Il Papa per la Giornata mondiale del malato: “Dalle sue piaghe siete stati guariti”
“Dalle sue piaghe siete stati guariti”: il Papa invita a riflettere su questo passo
della Prima Lettera di San Pietro nel suo Messaggio per la Giornata mondiale del Malato
2011. Benedetto XVI ricorda che “una società che non riesce ad accettare i sofferenti
e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza venga
condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana”. Nello stesso
tempo osserva che “è proprio attraverso le piaghe del Cristo che noi possiamo vedere,
con occhi di speranza, tutti i mali che affliggono l'umanità. Risorgendo, il Signore
non ha tolto la sofferenza e il male dal mondo, ma li ha vinti alla radice. Alla prepotenza
del Male ha opposto l'onnipotenza del suo Amore”. “Spesso – ha aggiunto - la Passione,
la Croce di Gesù fanno paura, perché sembrano essere la negazione della vita. In realtà,
è esattamente il contrario! La Croce è il ‘sì’ di Dio all'uomo, l’espressione più
alta e più intensa del suo amore e la sorgente da cui sgorga la vita eterna. Dal cuore
trafitto di Gesù è sgorgata questa vita divina”. Ecco il testo integrale del Messaggio
del Papa.
Cari fratelli e sorelle!
Ogni anno, nella ricorrenza
della memoria della Beata Vergine di Lourdes, che si celebra l’11 febbraio, la Chiesa
propone la Giornata Mondiale del Malato. Tale circostanza, come ha voluto il venerabile
Giovanni Paolo II, diventa occasione propizia per riflettere sul mistero della sofferenza
e, soprattutto, per rendere più sensibili le nostre comunità e la società civile verso
i fratelli e le sorelle malati. Se ogni uomo è nostro fratello, tanto più il debole,
il sofferente e il bisognoso di cura devono essere al centro della nostra attenzione,
perché nessuno di loro si senta dimenticato o emarginato; infatti “la misura dell'umanità
si determina essenzialmente nel rapporto con la sofferenza e col sofferente. Questo
vale per il singolo come per la società. Una società che non riesce ad accettare i
sofferenti e non è capace di contribuire mediante la compassione a far sì che la sofferenza
venga condivisa e portata anche interiormente è una società crudele e disumana” (Lett.
enc. Spe salvi, 38). Le iniziative che saranno promosse nelle singole Diocesi in occasione
di questa Giornata, siano di stimolo a rendere sempre più efficace la cura verso i
sofferenti, nella prospettiva anche della celebrazione in modo solenne, che avrà luogo,
nel 2013, al Santuario mariano di Altötting, in Germania.
1. Ho ancora
nel cuore il momento in cui, nel corso della visita pastorale a Torino, ho potuto
sostare in riflessione e preghiera davanti alla Sacra Sindone, davanti a quel volto
sofferente, che ci invita a meditare su Colui che ha portato su di sé la passione
dell'uomo di ogni tempo e di ogni luogo, anche le nostre sofferenze, le nostre difficoltà,
i nostri peccati. Quanti fedeli, nel corso della storia, sono passati davanti a quel
telo sepolcrale, che ha avvolto il corpo di un uomo crocifisso, che in tutto corrisponde
a ciò che i Vangeli ci trasmettono sulla passione e morte di Gesù! Contemplarlo è
un invito a riflettere su quanto scrive san Pietro: “dalle sue piaghe siete stati
guariti” (1Pt 2,24). Il Figlio di Dio ha sofferto, è morto, ma è risorto, e proprio
per questo quelle piaghe diventano il segno della nostra redenzione, del perdono e
della riconciliazione con il Padre; diventano, però, anche un banco di prova per la
fede dei discepoli e per la nostra fede: ogni volta che il Signore parla della sua
passione e morte, essi non comprendono, rifiutano, si oppongono. Per loro, come per
noi, la sofferenza rimane sempre carica di mistero, difficile da accettare e da portare.
I due discepoli di Emmaus camminano tristi per gli avvenimenti accaduti in quei giorni
a Gerusalemme, e solo quando il Risorto percorre la strada con loro, si aprono ad
una visione nuova (cfr Lc 24,13-31). Anche l’apostolo Tommaso mostra la fatica di
credere alla via della passione redentrice: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei
chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo
fianco, io non credo” (Gv 20,25). Ma di fronte a Cristo che mostra le sue piaghe,
la sua risposta si trasforma in una commovente professione di fede: “Mio Signore e
mio Dio!” (Gv 20,28). Ciò che prima era un ostacolo insormontabile, perché segno dell'apparente
fallimento di Gesù, diventa, nell'incontro con il Risorto, la prova di un amore vittorioso:
“Solo un Dio che ci ama fino a prendere su di sé le nostre ferite e il nostro dolore,
soprattutto quello innocente, è degno di fede” (Messaggio Urbi et Orbi, Pasqua 2007).
2. Cari ammalati e sofferenti, è proprio attraverso le piaghe del Cristo
che noi possiamo vedere, con occhi di speranza, tutti i mali che affliggono l'umanità.
Risorgendo, il Signore non ha tolto la sofferenza e il male dal mondo, ma li ha vinti
alla radice. Alla prepotenza del Male ha opposto l'onnipotenza del suo Amore. Ci ha
indicato, allora, che la via della pace e della gioia è l'Amore: “Come io ho amato
voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Gv 13,34). Cristo, vincitore della
morte, è vivo in mezzo a noi. E mentre con san Tommaso diciamo anche noi: “Mio Signore
e mio Dio!”, seguiamo il nostro Maestro nella disponibilità a spendere la vita per
i nostri fratelli (cfr 1 Gv 3,16), diventando messaggeri di una gioia che non teme
il dolore, la gioia della Risurrezione.
San Bernardo afferma: “Dio
non può patire, ma può compatire”. Dio, la Verità e l'Amore in persona, ha voluto
soffrire per noi e con noi; si è fatto uomo per poter com-patire con l'uomo, in modo
reale, in carne e sangue. In ogni sofferenza umana, allora, è entrato Uno che condivide
la sofferenza e la sopportazione; in ogni sofferenza si diffonde la con-solatio, la
consolazione dell'amore partecipe di Dio per far sorgere la stella della speranza
(cfr Lett. enc. Spe salvi, 39). A voi, cari fratelli e sorelle, ripeto questo
messaggio, perché ne siate testimoni attraverso la vostra sofferenza, la vostra vita
e la vostra fede.
3. Guardando all’appuntamento di Madrid, nel prossimo
agosto 2011, per la Giornata Mondiale della Gioventù, vorrei rivolgere anche un particolare
pensiero ai giovani, specialmente a coloro che vivono l’esperienza della malattia.
Spesso la Passione, la Croce di Gesù fanno paura, perché sembrano essere la negazione
della vita. In realtà, è esattamente il contrario! La Croce è il “sì” di Dio all'uomo,
l’espressione più alta e più intensa del suo amore e la sorgente da cui sgorga la
vita eterna. Dal cuore trafitto di Gesù è sgorgata questa vita divina. Solo Lui è
capace di liberare il mondo dal male e di far crescere il suo Regno di giustizia,
di pace e di amore al quale tutti aspiriamo (cfr Messaggio per la Giornata Mondiale
della Gioventù 2011, 3). Cari giovani, imparate a “vedere” e a “incontrare” Gesù nell'Eucaristia,
dove è presente in modo reale per noi, fino a farsi cibo per il cammino, ma sappiatelo
riconoscere e servire anche nei poveri, nei malati, nei fratelli sofferenti e in difficoltà,
che hanno bisogno del vostro aiuto (cfr ibid., 4). A tutti voi giovani, malati e sani,
ripeto l'invito a creare ponti di amore e solidarietà, perché nessuno si senta solo,
ma vicino a Dio e parte della grande famiglia dei suoi figli (cfr Udienza generale,
15 novembre 2006).
4. Contemplando le piaghe di Gesù il nostro sguardo
si rivolge al suo Cuore sacratissimo, in cui si manifesta in sommo grado l'amore di
Dio. Il Sacro Cuore è Cristo crocifisso, con il costato aperto dalla lancia dal quale
scaturiscono sangue ed acqua (cfr Gv 19,34), “simbolo dei sacramenti della Chiesa,
perché tutti gli uomini, attirati al Cuore del Salvatore, attingano con gioia alla
fonte perenne della salvezza" (Messale Romano, Prefazio della Solennità del Sacratissimo
Cuore di Gesù). Specialmente voi, cari malati, sentite la vicinanza di questo Cuore
carico di amore e attingete con fede e con gioia a tale fonte, pregando: “Acqua del
costato di Cristo, lavami. Passione di Cristo, fortificami. Oh buon Gesù, esaudiscimi.
Nelle tue piaghe, nascondimi” (Preghiera di S. Ignazio di Loyola).
5. Al
termine di questo mio Messaggio per la prossima Giornata Mondiale del Malato, desidero
esprimere il mio affetto a tutti e a ciascuno, sentendomi partecipe delle sofferenze
e delle speranze che vivete quotidianamente in unione a Cristo crocifisso e risorto,
perché vi doni la pace e la guarigione del cuore. Insieme a Lui vegli accanto a voi
la Vergine Maria, che invochiamo con fiducia Salute degli infermi e Consolatrice dei
sofferenti. Ai piedi della Croce si realizza per lei la profezia di Simeone: il suo
cuore di Madre è trafitto (cfr Lc 2,35). Dall'abisso del suo dolore, partecipazione
a quello del Figlio, Maria è resa capace di accogliere la nuova missione: diventare
la Madre di Cristo nelle sue membra. Nell’ora della Croce, Gesù le presenta ciascuno
dei suoi discepoli dicendole: “Ecco tuo figlio” (cfr Gv 19,26-27). La compassione
materna verso il Figlio, diventa compassione materna verso ciascuno di noi nelle nostre
quotidiane sofferenze (cfr Omelia a Lourdes, 15 settembre 2008).
Cari
fratelli e sorelle, in questa Giornata Mondiale del malato, invito anche le Autorità
affinché investano sempre più energie in strutture sanitarie che siano di aiuto e
di sostegno ai sofferenti, soprattutto i più poveri e bisognosi, e, rivolgendo il
mio pensiero a tutte le Diocesi, invio un affettuoso saluto ai Vescovi, ai sacerdoti,
alle persone consacrate, ai seminaristi, agli operatori sanitari, ai volontari e a
tutti coloro che si dedicano con amore a curare e alleviare le piaghe di ogni fratello
o sorella ammalati, negli ospedali o Case di Cura, nelle famiglie: nei volti dei malati
sappiate vedere sempre il Volto dei volti: quello di Cristo.
A tutti
assicuro il mio ricordo nella preghiera, mentre imparto a ciascuno una speciale Benedizione
Apostolica.
Dal Vaticano, 21 Novembre 2010, Festa di Cristo Re dell'Universo.