2010-12-09 15:29:36

L'Onu: Israele rispetti gli obblighi sulle colonie


Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, deplora il fatto che Israele “non tenga conto degli appelli congiunti della comunità internazionale” per un congelamento degli insediamenti nel Territori palestinesi. Secondo quanto riferisce il suo portavoce, il numero uno del Palazzo di vetro chiede nuovamente a Israele di “rispettare gli obblighi delineati nella Road Map (del Quartetto per il Medio Oriente) sul congelamento delle attività di colonizzazione nei territori palestinesi occupati, Gerusalemme est compresa”. Intanto, prosegue l’impegno Usa per i negoziati: il primo ministro dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), Salam Fayyad, è partito oggi da Ramallah alla volta di Washington assieme al negoziatore capo palestinese, Saeb Erekat, per colloqui col segretario di Stato Usa, Hillary Clinton. Il confronto verterà sulla situazione creatasi dopo la rinuncia degli Usa ai tentativi di convincere Israele ad accettare una nuova moratoria degli insediamenti ebraici nei Territori occupati. Sempre oggi, il presidente palestinese, Abu Mazen, ha ribadito che la questione degli insediamenti è essenziale. Di quello che appare come un grave ostacolo ai negoziati di pace, Giancarlo La Vella ha parlato con Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente:RealAudioMP3

R. – Direi che, in realtà, i negoziati non sono mai ripresi, per cui alla fine sono durati meno di tre settimane. E’ probabile che, comunque, dietro le quinte proseguano quei colloqui indiretti che Washington porta avanti ormai da parecchio tempo e che vogliono provare a creare almeno un clima adatto alla gestione del conflitto per vedere se esistono spiragli per una trattativa. Ma l’esito di questi due mesi di stallo dimostra in maniera chiara che, in questo momento, non ci sono gli spazi per andare molto avanti in un accordo di pace.

D. – Un’alternativa ai negoziati diretti non potrebbe essere una presenza molto più forte internazionale a livello di una mediazione che prenda in mano più decisamente la situazione?

R. – Credo che oggi lo scenario sia soprattutto un altro: nella scorsa settimana il Brasile e l’Argentina sono stati i primi Paesi a riconoscere ufficialmente lo Stato palestinese con un’iniziativa unilaterale e l’Uruguay farà la stessa cosa nell’arco di qualche mese. C’è una forte pressione da parte di nuovi soggetti che si muovono nel campo della politica internazionale, cercando nuovi spazi di protagonismo, che vogliono dare forza a questa proclamazione unilaterale dello Stato palestinese da parte delle autorità di Ramallah e, in particolare, del premier Salem Sayyad. Credo che questo oggi sia lo scenario con cui avremo a che fare. Se nemmeno questo negoziato riuscirà ad andare avanti, effettivamente sul terreno si vedranno poche alternative. Io credo che se non ci sarà da parte dell’amministrazione americana un successo in extremis, che porti in qualche modo a riaprire uno spiraglio al negoziato, questo sarà davvero il nuovo scenario politico con cui il Medio Oriente si troverà a confrontarsi. (ap)







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