2010-12-13 11:08:24

Il volto femminile delle migrazioni”: sfide e segni di speranza


Dall’Elenco Finale delle Proposizioni del Sinodo dei Vescovi per l'Africa (23 ottobre 2009):

Le donne in Africa offrono un grande contributo alla famiglia, alla società e alla Chiesa con i loro molti talenti e capacità. Tuttavia non solo la loro dignità e apporto non vengono pienamente riconosciuti e apprezzati, ma i loro stessi diritti sono spesso negati. Nonostante il grande progresso fatto nell’educazione e nella promozione delle donne in alcune nazioni dell’Africa, la formazione delle giovani e delle donne è spesso sproporzionata rispetto a quella dei giovani e degli uomini; ragazze e donne generalmente sono trattate ingiustamente.
I Padri sinodali condannano tutti gli atti di violenza contro le donne... i maltrattamenti alle mogli, la privazione dell’eredità alle figlie, l’oppressione delle vedove in nome della tradizione, i matrimoni forzati, la mutilazione genitale alle donne, il traffico delle donne e tanti altri abusi come la schiavitù sessuale ed il turismo sessuale. Sono ugualmente condannati tutti gli altri atti disumani ed ingiusti contro le donne.

Un tempo prerogativa degli uomini, la diaspora africana, sia essa forzata o volontaria, sta diventando un fenomeno prevalentemente “al femminile”. Colf, badanti, operaie, impiegate in posti di basso livello e in ambito domestico nella maggior parte dei casi; insegnanti, infermiere, cooperanti nelle situazioni più fortunate.

Se “lo spostamento di persone” in generale è accompagnato da non poche difficoltà, specialmente dal punto di vista delle relazioni affettive e sociali, nel caso delle donne alcune problematiche si sommano a situazioni già di per sé delicate. Come noto, le donne immigrate vivono un doppio livello di esclusione sociale (in quanto straniere e perché donne) e subiscono frequenti violazioni dei propri diritti fondamentali, il che le rende certamente più vulnerabili degli uomini.
Anche durante “i viaggi della speranza”, ovvero prima di arrivare nel Paese di accoglienza, sono esposte a pericoli di varia natura. Si conta che oltre quattro milioni di donne nel mondo finiscono preda dei circuiti di sfruttamento sessuale, e non a caso la tratta delle donne finalizzata alla prostituzione rappresenta la terza attività illecita più remunerativa al mondo, dopo il commercio di armi e droga.
Inoltre, non va dimenticato lo spazio privilegiato che nella vita di una donna ricopre la dimensione familiare e la crescita dei figli, senz’altro compromessa dalla partenza di uno o entrambi i genitori.

Da qui, la necessità di riflettere su questa triste realtà, impegnandosi nella ricerca di risposte etiche alle sfide che la migrazione femminile pone. Proprio in questa prospettiva si inserisce il Convegno da poco organizzato a Saly, in Senegal, dalla Caritas Internationalis: “Il volto femminile delle donne”.
Dalla Chiesa è venuto un invito affinché i governi assumano politiche di tutela dei diritti delle donne straniere – in molti Stati assenti o solo sulla carta - e strategie mirate alla valorizzazione del contributo specifico che dalle migranti può venire, diverso e distinto dall’apporto della diaspora maschile. In linea con il protagonismo delle comunità africane in diaspora nello sviluppo del continente, ancora poco riconosciuto ma crescente, sempre più le donne migranti fanno sentire la propria voce in ambito decisionale e amministrativo, nella cooperazione intellettuale come nella promozione della pace e dell’integrazione culturale.
Molte donne ricoprono oggi ruoli decisionali anche nei Paesi di accoglienza, ad esempio in ambiente associativo e nella piccola imprenditoria, e aiutano spesso le compatriote rimaste a casa a conquistare maggiori spazi di autonomia. In certi casi, ancora pochi, donne di origine straniera riescono a distinguono poi in contesti pubblici, portando alla vita politico-sociale importanti contributi provenienti dalla propria cultura d’origine.

Per riprendere un paragone usato da mons. Vegliò che ben esprime l’essenza e il valore della migrazione femminile, “Come Maria è madre della Chiesa, le donne in diaspora sono madri di tutta la famiglia dei migranti, guide sul cammino del progresso umano”. L’insufficiente possibilità concreta di partecipazione sociale, politica e culturale che la società civile garantisce oggi alla donna – ha concluso mons. Vegliò – si ripercuote anche sulle nostre comunità cristiane, chiamate perciò a valorizzare prima di tutto i valori di riferimento, il vissuto quotidiano e la cultura della donna immigrata.







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