Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
In questa terza Domenica di Avvento la liturgia ci presenta il passo del Vangelo in
cui Giovanni Battista, rinchiuso in carcere, invia dei discepoli da Gesù per chiedergli
se sia lui il Messia. Gesù risponde:
«Andate e riferite a Giovanni ciò
che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi
sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo.
E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
Su questo brano
del Vangelo, ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente
di Teologia spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
Interessante
e sorprendente la perplessità che manifesta Giovanni Battista di fronte al modo di
agire di Gesù: sarà stato il buio della prigione, sarà stata l’impressione che lo
stile di Gesù era totalmente diverso dal suo, è certo che il Battista ha pensato di
essersi sbagliato. Un impegno totale, una sfida a tutto il sistema religioso, una
audacia che rischiava l’insulto: e ora forse la paura di aver preso un abbaglio colossale,
di aver fallito missione. Perché Gesù non era un’asceta rude, non viveva isolato,
stava volentieri con la gente, avvicinava gli sfortunati della vita, e non i capi
religiosi. Il messaggio che Gesù manda al Battista, da una parte illustra la differenza
di metodo: ognuno ha un suo modo di portare luce e verità, vuole far capire Gesù.
Ma non per questo Giovanni ha fallito: la sua statura morale e religiosa è grande,
la sua missione è autentica, il suo metodo efficace, ribadisce Gesù. Egli è il messaggero
previsto da Malachia, è la incarnazione del grande profeta Elia. Non deve perciò temere
di aver sbagliato, solo deve accettare che l’Atteso abbia altro stile, abbia più misericordia
che invettiva, non accusa ma accoglienza. Anche Giovanni doveva andargli incontro,
accoglierlo con stupore.