Una struttura dei Gesuiti in India offre assistenza legale e istruzione all'etnia
Adivasis
Nel Gujarat, in India, i missionari Gesuiti hanno organizzato il Rajpila Social Service
(Rsss), per aiutare gli indigeni Adivasis a fronteggiare gli effetti dello sviluppo
economico. Il centro – riferisce l’agenzia AsiaNews - fornisce istruzione e assistenza
legale gratuita per la tutela dei propri diritti, visto che la recente espansione
industriale dello Stato sta mettendo in ginocchio le popolazioni indigene. Rappresentano
il 15% della popolazione totale e molto spesso sono costretti ad abbandonare le loro
terre per lasciare spazio a industrie e centrali energetiche. Padre Rappai Poothokaren
afferma che “molti missionari hanno notato il legame tra la distruzione della cultura
tribale e l’aumento dei casi di povertà”. Il sacerdote sottolinea che gli aiuti umanitari
non sono più sufficienti per difendere gli indigeni da questo processo. “Per far valere
i loro diritti – continua – essi hanno bisogno di essere educati, motivati e organizzati.
Noi Gesuiti abbiamo visto un legame tra fede e giustizia, così abbiamo iniziato a
sostenere i tribali per renderli più consapevoli”. I religiosi della Compagnia di
Gesù lavorano fra gli indigeni del Gujarat fin dal 1960. A tutt’oggi oltre 26 mila
indigeni sono membri di organizzazioni laiche e cristiane in difesa dei diritti, nate
grazie al lavoro dei missionari. I programmi vanno dalla formazione dei leader allo
sviluppo di cooperative agricole, per la coltivazione di erbe medicinali essenziali
nella conservazione delle tradizioni. Negli anni, i Gesuiti hanno spinto anche molti
giovani indigeni a studiare giurisprudenza per combattere gli abusi subiti dalla loro
popolazione e aiutare anziani e analfabeti a districarsi nei cavilli della burocrazia
statale. Nel 2000, padre Poothokaren e i membri dell’Rsss hanno sostenuto gli indigeni
nell’organizzare le proteste per la costruzione della diga Narmada, che minacciava
di sommergere migliaia di villaggi e causare gravi danni ecologici. Il caso è giunto
fino alla Corte suprema indiana, che ha ordinato alla ditta costruttrice la modifica
del progetto e il versamento di un indennizzo per gli sfollati. (E.B.)