Libano: timori per l'annuncio del Tribunale Onu sull'attentato Hariri
Cresce la preoccupazione in Libano per le possibili violente reazioni all’annuncio,
ritenuto ormai prossimo, di coloro che il Tribunale speciale per il Libano (Tsl),
promosso dall’Onu, accuserà di essere i responsabili dell’assassinio dell’ex premier
Rafic Hariri e di altri omicidi politici avvenuti in Libano dopo il 2005. Ieri - riferisce
l'agenzia AsiaNews - l’ex ambasciatore americano all’Onu, John Bolton, ha sostenuto
che l’atto di accusa è “molto vicino” e che imputati saranno “alti esponenti” di Hezbollah
e della Siria. Tutto ciò fa crescere i timori, espressi anche da vescovi e sacerdoti
cristiani nel corso delle celebrazioni natalizie, che la vicenda possa fare da innesco
a sanguinosi scontri tra sciiti (Hezbollah) e sunniti, visto che lo era Hariri e lo
è la componente maggioritaria della popolazione e anche del parlamento. “Nessuno –
ha detto ieri il patriarca maronita Nasrallah Sfeir – ignora le sfide delle quali
il Libano è stato testimone in passato e quelle che ci sono ancora. Viviamo - ha aggiunto
- giorni difficili, ma noi preghiamo perchè la situazione migliori e il nuovo anno
sia portatore di bene e i libanesi siano uniti per il bene del Paese”. Alla messa
natalizia del cardinale ha assistito anche il presidente della Repubblica, Michel
Suleiman che, proprio andando alla celebrazione si è rifiutato di parlare di crisi,
affermando che “l’impasse politica si sta avviando a soluzione”. Un invito alle parti
a mantenere la calma e a ricorrere a mezzi legali è venuto dal vescovo greco-ortodosso
di Beirut, Elias Audi. “Perché – ha chiesto – non aspettare per il risultato delle
indagini con calma e pazienza e avvalersi del dibattito legale per risolvere le nostre
controversie, invece che ricorrere a provocazioni che possono appiccare il fuoco?”.
Da parte sua, il vescovo maronita della capitale, Boulos Matar, che domenica ha incontrato
l’ambasciatore iraniano Ghazanfar Roknabadi, ha avvertito che non ci sarebbero alternative
all’attuale modello di coesistenza che esiste in Libano, se il Paese dovesse andare
al collasso. (R.P.)