Sport senza frontiere 2010: iniziativa a Roma per l’integrazione dei ragazzi più disagiati
Sport senza frontiere 2010 è il titolo dell’iniziativa in favore dei ragazzi promossa
dall’associazione Athlion Roma Pentathlon Moderno per promuovere l’integrazione sociale
e il diritto allo sport. L’evento patrocinato dall’Unicef e dal Comune di Roma conta
tra i suoi partner anche la Comunità di Sant’Egidio. Giornata clou per il progetto
giunto alla sua seconda edizione sarà quella di domenica pomeriggio: presso le Officine
Farneto di Roma andranno all’asta bellissime fotografie della Reuters e dell’agenzia
Contrasto i cui proventi finanzieranno le attività sportive di molti ragazzi e ragazze
in situazione di disagio sociale. Stefano Leszczynski ha intervistato Alessandro
Tappa, responsabile del progetto Sport Senza Frontiere:
R. – Consentire
a bambini con difficoltà economiche o con disagio sociale di poter praticare sport
in maniera organizzata, soprattutto con istruttori qualificati, iscriversi insomma
ad un corso sportivo è una cosa importante. A distanza di un anno abbiamo avuto risultati
veramente eccellenti, in quanto siamo riusciti ad avviare allo sport otto bambini
che dalla scorsa primavera stanno frequentando regolarmente i corsi; e 15 ragazze
nigeriane richiedenti asilo politico, hanno fatto attività di rugby femminile con
l'Arvalia Villa Pamphili e Liberi Nantes, altre due associazioni sportive che
avevamo coinvolto e che avevano aderito al progetto “Sport senza frontiere”.
D.
– Cosa significa lo sport per ragazzi, per giovani che vivono una situazione di disagio
sociale o di sfavore sociale?
R. – Significa tantissimo, perché lo sport
ha, intanto, dalla sua il coinvolgimento emotivo: arriva in profondità nel bambino,
nell’adolescente ma anche del ragazzo e dell’adulto, perché comunque tocca una serie
di corde che lo coinvolgono nel corpo e nello spirito, come si dice. E poi, soprattutto,
offre un modo di praticare concretamente l’integrazione perché il grande vantaggio
dello sport è questo: quando si è su un campo di atletica, su un campo di calcio,
su qualsiasi pista, si è tutti perfettamente uguali e perciò l’integrazione diventa
automatica. assicura molta dignità!
D. – Spesso, quando si pensa ai
Paesi più sfortunati, ai Paesi più poveri e si parla di sport e giovani, si pensa
ai “cacciatori di teste”, che vanno in quei Paesi per trovare magari il campione da
esportare. Non si riesce, invece, ad immaginare iniziative di carattere sociale, internazionale
che magari portino lo sport nei Paesi più disagiati. Questo, secondo lei, è possibile?
Potrebbe essere una formula valida per aiutare determinate società?
R.
– Sarebbe straordinario! Per lo più, si parla di sport e a volte della ricerca del
campione, e invece, nonostante tutta una serie di iniziative legata agli aiuti umanitari
– ci sono tantissime iniziative di tutti i tipi – riguardo allo sport si fa molto
molto poco. Invece, lo sport sarebbe uno strumento straordinario! (gf)