L'Onu: Israele rispetti gli obblighi sulle colonie
Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, deplora il fatto che Israele “non tenga
conto degli appelli congiunti della comunità internazionale” per un congelamento degli
insediamenti nel Territori palestinesi. Secondo quanto riferisce il suo portavoce,
il numero uno del Palazzo di vetro chiede nuovamente a Israele di “rispettare gli
obblighi delineati nella Road Map (del Quartetto per il Medio Oriente) sul congelamento
delle attività di colonizzazione nei territori palestinesi occupati, Gerusalemme est
compresa”. Intanto, prosegue l’impegno Usa per i negoziati: il primo ministro dell'Autorità
nazionale palestinese (Anp), Salam Fayyad, è partito oggi da Ramallah alla volta di
Washington assieme al negoziatore capo palestinese, Saeb Erekat, per colloqui col
segretario di Stato Usa, Hillary Clinton. Il confronto verterà sulla situazione creatasi
dopo la rinuncia degli Usa ai tentativi di convincere Israele ad accettare una nuova
moratoria degli insediamenti ebraici nei Territori occupati. Sempre oggi, il presidente
palestinese, Abu Mazen, ha ribadito che la questione degli insediamenti è essenziale.
Di quello che appare come un grave ostacolo ai negoziati di pace, Giancarlo La Vella
ha parlato con Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente:
R. – Direi
che, in realtà, i negoziati non sono mai ripresi, per cui alla fine sono durati meno
di tre settimane. E’ probabile che, comunque, dietro le quinte proseguano quei colloqui
indiretti che Washington porta avanti ormai da parecchio tempo e che vogliono provare
a creare almeno un clima adatto alla gestione del conflitto per vedere se esistono
spiragli per una trattativa. Ma l’esito di questi due mesi di stallo dimostra in maniera
chiara che, in questo momento, non ci sono gli spazi per andare molto avanti in un
accordo di pace.
D. – Un’alternativa ai negoziati diretti non potrebbe
essere una presenza molto più forte internazionale a livello di una mediazione che
prenda in mano più decisamente la situazione?
R. – Credo che oggi lo
scenario sia soprattutto un altro: nella scorsa settimana il Brasile e l’Argentina
sono stati i primi Paesi a riconoscere ufficialmente lo Stato palestinese con un’iniziativa
unilaterale e l’Uruguay farà la stessa cosa nell’arco di qualche mese. C’è una forte
pressione da parte di nuovi soggetti che si muovono nel campo della politica internazionale,
cercando nuovi spazi di protagonismo, che vogliono dare forza a questa proclamazione
unilaterale dello Stato palestinese da parte delle autorità di Ramallah e, in particolare,
del premier Salem Sayyad. Credo che questo oggi sia lo scenario con cui avremo a che
fare. Se nemmeno questo negoziato riuscirà ad andare avanti, effettivamente sul terreno
si vedranno poche alternative. Io credo che se non ci sarà da parte dell’amministrazione
americana un successo in extremis, che porti in qualche modo a riaprire uno spiraglio
al negoziato, questo sarà davvero il nuovo scenario politico con cui il Medio Oriente
si troverà a confrontarsi. (ap)