Nei cinema italiani "Il responsabile delle risorse umane" del regista israeliano Eran
Riklis
Sugli schermi italiani , da ieri, "Il responsabile delle risorse umane", il film candidato
da Israele ai prossimi Oscar, che il regista israeliano Eran Riklis, già noto e apprezzato
al pubblico per i precedenti "La sposa siriana" e "Il giardino dei limoni", ha tratto
dall'omonimo romanzo di Abraham B. Yehoshua. Una storia profondamente umana in cui
il protagonista, e molti altri personaggi con lui, nel corso di un viaggio inaspettato,
imparano a conoscere la vita e se stessi, a condividere esperienze e dolori, a guardare
il futuro con altra luce. Il servizio di Luca Pellegrini:
(trailer) Il
suo ingegnere è stato vittima di un attentato suicida, al mercato Mahane Yehuda. E'
rimasta in obitorio perché nessuno si è accorto della sua sparizione poi le hanno
trovato in tasca il cedolino della busta paga e ora scaricano tutte le colpe su di
me e sulla vedova e accusano l'azienda di negligenza criminale e mancanza di umanità...
Lui
è il responsabile delle risorse umane di un grosso panificio di Gerusalemme e l'accusa
che grava sulla sua vita e sull'azienda è la mancanza di umanità nei confronti di
una vittima innocente del terrorismo, Yulia, una romena sconosciuta ai più, messa
agli angoli come tanti immigrati, dipendente prima e dimenticata poi, da morta, in
una cella dell'obitorio. Un petulante giornalista scopre il caso e mette sotto torchio
i colpevoli che per pulirsi la coscienza decidono di tributare a Yulia un doveroso
funerale nel suo sperduto paese d'origine. Per il protagonista, accompagnato da personaggi
surreali e in contatto con realtà inaspettate, inizia un viaggio attraverso un mondo
sconosciuto che diventa per lui purificazione e rinnovamento, una nuova fase della
vita, un nuovo rapporto col prossimo. "Avevo la sensazione - confessa il regista Eran
Riklis - che la sua missione consistesse nello scoprire se stesso, un compito molto
vicino a quello del cinema. A poco a poco questa missione gli entra dentro, diventa
per lui qualche cosa di intimo e di emotivo, ma la portata di quell'incarico è anche
nazionale". Insomma, per il bravo e sensibile regista israeliano, che riesce a tenere
perfettamente in equilibrio la tragedia e il sorriso, la realtà e la finzione, mettendo
a confronto uomini e donne dalle culture e fedi diverse, il viaggio del "responsabile
delle risorse umane" seguito, anzi quasi segnato, dalla presenza ingombrante e determinante
della bara di Julia, svela l'animo non soltanto del singolo, ma di una intera società.
L'urgenza è quella di trasformare l'autocommiserazione singola e collettiva in umanità
riconciliata, nel presente e per il futuro, di sciogliere il cinismo che detta regole
e spesso leggi. Un film amaro e dolce insieme, che sente della presenza di una forte
origine letteraria come quella del romanzo di Yehoshua, interpretato da attori che
sanno esprimere tutta la sgradevolezza iniziale e la dolcezza finale, quando si decide
che le spoglie debbano tornare in Terra Santa, a Gerusalemme, la città della sperata
e perduta felicità di Yulia, dove lei ha perso per caso la vita, dove molti desiderano,
di proposito, ricominciarla.