Caos in Costa d'Avorio dopo la vittoria elettorale dell'opposizione: i militari chiudono
le frontiere
La Costa d'Avorio vive ore di tensione. Le frontiere sono state dichiarate chiuse
dai militari, dopo il conflitto istituzionale sorto tra Commissione elettorale e Corte
costituzionale sui risultati del secondo turno delle elezioni presidenziali, svoltosi
domenica scorsa. La Commissione elettorale indipendente ha assegnato la vittoria al
candidato dell'opposizione Alassane Ouattara sul presidente uscente Laurent Gbagbo,
ma ieri sera il Consiglio costituzionale ha dichiarato non validi i risultati provvisori.
Secondo le ultime notizie, sono state sospese anche le trasmissioni delle emittenti
radiofoniche e televisive straniere. Si temono ora violenze simili a quelle che nel
2002-2003 sfociarono in guerra civile. Per una testimonianza sull’attuale situazione
in Costa d’Avorio, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente nel sud del
Paese un padre missionario che per motivi di sicurezza vuole rimanere anonimo:
R. – C’è
confusione tra la gente, soprattutto inquietudine e incertezza. La Commissione elettorale,
che doveva comunicare il risultato entro tre giorni, non è riuscita a farlo in tempo
a causa di alcuni blocchi interni: le è stato impedito di comunicare i risultati e
questo si è visto pubblicamente, è stato trasmesso da tutte le televisioni. La Commissione
elettorale ha comunque continuato il proprio lavoro e finalmente ieri il suo presidente
ha dato il risultato anche se, a quanto si dice, era già passato il periodo dei tre
giorni. Secondo quanto previsto dalla legislazione della Costa d’Avorio, la competenza
di questo risultato è passata al Consiglio costituzionale, che ha invalidato il risultato
perché non sarebbe legale. Ora l’incarico di comunicare il risultato finale sta proprio
al Consiglio costituzionale. Il problema è molto serio e riguarda tutta la popolazione
e tutto il Paese, non il nord o il sud distintamente. La gente è preoccupata: ci si
chiede cosa succederà, se la comunità internazionale ci aiuterà o non ci aiuterà.
Questa è la situazione: c’è molta tensione e molta paura. La gente esce poco di casa
e si lavora pochissimo. Si va al mercato e non si trova più niente.
D.
- Le ultime notizie sono che le frontiere sono chiuse, le trasmissioni delle emittenti
straniere sono sospese …
R. – Lo stato maggiore dell’Esercito ha preso
anche questa misura, cioè di chiudere le frontiere marittime, aeree e terrestri. E
questo soprattutto qui, a sud, perché al nord la vita continua normalmente. Infatti,
il Paese è diviso in due: al nord le frontiere sono aperte e non ci sono problemi;
anche le trasmissioni di Radio France Internationale continuano. Invece al sud è stata
sospesa ogni trasmissione estera, sia a livello televisivo sia radiofonico.
D.
– Il Paese è diviso in due, ha detto. Questo succede dalla guerra civile del 2002-
2003?
R. – Di fatto è così. Fin da prima delle elezioni, in tutti i
discorsi e in tutti gli accordi che sono stati fatti, si è sempre detto che il Paese
è già stato unificato. Ma in realtà, il Paese è diviso in due dal 2002: in quell’anno
ci fu un tentativo di colpo di Stato da parte del gruppo del nord che voleva prendere
tutto il Paese, ma non c’è riuscito. Da allora, il Paese è rimasto diviso in due con
più del 60-70 per cento del territorio in mano ai gruppi del nord, mentre il sud è
in mano al governo. Il nord, quindi, è nelle mani dell’ex-primo ministro Alassane
Ouattara, nelle mani dell’opposizione.
D. – Qual è la
speranza della Chiesa locale?
R. – Come Chiesa dobbiamo essere molto
fermi nella nostra missione: portare la buona notizia di Gesù Cristo che salva l’uomo
dalla schiavitù e ne fa una nuova creatura, una nuova persona. (bf)