Il cardinale Tettamanzi alla città di Milano: immigrato non è uguale a delinquente
Si riconoscano i “diritti che hanno maturato con il loro lavoro”, senza discriminarli
genericamente come criminali. E’ uno dei pensieri in favore degli immigrati che ieri
sera, in una Basilica di Sant’Ambrogio gremita di autorità, ha espresso il cardinale
arcivescovo di Milano, Dionigi Tettamanzi. Nel tradizionale Discorso alla città per
la festa di Sant'Ambrogio, il porporato si è riferito agli ultimi tragici fatti di
cronaca italiana per esortare a non lasciar prevalere l’odio razziale nei riguardi
di chi è straniero. Il servizio, da Milano, di Fabio Brenna:
Un invito
ad essere come il seminatore della parabola, che “sparge il suo seme” non solo nel
terreno buono, che a Milano c’è ed è importante, ma che si cura di non escludere nessuno,
per rendere fertili anche gli esclusi e gli emarginati. E’ una sfida rivolta soprattutto
agli amministratori, quella che l’arcivescovo di Milano ha rivolto nel tradizionale
Discorso alla città, in occasione della festa del patrono Sant’Ambrogio. Il cardinale
Tettamanzi tocca tutti i temi a lui cari da sempre: dall’emergenza lavoro a quella
educativa; ripete la centralità della famiglia e la questione dell’immigrazione, con
una propo sta finale di realizzare quattro “cantieri sociali”, che promuovano il bene
che c’è e operino contro l’esclusione sociale. L’invito a seminare anche sulla pietra,
fra i rovi o sulla strada significa innanzitutto non discriminare nessuno, a partire
dai più deboli. Con evidente riferimento alle tragedie di questi giorni, in provincia
di Bergamo come a Lamezia, il cardinale ripete l’invito a non giudicare:
“Prego
inoltre, perché non si sovrapponga genericamente a tutti gli immigrati la categoria
della delinquenza: ogni persona di origine italiana o straniera deve essere sempre
giudicata singolarmente per quella che è, non dimenticando mai che il giudizio più
vero e definitivo è quello di Dio”.
Il terreno buono su cui seminare
c’è anche a Milano, ma bisogna sostenere adeguatamente il lavoro, le famiglie e tutte
quelle realtà impegnate nella difficile sfida educativa. E continuare a seminare per
rendere fertili anche le situazioni che appaiono senza speranza:
“L’uomo
della parabola prende in considerazione tutto il terreno che gli è affidato, tutto
lo ritiene meritevole delle proprie cure: atteggiamento prezioso questo, per dare
fiducia ad ogni realtà, per stimolare le diverse esperienze a dare il meglio di sé;
atteggiamento che ancora oggi interroga chi ha competenza, vocazione e mandato di
rendere migliore ogni tipo di terreno”.(ap)