Il dramma degli oltre 1500 rifugiati somali in Italia. Le Associazioni: gravissimo
il degrado in cui vivono
La situazione nell'ex ambasciata della Somalia in via de Villini a Roma è drammatica
e non può più essere ignorata: è l’appello lanciato dalle associazioni che giovedì
scorso hanno organizzato una conferenza stampa nel palazzo che dà riparo ai rifugiati
somali. Presenti la Federazione nazionale della stampa italiana, l’associazione "A
Buon diritto", il Consiglio italiano rifugiati, Medici per i diritti umani, Migrare
e Articolo 21. Ce ne parla Francesca Sabatinelli:
Sono tra
i 1.500 e i 1.700 i rifugiati che a Roma vivono in condizioni disastrose. Circa 150
di questi sono a Via dei Villini 9, in pieno centro città, zona borghese, elegante,
sede di ambasciate, come quella che una volta era della Somalia e che oggi ospita
somali fuggiti dalla guerra che infuria nel loro Paese. Un edificio di tre piani,
con terrazze e giardino, ridotto in uno stato di gravissimo degrado: pericolante in
molti punti, sporco, pieno di calcinacci e vetri. E’ qui che queste persone vivono,
in condizioni igienico-sanitarie disastrose: questa la denuncia dell’Organizzazione
Medici per i diritti umani, che li assiste. Una situazione, questa, che non può più
essere ignorata dalle istituzioni, spiegano le associazioni che stanno seguendo il
caso: si tratta di persone - è questa la preoccupazione dell’Alto Commissariato dell’Onu
per i Rifugiati - che sono state riconosciute dall’Italia come rifugiate, uno status
che prevede - sia per la legge italiana che per il diritto internazionale - specifici
interventi di protezione, che invece mancano totalmente. Ibrahim
è in Italia dal 2008, con moglie e due figli piccoli, sono stati tutti separati, e
lui da un anno vive a Via dei Villini:
R. - Non mi piace abitare qua,
ma abitare qua è obbligatorio.
D. - In che condizioni vivete?
R.
- Difficili. La nostra vita è difficile: non abbiamo da mangiare, non abbiamo luce,
non abbiamo diritti, non abbiamo niente. Ma anziché dormire per la strada, è meglio
dormire qua. La strada è ancora più brutta di qui.
D. - Siete tutte
persone che siete fuggite dalla Somalia e avete quindi la protezione umanitaria…
R.
- Sì. Abbiamo tutti i documenti della protezione umanitaria e siamo tutti somali.
Nel nostra Paese c’è la guerra e noi non possiamo ritornare…
Da circa
40 giorni, a seguire da vicino queste persone c’è Shukri Said,
dell’Associazione “Migrare”, somala di origine e oggi cittadina italiana. Si è battuta
con forza per rendere visibile questa situazione ed è indignata dal silenzio e dall’assoluta
indifferenza delle autorità del comune di Roma e di quella delle autorità nazionali.
R. - E’ un ghetto, è un lager. E’ un posto totalmente abbandonato e
veramente indescrivibile. E’ un posto di degrado, senza luce, senza acqua e senza
riscaldamento: da 20 anni senza manutenzione. Una situazione assolutamente insostenibile.
D.
- Ci sono 140 persone in questo posto…
R. - Sì, sono 140, ma poi intorno
a questo posto ruotano 250 anche 500 persone, dipende. Molti tentano di andare in
Europa, ma vengono respinti e quindi tornano qui. Quindi aumentano e diminuiscono.
D.
- Dove dormono, dove mangiano, dove si lavano?
R. - Non si lavano, non
hanno bagni, non hanno riscaldamento e non hanno acqua calda… Hanno due punti acqua,
ma quando fa freddo si bloccano. perché ormai sono pieni di calcinaccio ed i tubi
sono ormai tutti rotti. Fanno la fila per lavarsi alla Caritas. E’ un inferno. Basta
pensare alla notte, senza un’illuminazione, con rischio anche di cadere per le scale…
D.
- Quindi, a questo punto, che cosa si chiede?
R. - Le istituzioni, il
volontario, il presidente della Repubblica, il governo, il Comune: chiediamo che si
muovano. Questi ragazzi sono stremati, stanno molto male.
Via dei Villini
è solo una delle tante storie della capitale, dove di ghetti di questo tipo ne esistono
altri, in totale assenza di qualunque politica pubblica e di strutture di accoglienza
- questa la denunciano le associazioni - in grado di sostenere l’inserimento
sociale e la ricerca di occupazione, l’accesso ai servizi e il riconoscimento dei
diritti di cittadinanza.(mg)