Aiuto alla Chiesa che Soffre: il martirio cristiano è seguire Gesù per amore dell’uomo
e della libertà
Sulla vicinanza della Chiesa ai fratelli perseguitati in odio alla fede e sul valore
della testimonianza cristiana fino al sacrificio della vita, Alessandro Gisotti
ha intervistato il presidente della sezione italiana di Aiuto alla Chiesa che Soffre,
mons. Sante Babolin:
R. – Questa
vicinanza – 25, 26 dicembre, che la Chiesa fin dai primi secoli ha congiunto - c’è
perché Stefano testimonia la fede a Gesù attraverso il martirio: dona la sua vita,
versa il suo sangue, per testimoniare che Gesù è davvero il Figlio di Dio; lui paga
con la vita la proclamazione di questo Vangelo, di questa bella notizia. Benedetto
XVI, nel 2007, in una splendida catechesi su Santo Stefano dice che è Stefano colui
che introduce Paolo nella fede.
D. – Proprio come Santo Stefano, duemila
anni fa, anche oggi in tante parti del mondo i cristiani sono perseguitati per la
loro testimonianza al Vangelo. Il martirio è proprio dell’essere cristiano...
R.
– Il martirio è proprio dell’essere cristiano, perché Gesù ce lo ha detto, quando
dichiara le condizioni che uno deve accettare per diventare suo discepolo: rinnegare
se stesso e assumere la sua croce fino a dare la vita. Quindi, in questa obbedienza
- alla verità e a Dio - si inserisce anche la possibilità del martirio, di dare cioè
la vita per la fedeltà alla verità e per la fedeltà a Cristo, che è la rivelazione
di Dio. Il martirio è intrinseco alla fede, non nel senso che io devo cercare il martirio,
ma nel senso che devo tenere presente che il martirio può esserci per me. E i cristiani
che oggi danno la vita per Cristo, che soffrono per Cristo, da una parte richiamano
all’impegno della fede e, nello stesso tempo, diventano loro stessi, come Stefano,
un annuncio della salvezza e introducono altri alla fede, come ha fatto Stefano nei
confronti di Paolo.
D. – Cosa possono fare i cristiani dell’Occidente,
a volte anche indifferente purtroppo, per aiutare questi fratelli perseguitati, specie
in un tempo forte come quello del Natale...
R. – I cristiani dell’Occidente
innanzitutto dovrebbero conoscere quello che accade, e cioè il martirio di tanti confratelli
nella fede dovrebbe essere conosciuto. Viviamo in un mondo in cui la comunicazione
è essenziale. Quindi, comunicare, far conoscere che ci sono cristiani che pagano con
la vita la loro fedeltà a Cristo. Per noi che abbiamo la possibilità di vivere la
fede senza versare il sangue, è importante saperlo, perché è un incoraggiamento anche
per noi a perseverare. Il martirio dei cristiani va a favore anche dei non cristiani,
cioè di ogni uomo, perché il cristiano dà la vita per una fede che implica il rispetto
della libertà, che implica l’amore verso l’uomo. (ap)