Giornata mondiale di lotta all'Aids: garantire a tutti l'accesso alle cure
Sono 33,4 milioni, nel mondo, le persone che vivono con l'Hiv, 2,6 milioni i nuovi
casi registrati e 1,8 milioni i decessi. Il totale il numero di contagi nel mondo
diminuisce, ma l’epicentro resta ancora l’Africa. Essere affetti da questo virus non
deve però essere una discriminante, per questo il tema dell’odierna Giornata mondiale
di lotta all’Aids è: "Accesso per tutti ai trattamenti e diritti umani". Molti dei
contagiati, ci ricorda nel suo messaggio il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon,
hanno ottenuto l’accesso ai trattamenti Hiv. Si sta bloccando e invertendo la tendenza
legata alla diffusione del virus, ma bisogna lavorare per fornire una risposta sostenibile
all’Aids, continua Ban Ki-moon. Nel 2006, gli Stati membri dell’Onu si impegnarono
a raggiungere entro il 2010 l’obiettivo di un accesso universale alle cure. Una data
che dovrà slittare. Lo conferma a Francesca Sabatinelli, Massimo Ghidinelli,
dell’Oms, team leader HIV-AIDS per la regione pacifico occidentale:
R. - Senza
dubbio ci sono stati progressi importantissimi. Pensando, però, agli obiettivi ambiziosi
che erano stati riconosciuti - anche con un impegno politico importante - nei vari
G8 o nei summit internazionali, si credeva si potesse raggiungere l’accesso universale
a questi servizi per la fine del 2010. Temo che nella maggior parte dei Paesi toccati
all’epidemia Hiv questo non accadrà. Attualmente l’obiettivo si sta spostando più
verso un riallineamento con gli “Obiettivi del Millennio”, che - viceversa - pongono
uno spazio temporale fino al 2015.
D. - Dottor Ghidinelli, quali sono
i progressi in campo medico raggiunti fino ad oggi?
R - In campo terapeutico,
c’è stato un progresso straordinario con un fattore moltiplicativo di quasi dieci
volte rispetto al numero di pazienti che erano in terapia antiretrovirale nel 2003-2004.
E i numeri sono importanti: abbiamo superato la barra di più di 5 milioni di pazienti
in terapia antiretrovirale. Ma questa è una terapia che richiede una certa funzionalità
dei sistemi sanitari. Penso che proprio questo sia l’aspetto-chiave per capire perché
- nonostante i massicci investimenti - non si riesca a raggiungere questa fatidica
barra.
D. - Margaret Chan, direttrice dell’Oms, ha denunciato proprio
questo: i farmaci antiretrovirali sono disponibili solo per un terzo dei pazienti…
R.
- Provi ad immaginare dei sistemi sanitari poco funzionali, sotto finanziati e particolarmente
trascurati: questi sistemi si ritrovano oggi a dover fronteggiare un numero crescente
di pazienti. Malgrado gli investimenti massicci, la portata del problema sembra ancora
troppo forte per poter permettere un ulteriore progresso. C’è stato un volume di investimento
nella ricerca che ha permesso di tradurre, di trasportare, questa tecnologia dai Paesi
ricchi in un contesto di risorse limitatissime: questo di per sé è una specie di
miracolo! La sostenibilità di questi sforzi dipende molto dalla capacità della Comunità
internazionale di mantenere il livello di intensità raggiunto. Il volume attuale raggiunto
dalle commesse, dagli impegni e dalle promesse dei vari Paesi donatori non ha raggiunto
il livello minimo, che era attorno ai 13-14 miliardi di dollari.
D.
- Sempre la direttrice dell’Oms ha lamentato come ancora siano troppo le discriminazioni
nei confronti dei malati di Aids. Si è, inoltre, soffermata sul fatto che nel 2009
- ad esempio - soltanto il 53 per cento delle donne in gravidanza colpite dal virus
è riuscito ad avere accesso ai trattamenti che proteggono il bebè dal contagio…
R.
- Il livello di stigma per associazione all’infezione Hiv rimane molto alto. Questo
naturalmente rappresenta uno degli ostacoli principali. Particolarmente grave è il
ritardo con cui ci siamo mossi nel campo della prevenzione della trasmissione dalle
madri ai bebè, ai figli. Ma è stato fatto un grande progresso: l’infezione di Hiv
pediatrica è praticamente scomparsa nei Paesi occidentali, ma ancora genera centinaia
di migliaia di nuovi casi nei Paesi del sud del mondo.
D. - Dottor Ghidinelli,
quali sono attualmente i Paesi che hanno questo triste record?
R. -
Parliamo dell’Africa sub-sahariana e in particolare dell’Africa meridionale e quindi
Sudafrica, Zimbabwe, Lesotho e tutta quella gamma di Paesi che gravitano nella regione
del Corno Sud dell’Africa. Abbiamo poi focolai importanti di epidemia in altri Paesi,
ma con numeri e con tassi assolutamente inferiori rispetto al contesto africano: parlo
dell’India, che è il secondo Paese per numero assoluto di pazienti; ma anche Paesi
della regione asiatica e dell’Europa orientale. (mg)