2010-12-15 14:41:06

Iran. Attentato contro una moschea sciita: decine di morti


Circa 40 morti e 50 feriti. Questo il bilancio dell’attentato suicida che stamani ha colpito una moschea sciita di Chabahar, nella regione sud-orientale del Sistan-Baluchistan, alla vigilia della festa islamica dell’Ashura, nella quale si celebra il martirio dell’imam Hussein. Si tratta di un nuovo episodio che dimostra come la Repubblica islamica sia percorsa da varie forze che tendono a destabilizzare il Paese. Su questi aspetti, Giancarlo La Vella ha intervistato Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all’Università Cattolica del Sacro Cuore:RealAudioMP3

R. – L’Iran è sempre stato un Paese dai vari volti, un Paese che noi vediamo monolitico, ma che in realtà non lo è: non lo è dal punto di vista etnico, perché i persiani sono solo una parte della popolazione e vi sono molte altre comunità. In particolare, i rapporti sono molto tesi con la minoranza araba del sud e, soprattutto, con i baluchi, che abitano il Sistan-Baluchistan, dove avvengono spesso attentati anche contro le moschee. L’Iran non è monolitico dal punto di vista religioso: è sciita, ma rimangono gruppi sunniti, come gli arabi e come gli stessi baluchi; non lo è dal punto di vista politico: proprio in questi anni abbiamo avuto tantissime riprove della grande frattura interna all’elite di potere del governo. E’ quindi un Paese molto più sfaccettato e complicato di quanto si possa immaginare.

D. – Quale obiettivo potrebbe esservi dietro un attentato del genere, che ha colpito una moschea sciita?

R. – In tutto il mondo islamico, durante le celebrazioni del martirio dell’imam Hussein, vi sono gruppi terroristici sunniti che detestano gli sciiti e non riconoscono loro il ruolo di veri musulmani, attaccando proprio le moschee o i cortei che si formano per questo evento. A questo si unisce, in Baluchistan, la rivendicazione politica autonomista: i baluchi sono da sempre riottosi nei confronti di Teheran e vi sono gruppi che usano metodi terroristici, come appunto gli attentati. Un’ultima particolarità è quella che lega l’azione di questi gruppi anche al grande traffico di droga: la droga prodotta in Asia centrale e in Afghanistan scende verso i mercati occidentali soprattutto attraverso il Baluchistan. Stiamo parlando di rotte che valgono miliardi di dollari all’anno. Questi grandi spacciatori possono smuovere anche centinaia di militanti.

D. – Come il governo centrale di Teheran riesce a controllare le istanze autonomiste, in qualche modo?

R. – Tradizionalmente, Teheran non ha avuto problemi e ha sempre usato un mix di repressione e di cooptazione. Certo con l’avvento degli ultraradicali, con la ripresa di questo fervore che Ahmadinejad ha portato, con la diminuzione della tolleranza interna - in Iran anche nei momenti più tesi vi era sempre stato un certo grado di tolleranza del dissenso - questi spazi si stanno chiudendo. Ahmadinejad è espressione dei pasdaran, le guardie rivoluzionarie, gente molto più radicale e dura, che non tollera nessun tipo di dissenso e tutto questo rinfocola le tensioni. Va anche detto che vi sono stati Paesi che combattono Teheran proprio favorendo questi gruppi minoritari e di opposizione. Ma certamente la Repubblica islamica non cadrà per colpa di questi gruppi, che possono provocare disturbi anche gravi, causando molti morti, ma che politicamente non hanno nessuna presa: Teheran ha comunque il polso della situazione, e queste azioni permettono e giustificano la linea dura di Teheran nelle province meno tranquille.(ap)







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