Proteste in Grecia e crisi economica: il Consiglio europeo cerca nuove soluzioni
C’è attesa a Bruxelles per l’inizio del Consiglio europeo, che vedrà i capi di Stato
e di Governo dei 27 confrontarsi sulla crisi economica e le gravi preoccupazioni che
attanagliano l’opinione pubblica europea. Preoccupazioni che ieri sono sfociate ad
Atene in tensioni sociali con violenti scontri tra manifestanti e polizia di fronte
alla sede del parlamento ellenico. Al Consiglio europeo dunque si lavorerà per la
creazione dal 2013 di un Fondo permanente anticrisi, che ha l’obiettivo di sostenere
i Paesi della zona euro in difficoltà, ma anche per ridurre i debiti pubblici dei
singoli Paesi. Stefano Leszczynski ha intervistato Carlo Secchi, docente
di Politica economica presso l’Università Bocconi di Milano:
R. – Quello
cui noi assisteremo nell’ambito di questa riunione può essere una sorta di patto,
i cui ingredienti sono, da un lato, una maggiore disponibilità dal punto di vista
del sostegno finanziario agli Stati in difficoltà rispetto a quelli che invece sono
in condizioni migliori - Germania, in primo luogo – ma, dall’altro, la richiesta è
di una disciplina sul piano fiscale molto più stringente per i Paesi che si trovano
o possono trovarsi in difficoltà. Si tratta del primo passo verso un maggior grado
di 'comunitarizzazione' della politica fiscale rispetto all’esistente.
D.
– Allo stesso tempo però bisogna anche affrontare i timori dell’opinione pubblica
europea che ha asisstito a situazioni molto difficili anche da un punto di vista sociale.
Questo aspetto, secondo lei, come può essere affrontato?
R. – I governi
dei vari Paesi devono avere la capacità di persuadere i propri elettori, la propria
opinione pubblica, che rispetto a certe abitudini, i sacrifici e le modifiche che
vengono adesso richieste sono per evitare rischi e situazioni molto, molto più serie.
E’ una grossa sfida per la politica. Una sfida che peraltro si cala su governi che
in parte sono anche responsabili dello stato di pre-dissesto delle loro finanze pubbliche.
D.
– In un clima come questo, secondo lei, gli eurobond potrebbero effettivamente essere
qualcosa di appetibile o rischierebbero di essere un’iniziativa senza particolari
conseguenze?
R. – Credo che questa proposta, che ha il suo fascino
sul piano teorico, urti contro difficoltà politiche al momento insormontabili. Paesi
come la Germania e quelli che più si ispirano alla filosofia tedesca in materia di
gestione della finanza pubblica sono molto sospettosi - per dirla in termini molto
franchi - di dover farsi carico con un’aggiuntiva solidarietà nei confronti degli
Stati che hanno dei problemi, senza che ci sia un impegno molto forte dal punto di
vista degli sforzi che loro devono compiere per risanare la finanza pubblica. Credo
che sia una proposta che potrà maturare nel corso del tempo ma oggi le condizioni
non ci sono.(bf)