Congresso internazionale a Roma sui circensi e fieranti: la Chiesa al servizio di
un mondo dimenticato
"Circhi e Luna Park ‘Cattedrali di fede e tradizione, segni di speranza in un mondo
globalizzato’" è il tema scelto per l’VIII Congresso Internazionale della Pastorale
dei circensi e dei fieranti, che si terrà a Roma da domani fino al 16 dicembre. Organizzato
dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, l’incontro
vuole dare nuovo impulso alla missione degli operatori pastorali della "grande famiglia
dello spettacolo viaggiante", composta da circensi, fieranti e lunaparchisti. All'evento
parteciperanno circa 70 persone tra vescovi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici.
Presenti imprenditori e lavoratori del settore con alcuni artisti. Ma in che senso
Circhi e Luna Park sono in una visione pastorale ‘segni di speranza’ nell’era della
globalizzazione? Fabio Colagrande lo ha chiesto all’arcivescovo Antonio
Maria Vegliò, presidente del dicastero organizzatore:
R. - In questo
mondo globalizzato, i Circhi e i Luna Park rappresentano occasioni di sana evasione,
opportunità per dare valore al tempo libero, allo svago e al divertimento. La loro
presenza nelle nostre città ci dà l'opportunità di gustare la bellezza di giochi,
esibizioni ed esercizi atletici in un'atmosfera di festa che si fa contagiosa e può
abbattere le barriere che ci separano dal nostro prossimo. Si stima che soltanto nell’Unione
Europea ci siano tra 600 e 1000 circhi, mentre nel mondo intero milioni di persone
lavorano nello spettacolo viaggiante e nei parchi di divertimento, stagionali e fissi.
Il meraviglioso dei Circhi e Luna Park libera energie positive e predispone alla cordialità
e alla generosità di cui tutti siamo portatori. Circhi e Luna Park costituiscono quindi
dei segni di speranza per un mondo più armonico, caratterizzato da rispetto e comprensione.
Da un punto di vista cristiano, poi, i continui spostamenti dello spettacolo viaggiante
ci rammentano che tutti siamo pellegrini in questo mondo e la nostra meta finale è
la gioia piena che si realizza in Dio.
D. - Quali sono oggi le sfide
maggiori nella pastorale dello spettacolo viaggiante?
R. - Un problema
che ci preoccupa è certamente il numero limitato degli operatori pastorali per questo
specifico ministero. Ciò richiede un'opera di sensibilizzazione delle Chiese locali.
Infatti, il modo di vivere itinerante di circensi e fieranti, caratterizzato da frequenti
spostamenti da una città all'altra, non favorisce l'ordinaria appartenenza a una comunità
parrocchiale. Eppure è necessario sostenerli nella fede, offrir loro un'assistenza
fatta di dialogo, ascolto, accompagnamento nelle tante difficoltà che incontrano.
Fra i problemi maggiori che si ripercuotono su questa categoria di persone, c'è la
crisi economica mondiale che ha portato un calo di spettatori e un aumento dei costi
delle attrezzature. Ciò genera insicurezza, crisi d'identità e forti timori per i
piccoli circhi, a conduzione familiare. Altro sforzo da affrontare è quello di assicurare
la continuità della scolarizzazione per i loro figli. Al riguardo è incoraggiante
l'iniziativa presa dall'Unione Europea che ha messo in atto una serie di progetti
che utilizzano nuove tecnologie, come Internet, per sostenere l'istruzione e la formazione
professionale e, anche, per aiutare gli insegnanti nella gestione degli alunni a distanza.
D.
- Quali frutti vi attendete dunque da questo VIII Congresso internazionale?
R.
- Innanzitutto, c'è da dire che si tratta di una pastorale assai particolare per un
mondo al quale, a parte la Chiesa, ben pochi sono sensibili. In questo Congresso,
attraverso lo scambio delle esperienze desideriamo trovare insieme nuovi modi e forme
di trasmissione della fede nell'ambito dello spettacolo viaggiante. Vorremmo, inoltre,
conoscere meglio le loro aspettative, perché possano sentirsi a loro agio nella Chiesa,
in quanto comunità di persone in cammino, unite dalla stessa fede e animate dalla
speranza. È necessario anche che i circensi e i fieranti diventino essi stessi protagonisti
della pastorale nel loro ambiente e che le loro famiglie siano spazio privilegiato
per l'evangelizzazione e la trasmissione della fede. Tra gli argomenti affrontati
nel mio discorso di apertura, c'è pure il tema della parrocchia, che vorremmo fosse
più sensibile e accogliente nei confronti di queste persone.