Senza fine il dramma di milioni di alluvionati in Pakistan
Ad oltre quattro mesi dalle devastanti alluvioni che in estate hanno colpito 14 milioni
di persone in Pakistan, nel Paese la situazione resta drammatica. Secondo l’organizzazione
Intersos solo il 24 per cento degli aiuti necessari è giunto a destinazione. Inoltre
cresce l’instabilità: gli uffici del World Food Programme, che davano cibo a 41 mila
persone alluvionate, saranno chiusi per una settimana a causa dell’attacco che ha
ucciso 46 persone che attendevano le razioni il giorno di Natale nella città nord
occidentale di Khar. Sulla situazione umanitaria Paolo Ondarza ha raggiunto
telefonicamente Hussain Riaz Syed, capomissione Intersos in Pakistan.
R. - Rispetto
a quando siamo arrivati, ora la gente, in qualche modo, si sta riprendendo, ma lo
scenario è veramente disastroso. Ci vorranno tempi lunghi e soprattutto soldi per
poter far fronte alla situazione, perché in molti casi, oltre alle case che sono state
trascinate via dall’acqua, sono stati portati via anche gli animali e distrutti interi
appezzamenti di terreni fertili, che erano il solo modo con cui le persone potevano
guadagnare qualcosa.
D. - Stiamo parlando di famiglie contadine rimaste
senza bestiame e senza terra ma con tante bocche da sfamare…
R. - Qui
ogni famiglia conta minimo 10 figli. Quindi è molto difficile andare avanti, perché
per sfamare quotidianamente dieci bocche servono grandi risorse.
D.
- Va poi detto che purtroppo, in situazioni di estrema povertà, la criminalità rappresenta
una pericolosa seduzione…
R. - Dal primo giorno stiamo lanciando questo
appello. Queste sono zone in cui si sono verificate già tante disgrazie ed in mezzo
a tante difficoltà, molta gente è facilmente attratta dalla criminalità: evidentemente
la criminalità dà loro una mano, a livello economico. Questo si deve assolutamente
evitare, perché diversamente avremo sempre più gente da temere.
D. -
Contribuire economicamente è quindi indispensabile perché tutto questo non avvenga.
Ma vogliamo ricordare come vengono impiegati i fondi da Intersos?
R.
- Da una parte dobbiamo costruire per questa gente almeno una camera dove vivere e
al contempo dobbiamo ricostruire le scuole. Bisogna cercare di raggiungere anche quelle
zone che sono lontanissime, dove le strade sono state completamente devastate, praticamente
non ce ne sono più. Però per tutta questa serie di operazioni di ricostruzione occorrono
non parole, ma opere concrete, perché per parlarne ci vogliono pochi secondi, ma
per ricostruire una strada ci vogliono mesi. E qui, in Pakistan, dobbiamo fare milioni
di case.
D. - L’anno che sta per iniziare, il 2011, qualora - come ci
auguriamo - arrivassero i fondi necessari, potrebbe vedere la realizzazione di interventi
di ricostruzione significativi?
R. - Certamente la speranza è proprio
questa. Stiamo appena venendo fuori da una situazione di emergenza che ha creato questo
disastro e i fondi arrivati in Pakistan non hanno ancora raggiunto il 25 per cento
del fabbisogno di questo Paese. Bisogna che, in qualche maniera, si intervenga e si
dia la possibilità a questa gente di continuare a guadagnare almeno il minimo per
sopravvivere. (vv)