Europa, bilancio dell'Anno di lotta alla povertà: il numero di gente in miseria è
grande quanto una nazione
Con la fine del 2010 si è concluso anche l’Anno Europeo di lotta alla povertà e all’esclusione
sociale. L’iniziativa sollecitata dalle Caritas di tutto il Vecchio continente si
è svolta nei Paesi dell’Unione Europea con varie manifestazioni mirate a sensibilizzare
le istituzioni e la società civile su una piaga che secondo dati diffusi da Bruxelles
riguarda oltre 75 milioni di persone. Per un bilancio Paolo Ondarza ha intervistato
Paolo Pezzana, rappresentante italiano nella Task Force 2010 di Caritas Europa:
R. – Sul
piano politico e legislativo, è stata definita la creazione di una piattaforma che
si occupi della promozione e dell’inclusione sociale della lotta alla povertà e che
chieda agli Stati membri, verificando nell’impegno concreti passi in avanti, sono
stati individuati progetti, le buone pratiche migliori, che si chiederà di imitare.
Quindi, durante il 2010, sul piano della cultura, silenziosamente, con l’attenzione
di pochi media sensibili, migliaia di persone hanno ricevuto comunicazioni chiare
e forti sulla necessità di porre fine all’esclusione sociale.
D. – Una
parte non piccola del budget stanziato per il 2010 dall’Unione Europea era dedicata
al coinvolgimento dei media: ma questo, possiamo dire, non c’è stato…
R.
– Sì: personalmente sono piuttosto critico su come è stato impiegato il budget per
i media. La comunicazione è rimasta di nicchia: di povertà si è parlato poco, invece
si è parlato ancora molto seguendo certi stereotipi…
D. – “Abbiamo seminato
cultura della solidarietà”, dite voi organizzatori. Ma, sempre utilizzando questa
metafora contadina, la semina è solo l’inizio di un processo vitale…
R.
– Il contadino sa bene che, dopo la semina, il suo compito non è finito, ma soltanto
iniziato. Il primo dovere che ci troviamo di fronte in questo momento è la vigilanza
attiva: continuare a fare pressione, continuare a stare attenti, continuare a fare
proposte e a denunciare quelle situazioni nelle quali alle parole non seguono i fatti.
E, dall’altra parte, continuare a fare.
D. – Anche perché, numeri alla
mano, oltre 75 milioni di persone in Europa vivono al di sotto della soglia di povertà
ed è impressionante perché, messi insieme, costituiscono uno Stato più grande della
Germania…
R. – Questa nazione fa parte dell’Europa tanto quanto le altre,
e – se vogliamo un’Europa unita – dobbiamo partire dall’unità nella solidarietà.
D.
– In tal senso, è un progresso che la povertà sia stata affrontata, durante quest’anno,
non come un problema del singolo Stato membro, ma dell’intera comunità europea?
R.
– Si tratta di un problema strutturale, e se ne è preso atto. Non so se per ragioni
di convenienza o per ragioni veramente culturali, ma l’importante è che se ne sia
preso atto.
D. – Le crisi di Grecia ed Irlanda come hanno modificato
il vostro lavoro di questi dodici mesi?
R. – Noi non possiamo che ribadire,
e lo abbiamo fatto nel corso di tutto questo anno, che anche in risposta a queste
crisi se non si cambiano gli stili di vita, se non si modificano gli stili di consumo,
se non si da più peso alla dimensione della ridistribuzione solidale all’interno degli
Stati membri, l’Europa non potrà avere futuro. La persona come principio è il centro
di congiunzione tra la dimensione macroeconomica, quella microeconomica e quella sociale.
(gf)