Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede su alcune interpretazioni delle
parole del Papa nel libro “Luce del mondo”
Le parole di Benedetto XVI riguardo ad alcune questioni di morale sessuale contenute
nel libro-intervista di Peter Seewald “Luce del Mondo”, “non sono una modifica della
dottrina morale né della prassi pastorale della Chiesa”: lo ribadisce una nota della
Congregazione per la Dottrina della Fede pubblicata ieri pomeriggio. Ce ne parla Sergio
Centofanti:
La nota parla
di “interpretazioni non corrette, che hanno generato confusione sulla posizione della
Chiesa cattolica riguardo ad alcune questioni di morale sessuale”. “Il pensiero del
Papa – si afferma - non di rado è stato strumentalizzato” laddove invece intendeva
“ritrovare la grandezza del progetto di Dio sulla sessualità, evitandone la banalizzazione
oggi diffusa”. Talora è stato presentato come se fosse “in contraddizione con la tradizione
morale della Chiesa, ipotesi che taluni hanno salutato come una positiva svolta e
altri hanno appreso con preoccupazione, come se si trattasse di una rottura con la
dottrina sulla contraccezione e con l’atteggiamento ecclesiale nella lotta contro
l’Aids. In realtà – viene precisato - le parole del Papa, che accennano in particolare
ad un comportamento gravemente disordinato quale è la prostituzione (cfr. Luce del
mondo, prima ristampa, novembre 2010, pp. 170-171), non sono una modifica della dottrina
morale né della prassi pastorale della Chiesa”.
La nota ribadisce quanto
affermato da Paolo VI nell’Humanae Vitae. “L’idea che dalle parole di Benedetto XVI
si possa dedurre che in alcuni casi sia lecito ricorrere all’uso del profilattico
per evitare gravidanze indesiderate è del tutto arbitraria e non risponde né alle
sue parole né al suo pensiero. A questo riguardo il Papa propone invece vie umanamente
e eticamente percorribili, per le quali i pastori sono chiamati a fare ‘di più e meglio’
(Luce del mondo, p. 206), quelle cioè che rispettano integralmente il nesso inscindibile
di significato unitivo e procreativo in ogni atto coniugale, mediante l’eventuale
ricorso ai metodi di regolazione naturale della fecondità in vista di una procreazione
responsabile”. La nota precisa inoltre che il Papa, in realtà, non si riferiva, nella
pagina in questione, né alla morale coniugale e nemmeno alla contraccezione, ma “al
caso completamente diverso della prostituzione, comportamento che la morale cristiana
da sempre ha considerato gravemente immorale”.
Nell’intervista il Papa
ribadisce, inoltre, che i profilattici non costituiscono “la soluzione autentica e
morale” del problema dell’Aids e che “concentrarsi solo sul profilattico vuol dire
banalizzare la sessualità”, perché “non si vuole affrontare lo smarrimento umano che
sta alla base della trasmissione della pandemia. È innegabile peraltro – prosegue
la nota - che chi ricorre al profilattico per diminuire il rischio per la vita di
un’altra persona intende ridurre il male connesso al suo agire sbagliato”. In questo
senso Benedetto XVI rileva che il ricorso al profilattico “nell’intenzione di diminuire
il pericolo di contagio, può rappresentare tuttavia un primo passo sulla strada che
porta ad una sessualità diversamente vissuta, più umana”. Anche queste parole sono
state interpretate da alcuni in modo non corretto ricorrendo alla teoria del cosiddetto
“male minore”. Il Papa, infatti, “non ha detto che la prostituzione col ricorso al
profilattico possa essere lecitamente scelta come male minore”, come alcuni hanno
sostenuto. Ma se qualcuno pratica la prostituzione essendo infetto dall’Hiv e “si
adopera per diminuire il pericolo di contagio anche mediante il ricorso al profilattico,
ciò può costituire un primo passo nel rispetto della vita degli altri, anche se la
malizia della prostituzione rimane in tutta la sua gravità. Tali valutazioni – conclude
la nota - sono in linea con quanto la tradizione teologico-morale della Chiesa ha
sostenuto anche in passato”.