2011-01-03 14:30:09

Benedetto XVI e lo "spirito di Assisi": chi cammina verso Dio non può che trasmettere la pace


“Fare memoria” dello storico Incontro interreligioso di Assisi del 1986, voluto da Giovanni Paolo II, ma anche “rinnovare solennemente l’impegno dei credenti di ogni religione a vivere la propria fede religiosa come servizio per la causa della pace”. Sono gli intendimenti che, in ottobre, guideranno Benedetto XVI alla volta della città francescana, dove avrà luogo un nuovo incontro tra i leader delle maggiori religioni mondiali. In passato, in molte occasioni il Papa ha pronunciato parole ferme e intense sull’importanza, nell’economia della pace mondiale, del ruolo giocato dalla religione. Alessandro De Carolis ne ricorda alcune in questo servizio:RealAudioMP3

Quando si è sotto lo sguardo di Dio, non contano le diverse parole o i diversi gesti con i quali gli uomini Gli danno culto, ma il coraggio di quegli uomini di essere nel mondo, diversamente eppure insieme, l’anima di Dio. E’ questo il palpito che batte nel cuore della Chiesa, specie da quando 25 anni fa Giovanni Paolo II ebbe l’intuizione di rendere visibile l’“impossibile”: mettere fianco a fianco, cuore a cuore, le grandi religioni della terra perché fosse visibile agli Stati che l’architrave della pace poggia e poggerà sempre sulle colonne di una fede. Il perché Benedetto XVI lo ha dimostrato con un assunto stringente all’Angelus del primo dell’anno: “Chi è in cammino verso Dio – ha detto – non può non trasmettere pace” e “chi costruisce pace non può non avvicinarsi a Dio”. E’ con questa certezza che il Papa prenderà in ottobre la strada per la città di San Francesco dove tutto è cominciato. Benedetto XVI lo sottolineò con chiarezza anche tre anni fa, il 21 ottobre 2007, mentre si trovava in visita a Napoli in concomitanza con l’incontro “Uomini e religioni” della Comunità di Sant’Egidio, una delle iniziative internazionali più partecipate e longeve prodotte dallo “spirito di Assisi”:

“Nel rispetto delle differenze delle varie religioni, tutti siamo chiamati a lavorare per la pace e ad un impegno fattivo per promuovere la riconciliazione tra i popoli. E’ questo l’autentico ‘spirito di Assisi’, che si oppone ad ogni forma di violenza e all'abuso della religione quale pretesto per la violenza. Di fronte a un mondo lacerato da conflitti, dove talora si giustifica la violenza in nome di Dio, è importante ribadire che mai le religioni possono diventare veicoli di odio; mai, invocando il nome di Dio, si può arrivare a giustificare il male e la violenza. Al contrario, le religioni possono e devono offrire preziose risorse per costruire un’umanità pacifica, perché parlano di pace al cuore dell’uomo”.

Lo scenario attuale spesso racconta l’opposto. E cioè che spesso i primi a finire nei bersagli di un kamikaze o di un’autobomba – piazzati per uccidere da chi non crede in Dio o ha trasformato il suo nome nella bandiera di una propria guerra – sono proprio donne e uomini che una fede la posseggono e la nutrono con coerenza. E che magari perdono la vita nel sangue all’uscita da una chiesa o da una moschea. Benedetto XVI lo riconobbe all’inizio dello scorso luglio, ricevendo il nuovo ambasciatore iracheno presso la Santa Sede. Sul punto, le parole di solidarietà del Papa furono inequivocabili: “Negli ultimi anni – constatò – si sono verificati molti atti tragici di violenza commessa contro membri innocenti della popolazione, sia musulmani sia cristiani, atti che come lei ha evidenziato – disse al diplomatico iracheno – sono contrari agli insegnamenti dell'Islam nonché a quelli del cristianesimo”. Ma questo “dolore condiviso – soggiunse Benedetto XVI – può costituire un vincolo profondo, rafforzando la determinazione dei musulmani e dei cristiani a lavorare per la pace e per la riconciliazione”. La storia, proseguì, “ha dimostrato che alcuni degli incentivi più potenti per superare la divisione derivano dall'esempio di quegli uomini e di quelle donne che, avendo scelto la via coraggiosa della testimonianza non violenta di valori più elevati, sono morti a causa di atti codardi di violenza”.

Vigliacchi che causano morte nel nome del Dio che è vita e sconosciuti eroi che sfidano il rischio di perderla pur di non tradire la fede nel loro Dio: è in questo scontro – non di civiltà, come sbrigativamente si dice, ma fra chi ha scelto gli interessi dell’odio e chi quelli dell’uomo e di Dio – che si consumano i destini del mondo. Tutto questo, il Papa lo porterà ad Assisi che, a riprova di quanto detto, da 25 anni è epicentro di pace internazionale non solo religiosa. Lo ricorda il portavoce del Sacro Convento della città francescana, padre Enzo Fortunato, intervistato dalla collega della redazione spagnola della nostra emittente, Cecilia Avolio de Malak:

“Penso al 1986, in piena Guerra fredda, e a come quell’incontro fu foriero di pace: ci fu distensione subito dopo. Penso all’incontro per la Bosnia-Erzegovina, nel ’93: dopo l’incontro con ebrei, musulmani e cristiani in Assisi, ci fu la pace. E così anche nel 2002: l’incontro con tutti i leader religiosi, dopo i terribili attentati alle Twin Tower, la testimonianza che Dio non viene più invocato come Colui che veste l’uomo per andare in guerra, ma lo veste per portare la pace”.

Le campane hanno suonato “a distesa e a lungo” all’annuncio del futuro arrivo di Benedetto XVI, ha raccontato padre Enzo. E certamente hanno portato lontano l’eco dello “spirito di Assisi” e dei desideri del Papa:

“Auspico vivamente che questo spirito si diffonda sempre più soprattutto là dove più forti sono le tensioni, là dove la libertà e il rispetto per l'altro vengono negati e uomini e donne soffrono per le conseguenze dell’intolleranza e dell’incomprensione”.







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