2010-12-24 14:11:22

La piccola comunità cristiana di Gaza celebra il Natale nell'isolamento e nella povertà


Si appresta a vivere il Natale una delle più piccole comunità cristiane del Medio Oriente, la figlia più fragile della Chiesa madre di Gerusalemme, la più sofferente e isolata: è la comunità cattolica di Gaza City, nei Territori Palestinesi, che nei giorni scorsi ha accolto il patriarca latino Fouad Twal per la preparazione alle festività natalizie. Su questa visita si sofferma al microfono di Antonella Palermo, don Gabriel Romanelli, sacerdote del Verbo Incarnato che ha partecipato a Gaza all’incontro del patriarca Twal con la comunità locale:RealAudioMP3

R. - La gente di Gaza ha accolto molto bene il patriarca. Tutti conoscono l’opera enorme che promuove il patriarcato latino sia con i cristiani sia con i musulmani. A Gaza la presenza cristiana è esigua. Noi cristiani a Gaza siamo circa 3000 su una popolazione di un milione e mezzo, di cui quasi tutti musulmani. Pur essendo una presenza così piccola, è comunque molto attiva. Ci sono parecchie scuole cattoliche e anche dispensari.

D. - Come si vive a Gaza, in particolare in questo periodo?

R. – Gaza è una sorta di grande prigione. La libertà è uno dei diritti fondamentali dell’uomo. Una cosa è che uno scelga di non muoversi di casa, un’altra è che questo ti venga imposto. Il blocco intorno alla Striscia di Gaza, poi, fa sì che non regni speranza e gioia tra gli abitanti. La gente fa quello che può aspettando che vengano tempi migliori. Purtroppo, per il momento, non si vedono orizzonti migliori. Il problema sociale è molto grave perché l’indice di disoccupazione è molto elevato e questo crea malessere. Allo stesso tempo, in quanto membri della Chiesa, i nostri sacerdoti missionari cercano di proporre anche attività culturali perché le persone trovino, almeno nell’ambito parrocchiale ed educativo, un ambito dove veramente svilupparsi meglio.

D. - Quali sono i frutti del Sinodo dei vescovi per il Medio Oriente?

D. - Come accade per ogni Sinodo, ogni incontro e ogni messaggio del Santo Padre, servono delle volontà che mettano in pratica quanto detto. Quindi, per il momento, è già incoraggiante la conoscenza reciproca delle Chiese del Medio Oriente. Quello a cui il Sinodo ha chiamato il mondo intero è di prestare attenzione alla realtà cristiana del Medio Oriente, ma non soltanto alla realtà cristiana. Una realtà molto fragile dal punto di vista politico e sociale che può creare effetti negativi in altre parti del mondo. Quindi è un appello del Sinodo che ciascuno deve tradurre nel proprio ambito con buona volontà e operosità.







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