2010-12-10 15:10:56

Smentita la liberazione di Sakineh: delusione nella comunità internazionale


Sakineh non è stata rilasciata. La donna iraniana, condannata nel 2006 alla lapidazione per adulterio, con sentenza poi sospesa ed ora in attesa di giudizio in un processo per l'uccisione del marito, sarebbe stata condotta nella sua casa, davanti alle telecamere, per un documentario commissionato dalle autorità di Teheran alla tv di Stato. Ieri sera si era invece diffusa la notizia del suo rilascio, assieme a quello del figlio Sajjad, anch'egli agli arresti. Ce ne parla il giornalista iraniano, Ahmad Rafat, già segretario della Stampa estera in Italia, intervistato da Giada Aquilino:RealAudioMP3

R. – A quanto mi risulta, avendo parlato anche con alcuni avvocati in Iran, Sakineh è stata portata fuori dal carcere insieme al figlio, per la realizzazione di una ricostruzione televisiva, che dovrebbe andare in onda stasera sul canale in lingua inglese della Repubblica islamica, Press Tv. Ciò sarebbe stato fatto affinché lei - come nei precedenti due casi in cui l’hanno portata davanti alle telecamere - si autoaccusi di tutti i reati per i quali è incriminata e perché denunci chi conduce una campagna, dentro e fuori il Paese, contro la lapidazione.

D. – Dalle immagini diffuse, quali sono le condizioni della donna?

R. – Dalle immagini diffuse - alcune fotografie e alcuni video che annunciano questo programma - si troverebbe apparentemente in buono stato.

D. – Perché verrebbe trasmesso il documentario su Sakineh?

R. – Perché nel gioco psicologico tra Iran e Paesi occidentali, Teheran vorrebbe dimostrare che l’Occidente lo accusa di cose non vere e che monta delle campagne umanitarie che non dovrebbero esserci, perché il caso non esiste. Questo programma credo sia dovuto ai risultati - o ai non risultati - della conferenza di lunedì e martedì scorsi a Ginevra sulla questione nucleare.

D. – La mobilitazione internazionale, i colloqui di Teheran con i negoziatori del 5+1 … esattamente cosa sta influendo sulla vicenda di Sakineh?

R. – La campagna internazionale ha ottenuto un primo risultato: che almeno per il momento la lapidazione sia stata rimandata e sia stata aperta una discussione all’interno della leadership iraniana, cioè se questi tipi di punizione – la lapidazione – giovino al Paese oppure possano mettere a rischio la sua posizione internazionale e se pertanto sarebbe meglio evitarli.

D. – Il figlio di Sakineh si è battuto strenuamente per la libertà della madre, tanto da finire in carcere con l’avvocato; e la famiglia del marito ucciso ha già perdonato Sakineh. E’ una vicenda che è diventata ingombrante per l’Iran?

R. – Sakineh rischiava una pena di morte "normale" e per impiccagione e lapidazione, per due reati diversi. La pena di morte per impiccagione sarebbe avvenuta per l’uccisione del marito, un reato per il quale adesso Sakineh è stata condannata a 15 anni di carcere, visto che la famiglia del marito l’ha perdonata. Invece, la lapidazione è una condanna che nessuno può condonare, perché è dovuta al fatto che Sakineh abbia avuto rapporti al di fuori del matrimonio.

D. – Cosa c’è da aspettarsi nelle prossime ore allora?

R. – Io credo che per il momento – voglio essere ottimista – Sakineh servirà come strumento di lotta psicologica dell’Iran contro l’Occidente, pertanto riuscirà a sopravvivere e la sentenza di lapidazione nei suoi confronti verrà sospesa. (ap)







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