2010-12-01 16:37:23

Giornata mondiale di lotta all'Aids: garantire a tutti l'accesso alle cure


Sono 33,4 milioni, nel mondo, le persone che vivono con l'Hiv, 2,6 milioni i nuovi casi registrati e 1,8 milioni i decessi. Il totale il numero di contagi nel mondo diminuisce, ma l’epicentro resta ancora l’Africa. Essere affetti da questo virus non deve però essere una discriminante, per questo il tema dell’odierna Giornata mondiale di lotta all’Aids è: "Accesso per tutti ai trattamenti e diritti umani". Molti dei contagiati, ci ricorda nel suo messaggio il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, hanno ottenuto l’accesso ai trattamenti Hiv. Si sta bloccando e invertendo la tendenza legata alla diffusione del virus, ma bisogna lavorare per fornire una risposta sostenibile all’Aids, continua Ban Ki-moon. Nel 2006, gli Stati membri dell’Onu si impegnarono a raggiungere entro il 2010 l’obiettivo di un accesso universale alle cure. Una data che dovrà slittare. Lo conferma a Francesca Sabatinelli, Massimo Ghidinelli, dell’Oms, team leader HIV-AIDS per la regione pacifico occidentale:RealAudioMP3

R. - Senza dubbio ci sono stati progressi importantissimi. Pensando, però, agli obiettivi ambiziosi che erano stati riconosciuti - anche con un impegno politico importante - nei vari G8 o nei summit internazionali, si credeva si potesse raggiungere l’accesso universale a questi servizi per la fine del 2010. Temo che nella maggior parte dei Paesi toccati all’epidemia Hiv questo non accadrà. Attualmente l’obiettivo si sta spostando più verso un riallineamento con gli “Obiettivi del Millennio”, che - viceversa - pongono uno spazio temporale fino al 2015.

D. - Dottor Ghidinelli, quali sono i progressi in campo medico raggiunti fino ad oggi?

R - In campo terapeutico, c’è stato un progresso straordinario con un fattore moltiplicativo di quasi dieci volte rispetto al numero di pazienti che erano in terapia antiretrovirale nel 2003-2004. E i numeri sono importanti: abbiamo superato la barra di più di 5 milioni di pazienti in terapia antiretrovirale. Ma questa è una terapia che richiede una certa funzionalità dei sistemi sanitari. Penso che proprio questo sia l’aspetto-chiave per capire perché - nonostante i massicci investimenti - non si riesca a raggiungere questa fatidica barra.

D. - Margaret Chan, direttrice dell’Oms, ha denunciato proprio questo: i farmaci antiretrovirali sono disponibili solo per un terzo dei pazienti…

R. - Provi ad immaginare dei sistemi sanitari poco funzionali, sotto finanziati e particolarmente trascurati: questi sistemi si ritrovano oggi a dover fronteggiare un numero crescente di pazienti. Malgrado gli investimenti massicci, la portata del problema sembra ancora troppo forte per poter permettere un ulteriore progresso. C’è stato un volume di investimento nella ricerca che ha permesso di tradurre, di trasportare, questa tecnologia dai Paesi ricchi in un contesto di risorse limitatissime: questo di per sé è una specie di miracolo! La sostenibilità di questi sforzi dipende molto dalla capacità della Comunità internazionale di mantenere il livello di intensità raggiunto. Il volume attuale raggiunto dalle commesse, dagli impegni e dalle promesse dei vari Paesi donatori non ha raggiunto il livello minimo, che era attorno ai 13-14 miliardi di dollari.

D. - Sempre la direttrice dell’Oms ha lamentato come ancora siano troppo le discriminazioni nei confronti dei malati di Aids. Si è, inoltre, soffermata sul fatto che nel 2009 - ad esempio - soltanto il 53 per cento delle donne in gravidanza colpite dal virus è riuscito ad avere accesso ai trattamenti che proteggono il bebè dal contagio…

R. - Il livello di stigma per associazione all’infezione Hiv rimane molto alto. Questo naturalmente rappresenta uno degli ostacoli principali. Particolarmente grave è il ritardo con cui ci siamo mossi nel campo della prevenzione della trasmissione dalle madri ai bebè, ai figli. Ma è stato fatto un grande progresso: l’infezione di Hiv pediatrica è praticamente scomparsa nei Paesi occidentali, ma ancora genera centinaia di migliaia di nuovi casi nei Paesi del sud del mondo.

D. - Dottor Ghidinelli, quali sono attualmente i Paesi che hanno questo triste record?

R. - Parliamo dell’Africa sub-sahariana e in particolare dell’Africa meridionale e quindi Sudafrica, Zimbabwe, Lesotho e tutta quella gamma di Paesi che gravitano nella regione del Corno Sud dell’Africa. Abbiamo poi focolai importanti di epidemia in altri Paesi, ma con numeri e con tassi assolutamente inferiori rispetto al contesto africano: parlo dell’India, che è il secondo Paese per numero assoluto di pazienti; ma anche Paesi della regione asiatica e dell’Europa orientale. (mg)







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