Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della quarta Domenica d'Avvento
In questa quarta Domenica di Avvento la liturgia ci presenta il dramma di Giuseppe
di fronte alla vicenda di Maria, sua promessa sposa, incinta per opera dello Spirito
Santo. Uomo giusto, non vuole accusarla pubblicamente e pensa di ripudiarla in segreto.
Ma, in sogno, gli appare un angelo del Signore che dice:
«Giuseppe, figlio
di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che
è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo
chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Su
questo brano del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin,
docente di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Delicata
e imbarazzante è certamente la situazione per Giuseppe: la sua fidanzata è inaspettatamente
incinta, e lui cerca di trovare una soluzione di buon senso, per salvare dignità e
onore di tutti e due. Rispetto e disagio si agitano in lui: anche perché la legge
in realtà imponeva una pubblica denuncia contro la donna, con un ripudio formale che
la doveva esporre al biasimo sociale. Non si poteva fare un ripudio di nascosto. Nella
notte Dio manda un angelo a sciogliere ogni imbarazzo: quel figlio non è frutto di
infedeltà, ma dono della fedeltà di Dio stesso, il Dio della vita. È il dono atteso
dai secoli per la salvezza del popolo, per una nuova speranza che trasformerà la storia.
A Giuseppe è chiesto di essere accanto a quel figlio come “padre” in nome di Dio Padre.
Dare forma e volto a Dio Padre, per il buon nome di quella famiglia, per l’equilibrio
affettivo e psicologico del bimbo, proteggendolo, educandolo, amandolo come farebbe
“Dio padre”. Una grande responsabilità per Giuseppe, ma anche una grande fiducia da
parte di Dio. Dio gli ha donato un ruolo unico e originale: offrire il volto e il
cuore di una vera “paternità” a sostegno di Colui che sarà il “Dio con noi”, l’Emmanuele.
E Giuseppe è stato all’altezza, con umile fedeltà.