L'insegnamento del Papa sul Natale: da duemila anni la novità di un incontro con il
Dio Bambino che invita all'amore e alla gioia
Ritrovare la “disposizione del cuore” che permette di vivere l’essenza del Natale:
l’“incontro con Colui che viene ad abitare in mezzo a noi: Cristo Gesù, il Figlio
di Dio fatto uomo”. Con queste parole, Benedetto XVI aveva spiegato all’udienza generale
di ieri l’atteggiamento con il quale i cristiani devono predisporsi al Natale. Un
tema, quello dell’incontro dell’uomo con il Dio-Bambino, che il Papa ha più volte
toccato nelle sue riflessioni sulla Natività, come racconta in questo servizio Alessandro
De Carolis:
(musica)
Ad
ogni Natale è la stessa storia, ma non la storia che cominciò una notte di due millenni
fa a Betlemme. Ad ogni Natale, ciò che normalmente nasce è la voglia di chiudere un
anno il più possibile senza pensieri e in questo il brand commerciale del Natale
– tra regali, vacanze e bisbocce mediaticamente messi sul mercato – si offre come
un paese dei balocchi sempre luccicante e, francamente, sempre uguale a se stesso.
Il Natale di duemila anni fa non aveva alcun marchio autocelebrativo, se si eccettua
una bella stella alta nel cielo. E furono davvero in pochi a intuire di trovarsi sulla
faglia di un nuovo mondo, dove cielo e terra si erano appena toccati. Ma un fatto,
semplice e chiaro, raccontato dai Vangeli, dimostra cosa accadde davvero in quella
che Benedetto XVI ha definito all’udienza generale di ieri “la notte del mondo”: avvenne
un incontro.
(musica)
Un incontro tra un neonato e un
gruppo di pastori, un umile campione della razza umana, dove il Dio bambino fece conoscenza
con coloro per cui era venuto e dove per la prima volta gli uomini contemplarono senza
saperlo chi li avrebbe salvati. Per “fare” davvero Natale, allora, non c’è alternativa:
bisogna recarsi a quell’appuntamento, tacitando il chiasso e lo stress festaiolo per
una Nascita che non è un marchio ma un mistero, il quale, privo di réclame, rischierebbe
di passare inosservato:
“Dio si mostra a noi umile ‘infante’ per
vincere la nostra superbia. Forse ci saremmo arresi più facilmente di fronte alla
potenza, di fronte alla saggezza; ma Lui non vuole la nostra resa; fa piuttosto appello
al nostro cuore e alla nostra libera decisione di accettare il suo amore. Si è fatto
piccolo per liberarci da quell’umana pretesa di grandezza che scaturisce dalla superbia;
si è liberamente incarnato per rendere noi veramente liberi, liberi di amarlo”. (Udienza
generale, 17 dicembre 2008)
C’è tuttavia chi rifiuta la libertà
di amare quel Bambino: per calcolato disprezzo o sovrana indifferenza e ogni altro
sentimento che può esservi in mezzo. E ciò, nonostante l’attrattiva per quell’incontro
sia tutt’altro che estirpata dai cuori:
"In qualche modo l’umanità
attende Dio, la sua vicinanza. Ma quando arriva il momento, non ha posto per Lui.
È tanto occupata con se stessa, ha bisogno di tutto lo spazio e di tutto il tempo
in modo così esigente per le proprie cose, che non rimane nulla per l’altro – per
il prossimo, per il povero, per Dio”. (Messa della Notte di Natale, 25 dicembre 2007)
Ma Dio, ha affermato Benedetto XVI, “non si lascia chiudere fuori”
da questo incontro. “Il mistero di Betlemme – ha osservato qualche anno fa di questi
tempi – ci rivela il Dio-con-noi, il Dio a noi prossimo, non semplicemente in senso
spaziale e temporale; Egli ci è vicino perché ha 'sposato', per così dire, la nostra
umanità”:
“La gioia cristiana scaturisce pertanto da questa certezza:
Dio è vicino, è con me, è con noi, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella
malattia, come amico e sposo fedele. E questa gioia rimane anche nella prova, nella
stessa sofferenza, e rimane non in superficie, bensì nel profondo della persona che
a Dio si affida e in Lui confida”. (Angelus, 16 dicembre 2007)
I
cristiani, che più di altri dovrebbero essere in grado di lasciare il rumore del paese
dei balocchi per il silenzio della grotta di Betlemme, sono convocati, anno dopo anno,
a rinnovare incontro, avendo – ha ripetuto ieri il Papa – la “giusta disposizione
del cuore”:
“A noi spetta aprire, spalancare le porte per accoglierlo.
Impariamo da Maria e Giuseppe: mettiamoci con fede al servizio del disegno di Dio.
Anche se non lo comprendiamo pienamente, affidiamoci alla sua sapienza e bontà. Cerchiamo
prima di tutto il Regno di Dio, e la Provvidenza ci aiuterà. Buon Natale a tutti!".
(Angelus, 20 dicembre 2009)