sociale, sono discorsi un po’ astratti. Ci vorrebbero dei segnali di una nuova stagione contrattuale, dove l’impresa si legga veramente come un gioco cooperativo, che coinvolga tutte le parti e dove ci si metta tutti in gioco: i sindacati devono cambiare, ma devono cambiare anche i modi di concepire i rapporti industriali.

D. - Nell’intesa per Pomigliano, così come per Mirafiori, c’è un peggioramento delle condizioni di lavoro degli operai e della funzione di diritto del sindacato?

R. - Un po’ c’è ed è ovvio con tutte queste richieste: una maggior flessibilità; la battaglia nei confronti dell’assenteismo e, quindi, se si supera una certa percentuale di assenteismo, la prima giornata di malattia non viene pagata; una richiesta di maggiori ore di straordinario da contratto - vanno nella direzione dell’impresa postmoderna che richiede velocità, flessibilità e che nei momenti importanti ha bisogno che non vi siano scioperi che blocchino tutta la catena produttiva. Questo è importante, ma noi sappiamo anche che non si può gestire un contratto di lavoro soltanto con regolamenti più severi: se non riesco, con strumenti innovativi, a far sentire il lavoratore una risorsa e quindi a stimarlo e lo tratto semplicemente come un opportunista e un furto e quindi gli aumento e gli rendo più dure e più aspre le regole per controllarlo e monitorarlo - come dimostrano oggi migliaia di studi - gli effetti sono opposti! Quindi non bastano regolamenti più severi per aumentare la produttività… E’ una delle condizioni che vanno accompagnate con un sistema di incentivi, di premi, di riconoscimento, di stima nei confronti del lavoratore, che non è semplicemente un costo o un vincolo, ma la principale risorsa di una impresa! (mg)







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