2010-12-10 15:59:52

Rapporto Ifad: un miliardo di poveri nel mondo rurale


E’ stato presentato martedì il Rapporto sulla Povertà Rurale 2011 dell’Ifad, il Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo. In un momento in cui i poveri delle aree rurali dei Paesi in via di sviluppo si trovano ad affrontare rischi sempre maggiori – legati all’insufficienza delle risorse naturali, al cambiamento climatico e all’instabilità dei prezzi dei generi alimentari – il Rapporto offre un’ampia panoramica sulle conseguenze globali della povertà rurale e indica nuove opportunità di crescita e di sviluppo rurale. In esso sono evidenziati, in particolare, le sfide e i rischi che i piccoli agricoltori, gli imprenditori e i lavoratori rurali si trovano ad affrontare. Sottolineata anche la necessità di aumentare del 70 per cento la produzione mondiale di alimenti entro il 2050 per poter nutrire una popolazione stimata di 9 miliardi di persone. Ma quali sono i dati più significativi che emergono dal Rapporto? Lucas Duran lo ha chiesto ad Annina Lubbock, responsabile Ifad per la Pari opportunità e l’inclusione sociale:RealAudioMP3

R. - Il dato fondamentale è quello di un miliardo e 400 milioni di persone che nel mondo vivono al di sotto della soglia - internazionalmente definita - della povertà, che corrisponde ad un dollaro e 25 centesimi al giorno. Di questo miliardo e 400 milioni di persone, un miliardo vive nelle zone rurali. La povertà è, a tutt’oggi, un fenomeno ancora prevalentemente rurale: il 55 per cento dei poveri vive nelle zone rurali. Questa è una situazione che comincerà a cambiare soltanto intorno al 2020, quando la popolazione urbana sarà maggiore rispetto alla popolazione rurale, ma ad oggi la situazione è questa. Ci sono certo delle differenze, anche sostanziali, nelle diverse regioni del mondo: nel sud-est asiatico, ad esempio, c’è stata una riduzione rapida del numero dei poveri. Nell’Asia meridionale, il 45 per cento della popolazione vive ancora sotto il livello di povertà, ma c’è una tendenza rapida di cambiamento, anche se però aumentano delle divaricazioni sociali; c’è, invece, l’Africa sub-sahariana in cui il 60 per cento della popolazione vive ancora sotto la soglia di povertà e dove, soltanto ora, cominciano ad esserci dei cambiamenti.

D. - I dati parlano di un aumento della povertà rurale: quali sono le cause?

R. - Negli anni recenti si sono introdotti fattori nuovi. Da quando c’è stata la crisi dei prezzi nel 2008 - ad esempio - i prezzi si sono anche abbassati ma rimangono estremamente variabili: c’è una tale volatilità del mercato che mette in difficoltà sia i consumatori, sia chi vende i prodotti. C’è poi la globalizzazione e quindi anche opportunità di impiego che si creano: si aprono fabbriche in un Paese creando impiego, poi vengono poi chiuse e riaperte in un altro Paese ... Ci sono dinamiche diverse. C’è poi la questione del cambiamento climatico: sono tutti rischi nuovi!

D. - Rispetto a questi dati preoccupanti sulla povertà rurale nel mondo, perché è importante che ci si mobiliti anche in Paesi cosiddetti ricchi ?

R. - E’ una questione di semplice giustizia sociale, anche perché non si riuscirà a produrre il cibo di cui l’umanità avrà bisogno, se la piccola agricoltura contadina non diventa più produttiva e sostenibile. Ma questa agricoltura ha anche un ruolo fondamentale in relazione al cambiamento climatico, in termini di mitigazione dell’impatto dei cambiamenti climatici. Importante è, per esempio, tutto il discorso della conservazione della biodiversità, che è fondamentale per noi. Bisogna però pensare a questo sviluppo delle zone rurali in modo intelligente, tenendo conto anche delle profonde diversità che ci sono in queste zone rurali: bisogna pensare che donne e uomini hanno esigenze diverse, che i giovani hanno esigenze diverse, che ci sono minoranze etniche e gruppi indigeni che vivono anche in modo diverso. Bisogna allora operare con impegno, ma anche con intelligenza e conoscenza. (mg)







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