Dalle pagine del Financial Times il ministro dell’Economia italiano Tremonti e il
collega lussemburghese Jean-Claude Juncker rilanciano oggi la proposta di creare dei
bond europei per far fronte alla crisi e mandare un messaggio forte ai mercati globali.
Per Tremonti e Juncker, il Consiglio europeo dovrebbe procedere già questo mese alla
creazione di un’Agenzia Europea del Debito, EDA, "con il mandato di raggiungere gradualmente"
un'emissione equivalente "al 40% del Pil dell'Unione Europea e di ogni Paese membro".
Una proposta che però sembra non convincere a pieno il ministro delle Finanze tedesco
Schauble. Debora Donnini ha intervistato Giacomo Vaciago, professore di Economia all’Università
cattolica di Milano.
R. – L’euro
è una cosiddetta unione monetaria incompleta, perché nulla prevede di comune sulla
gestione della finanza pubblica. E’ quindi una costruzione che o va avanti o va indietro.
La proposta ragionevole, e non di oggi, di avere emissioni di debito sovrano comune,
va chiaramente nella direzione di progredire sulla strada della graduale unificazione
in senso federale dell’intera Europa, che ha sempre più senso con il passare degli
anni, perché ormai i grandi Paesi del mondo sono Paesi da mezzo miliardo di abitanti.
D.
– Perché questi bond potrebbero essere un modo di rafforzare l’euro e, soprattutto,
far fronte alla crisi?
R. – La crisi dell’euro dell’ultimo anno fa sì
che i mercati guardino ogni Paese e vedano se è divergente o meno rispetto al modello
Germania. Un titolo comune diventa un’ancora forte per l’intera flottiglia dei Paesi
dell’euro, ciascuno dei quali è forte nella misura in cui lo sono gli altri 15.
D.
– L’idea di Tremonti e Juncker sembra non convincere il ministro delle finanze tedesco,
Schauble, che dice che questo richiederebbe cambiamenti fondamentali nei trattati
europei e afferma che per costruire l’integrazione europea non si deve necessariamente
ammortizzare tutto. Perché la Germania non è convinta?
R. – Perché pensano
che in questo momento a loro non convenga: è meglio insegnare virtù, ai Paesi che
sono stati trasgressori, col bastone. Il che, nel breve periodo, è comprensibile,
ma se i politici devono essere lungimiranti, è un peccato che si fermino a quanto
vale oggi. Ha ragione Schauble quando dice che bisogna cambiare i trattati, però cominciare
a lavorare in quella direzione manderebbe un messaggio ai mercati: abbiamo un futuro
davanti.(ap)