L'Europa non sarebbe più Europa senza il matrimonio tra un uomo e una donna: così
il Papa al nuovo ambasciatore ungherese
“L’Europa non sarebbe più Europa” se “il matrimonio come forma di ordinamento basilare
del rapporto tra uomo e donna e, allo stesso tempo, come cellula fondante della comunità
statale … sparisse o venisse sostanzialmente” trasformato: è quanto ha detto oggi
il Papa durante l’udienza al nuovo ambasciatore ungherese presso la Santa Sede in
occasione della presentazione delle Lettere credenziali. “Il matrimonio – ha aggiunto
- ha dato all’Europa il suo particolare aspetto e il suo umanesimo, anche e proprio
perché si è dovuta apprendere e conseguire continuamente la caratteristica di fedeltà
e di rinuncia tracciata da esso … Sappiamo tutti quanto sono a rischio il matrimonio
e la famiglia oggi – da un lato per l’erosione dei loro valori più intimi di stabilità
e indissolubilità, a causa di una crescente liberalizzazione del diritto di divorzio
e dell’abitudine, sempre più diffusa, alla convivenza di uomo e donna senza la forma
giuridica e la protezione del matrimonio, dall’altro lato per diversi generi di unione
che non hanno alcun fondamento nella storia della cultura e del diritto in Europa.
La Chiesa – ha proseguito il Papa - non può approvare iniziative legislative che implichino
una valorizzazione di modelli alternativi della vita di coppia e della famiglia. Essi
contribuiscono all’indebolimento dei principi del diritto naturale e così alla relativizzazione
della legislazione tutta, nonché della consapevolezza dei valori nella società”. Ecco
il testo del discorso del Papa.
Signor Ambasciatore,
con gioia
Le do il benvenuto in questa solenne occasione della consegna delle Lettere Credenziali
che L’accreditano come Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario della Repubblica
d’Ungheria presso la Santa Sede, e La ringrazio per le Sue gentili parole. Sono grato
per i deferenti saluti che mi ha presentato a nome del Signor Presidente Dott. Pál
Schmitt e del Governo, e che ricambio volentieri. Allo stesso tempo vorrei pregarLa
di assicurare i Suoi connazionali del mio sincero affetto e della mia benevolenza.
Dopo la ripresa dei rapporti diplomatici tra la Santa Sede e la Repubblica
d’Ungheria nel 1990, si è potuta sviluppare nuova fiducia per un dialogo attivo e
costruttivo con la Chiesa Cattolica. Nutro al contempo la speranza che le profonde
ferite di quella visione materialistica dell’uomo, che si era stata impadronita dei
cuori e della comunità dei cittadini del Suo Paese per quasi 45 anni, possano continuare
a guarire in un clima di pace, libertà e rispetto della dignità dell’uomo.
La
fede cattolica fa senza dubbio parte dei pilastri fondamentali della storia dell’Ungheria.
Quando, nel lontano anno 1000, il giovane principe ungherese Stefano ricevette la
corona reale inviatagli da Papa Silvestro II, a ciò era unito il mandato di dare alla
fede in Gesù Cristo spazio e patria in quella terra. La pietà personale, il senso
di giustizia e le virtù umane di questo grande re sono un alto punto di riferimento
che funge da stimolo e imperativo, oggi come allora, a quanti è affidato un ruolo
di governo o un’analoga responsabilità. Certamente non ci si aspetta dallo Stato che
venga imposta una determinata religione; esso dovrebbe piuttosto garantire la libertà
di confessare e praticare la fede. Tuttavia, politica e fede cristiana si toccano.
Senz’altro la fede ha la sua specifica natura quale incontro con il Dio vivente che
ci apre nuovi orizzonti al di là dell’ambito proprio della ragione. Ma al contempo
essa è una forza purificatrice per la ragione stessa, permettendole di svolgere in
modo migliore il suo compito e di vedere meglio ciò che le è proprio. Non si tratta
di imporre norme o modi di comportamento a coloro che non condividono la fede. Si
tratta semplicemente della purificazione della ragione, che vuole aiutare a far sì
che ciò che è buono e giusto possa, qui ed ora, essere riconosciuto e poi anche realizzato
(cfr. Enciclica Deus caritas est, 28).
Negli ultimi anni, poco più
di venti, dalla caduta della cortina di ferro, evento nel quale l’Ungheria ha svolto
un ruolo di rilievo, il Suo Paese ha occupato un posto importante nella comunità dei
popoli. Da ormai sei anni l’Ungheria è anche membro dell’Unione Europea. Con ciò apporta
un contributo importante al coro a più voci degli Stati d’Europa. All’inizio del prossimo
anno toccherà all’Ungheria, per la prima volta, assumere la Presidenza del Consiglio
dell’Unione Europea. L’Ungheria è chiamata in modo particolare ad essere mediatrice
tra Oriente e Occidente. Già la Sacra Corona, eredità del re Stefano, nel collegamento
della corona graeca circolare con la corona latina posta ad arco sopra di essa – ambedue
recano il volto di Cristo e sono incoronate dalla croce – mostra come Oriente e Occidente
dovrebbero sostenersi a vicenda e arricchirsi l’un l’altro a partire dal patrimonio
spirituale e culturale e dalla viva professione di fede. Possiamo intendere ciò anche
come un leitmotiv per il Suo Paese.
La Santa Sede prende atto con
interesse degli sforzi delle autorità politiche nell’elaborare un cambiamento della
Costituzione. Si è espressa l’intenzione di voler far riferimento, nel preambolo,
all’eredità del Cristianesimo. È altrettanto auspicabile che la nuova Costituzione
sia ispirata ai valori cristiani, in modo particolare per quanto concerne la posizione
del matrimonio e della famiglia nella società e la protezione della vita.
Il
matrimonio e la famiglia costituiscono un fondamento decisivo per un sano sviluppo
della società civile, dei Paesi e dei popoli. Il matrimonio come forma di ordinamento
basilare del rapporto tra uomo e donna e, allo stesso tempo, come cellula fondante
della comunità statale è venuta plasmandosi anche a partire dalla fede biblica. In
questo modo, il matrimonio ha dato all’Europa il suo particolare aspetto e il suo
umanesimo, anche e proprio perché si è dovuta apprendere e conseguire continuamente
la caratteristica di fedeltà e di rinuncia tracciata da esso. L’Europa non sarebbe
più Europa se tale cellula basilare della costruzione sociale sparisse o venisse sostanzialmente
trasformata. Sappiamo tutti quanto sono a rischio il matrimonio e la famiglia oggi
– da un lato per l’erosione dei loro valori più intimi di stabilità e indissolubilità,
a causa di una crescente liberalizzazione del diritto di divorzio e dell’abitudine,
sempre più diffusa, alla convivenza di uomo e donna senza la forma giuridica e la
protezione del matrimonio, dall’altro lato per diversi generi di unione che non hanno
alcun fondamento nella storia della cultura e del diritto in Europa. La Chiesa non
può approvare iniziative legislative che implichino una valorizzazione di modelli
alternativi della vita di coppia e della famiglia. Essi contribuiscono all’indebolimento
dei principi del diritto naturale e così alla relativizzazione della legislazione
tutta, nonché della consapevolezza dei valori nella società.
“La società
sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli” (Enciclica Caritas
in veritate, 19). La ragione è in grado di garantire l’uguaglianza tra gli uomini
e di stabilire una convivenza civica, ma non riesce, alla fin fine, a fondare la fraternità.
Questa ha origine in una vocazione soprannaturale di Dio, il quale ha creato gli uomini
per amore e ci ha insegnato per mezzo di Gesù Cristo che cosa sia la carità fraterna.
La fraternità è, in un certo senso, l’altro lato della libertà e dell’uguaglianza.
Essa apre l’uomo all’altruismo, al senso civico, all’attenzione verso l’altro. La
persona umana, infatti, trova se stessa solo quando supera la mentalità incentrata
sulle proprie pretese e si proietta nell’atteggiamento del dono gratuito e della solidarietà
autentica, che molto meglio risponde alla sua vocazione comunitaria.
La
Chiesa Cattolica, come le altre comunità religiose, ha un ruolo non insignificante
nella società ungherese. Essa si impegna su larga scala con le sue istituzioni nel
campo dell’educazione scolastica e della cultura, nonché dell’assistenza sociale,
e in tal modo contribuisce alla costruzione morale, davvero utile al Suo Paese. La
Chiesa confida di poter continuare, con l’appoggio dello Stato, a svolgere e intensificare
tale servizio per il bene degli uomini e per lo sviluppo del Suo Paese. La collaborazione
tra Stato e Chiesa Cattolica in questo campo cresca anche in futuro e rechi giovamento
per tutti.
Illustre Signor Ambasciatore, all’inizio del Suo nobile
incarico auguro a Lei una missione colma di successo, e Le assicuro allo stesso tempo
il sostegno e l’appoggio dei miei collaboratori. Maria Santissima, la Magna Domina
Hungarorum, estenda la propria mano protettrice sul Suo Paese. Di cuore imploro per
Lei, Signor Ambasciatore, per la Sua famiglia, per i Suoi collaboratori e collaboratrici
nell’Ambasciata e per tutto il popolo ungherese l’abbondante benedizione divina.