Dramma degli ostaggi africani nel Sinai. Don Zerai: sale la paura
“I carcerieri mostrano un certo nervosismo, hanno ripreso a picchiare i profughi e
a chiedere altri soldi, dopo che domenica scorsa diverse famiglie avevano versato
500 dollari per scongiurare pericoli per i congiunti sotto sequestro. Ora, alle iniziali
richieste economiche, se ne sono aggiunte delle altre”. A fare il punto all'agenzia
Sir del caso dei 250 africani (74 eritrei) detenuti in catene nel Sinai da trafficanti
di uomini è don Mussie Zerai, presidente dell’agenzia Habeshia per la cooperazione
allo sviluppo (Ahcs), che da giorni tiene i contatti con gli ostaggi. L’ultimo colloquio
risale a ieri sera, mentre si diffondono notizie circa l’individuazione del nascondiglio
dei trafficanti. Secondo il sacerdote “questo nervosismo palesato dai rapitori potrebbe
essere dovuto anche ad una trattativa in corso fra i servizi di sicurezza egiziani
e i capi tribù della zona del Sinai dove sarebbero tenuti in ostaggio gli immigrati
ormai da circa un mese. Di questo negoziato non abbiamo nessuna notizia ufficiale
e la stessa Farnesina, da me sentita l’altro ieri, - ha detto il sacerdote - mi ha
riferito che sono in attesa di comunicazioni dall’autorità egiziane. Speriamo che
questo negoziato sia vero e che porti ad una veloce soluzione della vicenda. Il forte
timore, ripeto, è che gli ostaggi vengano trasferiti in altri luoghi di detenzione”.
“Nutriamo la speranza che si possa arrivare alla liberazione degli ostaggi – aggiunge
don Zerai – ma è urgente pensare ad un piano di accoglienza e di protezione per queste
persone una volta libere, magari con lo status di rifugiati. Non voglio polemizzare
ma ricordo che tra i 250 ostaggi ce ne sono 80 provenienti dalla Libia, che sono stati
respinti nel Mediterraneo tra il 2009 e 2010. L’ultimo respingimento di 22 eritrei
risale al 6 giugno scorso. Qualcuno di questi 22 adesso - conclude - è ostaggio nel
Sinai”. (R.P.)