Natale nel mondo: da Betlemme l’appello per la pace del Patriarca Twal. Ancora
violenze anticristiane in Nigeria e Filippine
Un forte richiamo al valore unico della vita umana, un accenno al Sinodo per il Medio
Oriente tenutosi in Vaticano lo scorso ottobre, ma soprattutto un appello alla pace
nell’area e la speranza che le campane della Notte Santa possano coprire il rumore
delle armi. Questo l’augurio di Natale del Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad
Twal, nella Messa della Notte celebrata a Betlemme, in cui ha ricordato anche le tre
suore morte in un incidente stradale nella valle del Giordano, proprio mentre si recavano
a Betlemme. Il servizio di Stefania Sboarina:
Oggi il sole
splende ed è un nuovo Natale di gioia per Betlemme. Stamattina la piazza della natività
era gremita di pellegrini, quest’anno giunti numerosissimi (le stime dicono 15 mila)
e da ogni parte del mondo. Ma ci sono anche tanti cristiani locali. Ai cristiani di
Gaza sono stati concessi 500 permessi per raggiungere Betlemme. Ieri, dopo il festoso
ingresso del Patriarca e le celebrazioni del pomeriggio con la processione alla grotta,
il culmine della lunga giornata di Betlemme: la Santa Messa di Mezzanotte nella Basilica
di Santa Caterina presieduta dal Patriarca Latino di Gerusalemme Fouad Twal e concelebrata
da una cinquantina di sacerdoti in una chiesa stracolma di gente. “In un mondo dilaniato
dalla violenza e dal fondamentalismo che legittima le peggiori azioni, anche le uccisioni
nelle chiese, il Bambino di Betlemme ci ricorda che il primo comandamento è l'Amore”,
dice nell’omelia il Pastore della Chiesa madre di Gerusalemme. E invita a guardare
alla Famiglia di Nazareth come a un esempio di unità e amore. Nelle parole di mons.
Twal anche un forte richiamo al valore unico della vita umana, dono di Dio. “Come
è doloroso constatare – afferma - che nel mondo vengono compiuti ogni anno milioni
di aborti, causati dall’egoismo e dalla durezza di cuore”. E subito un pensiero a
tutti i bambini del mondo (quasi l’80% vive in difficili condizioni di vita), e in
particolare ai bambini dei Paesi del Medio Oriente che vivono e crescono in modo precario
nei campi profughi. Un accenno è andato poi anche al Sinodo per il Medio Oriente,
tenutosi a Roma lo scorso ottobre. Il Patriarca ha esortato “a mettere gradualmente
in pratica le raccomandazioni del Messaggio al Popolo di Dio che riguardano la comunione,
la carità fraterna, il dialogo soprattutto, indispensabile a tutti i livelli: tra
le varie Chiese cattoliche del Medio Oriente, ma anche a livello interconfessionale
e interreligioso”. “Il dialogo – secondo mons. Twal - è un imperativo, ed è la risposta
al moderno ateismo e al fondamentalismo che minacciano il popolo di Dio, come è avvenuto
di recente in Iraq”. Infine un desiderio: "Che in questo Natale, Gerusalemme possa
diventare non solo la capitale di due Stati, ma un modello di armonia e coesistenza
tra le tre grandi religioni monoteiste”. “Possa il suono delle campane delle nostre
Chiese in questa Notte Santa – ha concluso il Patriarca di Gerusalemme - coprire il
rumore di tante armi che si ode in questo lacerato Medio Oriente, richiamando gli
uomini ad una mentalità di pace, unica degna dell’uomo ed apportatrice di felicità”.
Anche quest’anno da registrare la presenza alla Santa Messa del presidente palestinese
Mahmoud Abbas e del primo ministro Salam Fayad. Nelle preghiere dei fedeli, un ricordo
commosso per la tragedia che nel pomeriggio della Vigilia di questo Natale 2010 ha
sconvolto i religiosi e l'intera comunità cristiana di Terra Santa: tre suore francescane
del Cuore immacolato per raggiungere Betlemme dalla Galilea hanno trovato la morte
in un tragico incidente stradale. La celebrazione è terminata con la processione nella
Grotta della Natività: il Patriarca vi ha portato la statua del Bambinello, per porlo
nel luogo in cui avvenne la storica nascita. Nella Grotta per tutta la notte si sono
alternate celebrazioni di Sante Messe, presso l’altare della mangiatoia. Un privilegio
per tutti coloro che hanno potuto celebrare qui l’Eucarestia in questa notte santa...mentre
non si arrestava il flusso continuo di pellegrini che si inginocchiavano davanti alla
stella d’argento su cui campeggia la scritta “qui dalla Vergine Maria è nato Gesù
Cristo”. E ancora oggi lunghe code per scendere nella grotta della natività in un
ininterrotto susseguirsi di canti, di preghiera e di commozione. E’ questo il luogo
del Natale. E’ qui che più di 2000 anni fa il Cielo e la Terra si sono incontrati.
In
Medio Oriente e in particolare in Terra Santa la nascita del Signore riempie, dunque,
di speranza una terra in cerca di pace e stabilità. Al microfono di Amedeo Lomonaco,
la riflessione del custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa,
su luci e ombre di questo periodo:
R. – Tra
le luci, possiamo mettere un numero molto alto di pellegrini, che è arrivato quest’anno
e che ha portato molto lavoro e molta serenità in tante famiglie cristiane e non di
Terra Santa, che vivono grazie ai pellegrinaggi e al turismo religioso. Le ombre sono,
purtroppo, sempre le stesse: uno stallo nei colloqui e nei negoziati, che rende sempre
più precarie le prospettive di sviluppo e di pace qui in Terra Santa. La comunità
cristiana ha sempre la stessa missione: innanzitutto restare qui con un proprio stile
di vita, con la propria attività, con un proprio legame con il territorio per mostrare
che è possibile vivere pacificamente, nonostante tutto.
D. – E’ possibile
vivere pacificamente. Quali doni può portare il Natale alla Terra Santa?
R.
– Anzitutto una parentesi di serenità e di gioia per i bambini. Quando i bambini sono
felici e contenti c’è un effetto a cascata che fa bene a tutti. E poi ci auguriamo
che il Natale e l’inizio del nuovo anno portino delle prospettive più solide, soprattutto
per tutti gli abitanti di questo Paese, sempre così fragile.
D. – Una
cartolina, un’immagine, una storia che rappresenti il Natale in Terra Santa...
R.
– Eravamo a Betlemme - adesso siamo a Gerusalemme – per portare i regali ai bambini
di alcune case famiglie: bambini che vengono da situazioni familiari e sociali difficili.
La gioia e gli occhi pieni di luce di quei bambini, credo che sia la cartolina più
bella.(ap)
Le veglie di Natale in Iraq, quest’anno, sono state abolite
per motivi di sicurezza, ma nella chiesa di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso a
Baghdad, teatro il 31 ottobre di un terribile attentato, ieri sera si sono riunite
centinaia di persone a pregare tra le mura ancora con i fori dei proiettili e le finestre
senza vetri coperte da fogli di plastica. “Non importa quanto forte soffi la bufera,
l’amore ci salverà”, ha detto alla comunità l’arcivescovo siro-cattolico della capitale
irachena, Atanase Matti Shaba Matouka.
Notte di Natale di paura, invece, in
Nigeria e nelle Filippine, a causa di attentati contro le Messe della vigilia, ad
opera di estremisti islamici. In Nigeria una ventina di persone sono rimaste uccise
in diverse esplosioni nella città di Jos, che segna il confine tra musulmani e cristiani;
altre sei sono morte durante le celebrazioni del Natale in una chiesa cristiana nel
nord del Paese, cui è stato appiccato il fuoco. Nell’isola di Jolo, arcipelago delle
Filippine, invece, una bomba è esplosa sul tetto di una chiesa cattolica, ferendo
sei persone all’interno, tra cui il sacerdote che stava celebrando il rito.
Escalation
di violenza anche in Pakistan: ieri, 41 persone sono morte e 60 sono rimaste ferite
in un attentato suicida in un centro di distribuzione di aiuti del Programma alimentare
mondiale delle Nazioni Unite a Khar. Almeno altre 40 vittime si sono registrate, invece,
in una serie di incursioni aeree nelle aree tribali del Paese.
Sentiti auguri
di Buon Natale sono stati rivolti dal presidente del Pakistan, Ali Zardari, ai “fratelli
cristiani” presenti nel Paese, “una comunità leale e rispettosa delle leggi”. Il presidente
pakistano ha ribadito il proprio impegno in difesa dei diritti delle minoranze in
vista della costruzione di “una società liberale e pluralista”. Ali Zardari, nei giorni
scorsi, era stato chiamato in causa nella vicenda di Asia Bibi, la donna cristiana
condannata a morte per blasfemia. Un rinnovato appello alla modifica della legge in
materia, è giunto dall’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, primate della Comunione
anglicana.
Il Natale in Europa è, purtroppo, offuscato da molte ombre, tra
cui materialismo, consumismo e crisi spirituale. Ma è anche accompagnato, negli ultimi
tempi, da una crescente ricerca di Dio. Quali sono dunque le luci e le ombre del Natale
nel Vecchio Continente? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a mons. Aldo Giordano,
osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa:
R. - In tutti
i Paesi d’Europa troviamo i segni del Natale, sembrano sempre più abbondanti, penso
alle luci, agli alberi, ai mercatini, agli auguri, alle vacanze, ai doni, ma spesso
mancano i contenuti. Restano i segni, ma manca il riferimento al vero contenuto del
Natale, che è Gesù Bambino. C’è anche un po’ l’illusione pericolosa che questo sia
un po’ più rispettoso verso la varietà delle tradizioni culturali o anche della varietà
delle religioni.
D. - Ci sono oltre alle luci effimere, anche luci ricche
di speranza che portano verso i veri contenuti del Natale?
R. - A me
sembra di notare che accade qualcosa di nuovo, e questo qualcosa di nuovo, mi sembra
che sia una nuova domanda. C’è anche una nuova attenzione al presepio. C’è anche il
fatto che le Chiese, in fondo, continuano a riempirsi a Natale, questo forse per rispondere
a una grande solitudine, ma soprattutto c’è la solitudine di una persona, che non
ha più riferimento a un altro, in alto. La mancanza di Dio, cioè, alla fine ci fa
sentire molto soli, soprattutto davanti ai grandi problemi della vita. Quindi, tornare
in Chiesa a Natale, è anche di nuovo rimettersi in ricerca per uscire dalla solitudine.
Ciò rispecchia anche il bisogno di senso, un bisogno accentuato naturalmente dalle
crisi. La crisi economica ci toglie sicurezza. Positivamente si può dire che oggi
c’è un nuovo desiderio di riaprire il cielo della propria vita, il cielo anche dell’Europa,
della storia sul mondo del trascendente. (ma)
Anche, in India, il Natale
è offuscato dal consumismo e da un’allerta terrorismo scattato a Mumbai, la capitale
finanziaria del Paese, per possibili attacchi nella prossima settimana. Ma la festa
per la Venuta del Signore, qui, è anche un tempo di grande gioia da condividere con
fedeli di altre religioni. Ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco il vescovo
di Nashik, mons. Felix Anthony Machado:
R. -
In India, il Natale nella mente della maggior parte della gente è, purtroppo, soltanto
consumismo. Ci sono le luci, i negozi sono ben decorati… Il Natale spirituale, non
è tanto evidente per la gente delle altre religioni. I cristiani, invece, sono veramente
motivati a celebrare spiritualmente il Natale, ad accogliere Gesù Bambino.
D.
- Questo spirito autentico celebrato dai cristiani può essere anche d’esempio per
il resto dell’India, può essere anche uno stimolo a cogliere il vero senso di giustizia,
di fratellanza e di uguaglianza che il Vangelo ci testimonia?
R. - Direi
che per questa festa, soprattutto, c’è la condivisione della gioia. Per esempio, nella
mia diocesi come nelle altre diocesi dell’India, la gente di altre religioni – indù,
musulmani, giainisti, buddisti – viene ad assistere alle celebrazioni. C’è poi in
India una grande tradizione di fare il presepio: qui è considerato un vero strumento
di evangelizzazione, e anche strumento di condivisione del Vangelo di Gesù, delle
Beatitudini, del senso della giustizia e dell’amore per tutti. Questa è per noi un’occasione
per diffondere il Vangelo di Gesù e i valori della Chiesa. (ma)
Torna la
violenza nel Darfur, dove nuovi scontri tra forze governative e gruppi di ribelli
hanno causato almeno 40 vittime negli ultimi giorni, secondo un bilancio diffuso oggi
dall’esercito sudanese.
In Costa d’Avorio, la gioia per la nascita del Salvatore
accompagna la speranza che si possa superare la crisi politica che vede contrapposti
il presidente risultato vincitore alle recenti elezioni Ouattara, sostenuto soprattutto
nel nord, e il capo di Stato uscente Gbabo, appoggiato invece in prevalenza nelle
regioni meridionali. Sul Natale in Costa d’Avorio il pensiero di padre Emmanuel
Ezoua, sacerdote nel Paese africano, intervistato da Amedeo Lomonaco:
R. - Si sperava
che dopo il processo elettorale, il Natale sarebbe stato diverso, con l’avvento della
pace nel Paese, e che ci sarebbe stata una sorta di superamento di tutta la sofferenza
avuta dal Natale del 1999, con il primo colpo di Stato, perché da allora non ci sono
state più pace e tranquillità. Contiamo sul fatto, però, che la venuta del Messia
in questo Natale sia una sorgente di novità. Da due mesi, stiamo pregando nella nostra
intenzione principale, per la pace: per la pace nel Paese, per la riunificazione totale
– da Nord a Sud - e soprattutto per la pace nei cuori. Il nostro augurio è che Gesù
ci porti veramente questa pace che viene da Lui, che è il principio della pace.
D.
- Cosa serve al Nord e al Sud della Costa d’Avorio, per essere veramente uniti e cominciare
questo percorso autentico di pace?
R. - E’ vero che adesso la Costa
d’Avorio è divisa in Nord e Sud e che il Nord è opposto al Sud, ma le popolazioni
sono abbastanza omogenee. E’ opportuno che i due principali protagonisti politici
nell’ultimo periodo, pensino al bene della povera gente. Quindi, continuiamo a pregare
per la pace, sperando che Gesù venendo, ci porti questa pace, perché gli uomini non
riescono a pensare a questa soluzione. Tutti noi pensiamo che, oggi, sia ancora possibile
tornare a stare come stavamo prima, nonostante tutti i problemi che ci sono stati.(ma)
In
alcuni Paesi, il Natale si celebra in estate. È il caso, ad esempio, dell’Australia.
Ascoltiamo il nunzio apostolico nel Paese, mons. Giuseppe Lazzarotto, intervistato
da Amedeo Lomonaco:
R. - In questo
momento inizia l’estate e manca un po’ quella cornice esteriore che magari in altre
situazioni geografiche aiuta a entrare nell’atmosfera del Natale. Però, dall’altra
parte, credo che questo sia anche un vantaggio, nel senso che obbliga a concentrarci
di più su quello che è il vero messaggio del Natale.
D. - C’è un tema
in particolare che accompagna questo Natale in Australia?
R. - In tutte
le comunità cristiane in Australia si pensa molto al tema dell’immigrazione. Si è
scritto molto di questa terribile tragedia successa alcuni giorni fa a Christmas Island,
primo territorio australiano di approdo per tutte quelle persone che emigrano in cerca
di una situazione migliore provenendo da situazioni talvolta drammatiche. E’ stata
una tragedia, sono morte più di 50 persone. Pensando a Gesù che nasce a Betlemme in
condizioni difficili, credo sia giusto pensare anche a questi nostri fratelli che
rivivono un po’ la situazione nella quale si è voluto mettere lo stesso Figlio di
Dio entrando nella storia umana per farci capire come la strada dell’uomo debba ricalcare
in qualche modo la strada che lui stesso ha percorso per essere il Dio con noi.(bf)
Il
Centro di allerta tsunami nel Pacifico ha lanciato un allarme tsunami per l’arcipelago
di Vanuatu, la Nuova Caledonia e le isole Fiji in seguito a una forte scossa di terremoto
di magnitudo 7.6 sulla scala Richter.
A Cuba, il cardinale Jaime Ortega ha
celebrato la Messa di Natale nel carcere dell’Avana, Combinado del Este, cui hanno
partecipato una ventina di detenuti. Nel penitenziario sono reclusi anche gli 11 prigionieri
politici non ancora rilasciati perché non hanno accettato, una volta liberi, di prendere
la via dell’esilio. L’episcopato cubano, inoltre, ha fatto sapere che a breve saranno
liberati altri due prigionieri politici.
Ad Haiti la gioia del Natale si congiunge
al dolore per la diffusione dell’epidemia di colera e alle difficoltà nella ricostruzione
dopo il terremoto dello scorso 12 gennaio. Sul significato di questo Santo Natale
nel Paese caraibico, Amedeo Lomonaco ha intervistato il nunzio apostolico ad
Haiti, mons. Bernardito Auza:
R. – Un Natale
di sofferenza, ma sempre un Natale di gioia, perché il Salvatore viene a soffrire
con noi. Non è solo l’epidemia, non è solo il terremoto la causa più immediata di
questa mancata allegria, almeno esteriormente, ma anche l’instabilità politica, che
colpisce tutto il Paese, paralizza la vita economica. In questo quadro, quindi, è
un po’ difficile per il Paese celebrare il Natale. Io vedo comunque che gli haitiani
sono un popolo con una forte fede, che riescono a guardare oltre le loro sofferenze,
i loro problemi, e che alla base del Natale vedono un Salvatore che non respinge la
sofferenza, un Salvatore che viene per soffrire con loro. Credo che questo sia un
pensiero spirituale molto forte in questo periodo ad Haiti. Ci sono sempre storie
emblematiche nel Natale, ma è nell’insieme che vedo che il Paese, e anche la Chiesa,
trova difficoltà ad andare avanti.
D. – Qual è il suo augurio per questo
Santo Natale?
R. – Buon Natale a tutti e speriamo di avere più opportunità
e risorse per andare avanti con la ricostruzione delle chiese e la ricomposizione
delle comunità dei fedeli, che sono state disperse dopo il terremoto. Non dimenticate
Haiti, perché siamo sempre in una situazione di bisogno. Noi ci ricordiamo sempre
di pregare per tutti quelli che si sentono vicini a noi. (ap)
Nella Basilica
di San Pietro, questa mattina, la Messa di Natale è stata celebrata dal cardinale
Angelo Comastri, vicario del Papa per la Città del Vaticano. Il porporato ha messo
l'accento, nell'omelia, sulle scelte che Cristo propone a tutti noi, con la Nascita
a Betlemme: la scelta dell’umiltà, in risposta all’orgoglio umano; la scelta della
povertà, in risposta all’insaziabile brama di ricchezza dell’uomo; la scelta della
mitezza, in risposta alla violenza e all’intolleranza. “Dopo duemila anni dalla nascita
di Gesù nel mondo le ingiustizie ancora dilagano e le violenze si moltiplicano – ha
avvertito il cardinale Comastri – se non ci convertiamo allo spirito di Betlemme ci
troveremo dalla parte dei nemici di Dio”. (Interviste realizzate da Amedeo Lomonaco;
notizie a cura di Roberta Barbi)