2010-12-11 15:06:50

Accordo al vertice sul clima di Cancún, ma senza impegni precisi


La sedicesima conferenza Onu sul clima si è conclusa oggi a Cancún, in Messico, con l’approvazione di un fondo di aiuti per i Paesi in via di sviluppo e con l’adozione di un pacchetto di misure per contenere l’emissione di gas serra nel mondo dopo la scadenza del protocollo di Kyoto nel 2012. Tuttavia non sono stati definiti impegni precisi, per i quali si rimanda al prossimo vertice in programma l’anno prossimo in Sudafrica. Proprio su questo rinvio Eugenio Bonanata ha intervistato Sergio Marelli, presidente di Focsiv, volontari nel mondo:RealAudioMP3

R. – Il rinvio al 2011 a Durban, in Sudafrica, è stata la via d’uscita quando, nei giorni scorsi, il negoziato sembrava oramai essere arrivato ad uno stallo irrecuperabile. Il fatto di avere trovato un accordo per rivedere alcune attuazioni, alcune scelte concrete solo tra un anno, è stato un po’ un chiaro indicatore di come Cancún non sia stata all’altezza delle aspettative. I prossimi mesi saranno quindi determinanti per preparare una Conferenza del Sudafrica, a fine 2011, che si spera possa essere definitivamente chiara sugli impegni da prendere, sulle mosse da fare, sui meccanismi da seguire per fermare questo problema che attanaglia il nostro pianeta.

D. – Uno scenario già visto, si potrebbe dire? Pensiamo a Copenaghen …

R. – Sicuramente, un po’ come Copenaghen, anche se – bisogna dirlo – qualche passo in avanti è stato sicuramente fatto. Innanzitutto, un passo positivo è l’attenzione ai Paesi in via di sviluppo con la considerazione della necessità di un loro “adattamento”: questo è un termine tecnico che indica a tutti che, senza lo stanziamento delle risorse adeguate questi Paesi, queste economie povere non possono adeguare i loro meccanismi di produzione e le loro economie a standard eco-compatibili. Anche perché senza l’intervento dei Paesi del Sud del mondo non si potrà affrontare efficacemente la questione dei cambiamenti climatici.

D. – In particolare, a Cancún sono stati stanziati 30 miliardi subito e 100 miliardi di dollari all’anno fino al 2020, proprio per aiutare i Paesi in via di sviluppo a sostenere gli impegni sul fronte climatico …

R. – Sì: questa è stata la richiesta del “panel” di alto livello che ha voluto il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che da Cancún ha chiaramente detto che questi sono impegni importanti, sono una sfida ardua – ha usato proprio queste parole. Però ha anche sottolineato, immediatamente, che la crisi economica non può e non deve essere una giustificazione nel caso in cui gli Stati dovessero fare un passo indietro dopo questi impegni assunti.

D. – Come valutare la posizione della Bolivia che sul fronte del post-Kyoto, insieme ad altri Paesi sudamericani, ha espresso perplessità su un documento finale che – ha detto – “fissa solo impegni in bianco per i Paesi sviluppati”?

R. – Bolivia ed Ecuador sono da tempo, ormai, i portabandiera della campagna “ambientalista” del Sudamerica. Sono due Paesi che fanno presente come gli impegni del post-Kyoto debbano essere più stringenti di quanto non definito fino ad ora. E questa sarà la grande questione sul tavolo del prossimi 12 mesi, in preparazione dell'appuntamento a Durban, in Sudafrica.

D. – Un’ultimissima battuta: non è cambiato l’atteggiamento degli Stati Uniti?

R. – Non è cambiato. A Copenaghen era sembrato che l’amministrazione Obama potesse imprimere una svolta sulle questioni climatiche; probabilmente, le elezioni di mezzo termine, con la ripresa al Senato del potere da parte dei repubblicani, ha fatto sì che il capo negoziatore statunitense, Todd Sturn, abbia irrigidito ancor più le sue posizioni. Gli Stati Uniti d’America restano un problema, a più forte ragione oggi, quando la Cina sembrerebbe disposta a qualche apertura in più riguardo alla posizione assunta lo scorso anno a Copenaghen. (gf)







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