Tempesta Wikileaks. L'Onu agli Usa: Nazioni Unite inviolabili
Imbarazzo a Washington per la pubblicazione, da parte del sito internet Wikileaks,
di migliaia di documenti riservati, che rivelano i giudizi inconfessati della diplomazia
statunitense su molti leader mondiali, e svelano delicati retroscena internazionali.
Tra i più sensibili, quello che riguarda il tentativo di spionaggio, da parte delle
Cia, della leadership delle Nazioni Unite. Immediata la reazione del Palazzo di Vetro
che, in una dichiarazione del portavoce Farhan Haq, ha ricordato agli Usa che le Nazioni
Unite devono essere considerate inviolabili. Il portavoce del governo tedesco, invece,
ha sottolineato che le relazioni tra Washington e Berlino sono "forti e solide e non
sono messe a rischio in nessun modo dalle pubblicazioni" dei documenti di Wikileaks.
Da New York, ci riferisce di Elena Molinari:
Contengono
le comunicazioni riservate dalle ambasciate americane al Dipartimento di Stato e viceversa.
Come, ad esempio, l’ordine dato da Washington ai diplomatici americani di carpire
come spie i segreti e le intenzioni sia del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon
che dei diplomatici stranieri al Palazzo di Vetro. Dalla prima tranche di files spicca
però una forte preoccupazione internazionale per l’Iran e per il suo presidente. E’
emerso ad esempio un piano americano per spingere i sauditi a offrire una costante
fornitura di petrolio alla Cina in modo da liberare Pechino dalla dipendenza energetica
nei confronti dell’Iran. Nei documenti compare anche un piano per togliere l’uranio
arricchito al Pakistan e per formare una Corea riunita facilitando il collasso del
regime del nord. La divulgazione del materiale ha provocato forte imbarazzo per Washington
e per molti dei Paesi interessati, ed è stata condannata dalla Casa Bianca e dal Pentagono
come un atto irresponsabile che mette a rischio la vita dei diplomatici che lavorano
in Paesi dittatoriali e dei loro interlocutori.
Per un commento sull’importanza
strategica dei dati pubblicati da Wikileaks Salvatore Sabatino ha chiesto un
commento a Fernando Fasce, docente di Storia degli Stati Uniti all’Università
di Genova:
R. - C’è
da considerare che, come notavano il “Guardian” ed anche la stessa “Herald Tribune”
questa mattina, sono dati riservati, anche se ci sono almeno tre milioni di americani
che questi dati li conoscono e li gestiscono. Il secondo elemento su cui riflettere
riguarda il fatto che erano state date delle anticipazioni sui contenuti di queste
informazioni e di questi dati. E’ chiaro che si potranno creare degli imbarazzi, però
è altrettanto chiaro che questo fatto ribadisce l’importanza di una politica estera
ispirata all’apertura; si tratta di un fatto importante. Un fatto al quale la democrazia
non può rinunciare.
D. - Dai file pubblicati emerge che gli Stati Uniti
stanno guardando molto all’Asia e poco, invece, all’Europa. Questo conferma che l’asse
strategico di Washington, almeno per quanto riguarda la politica internazionale, si
è spostato verso Oriente…
R. - Sì, non c’è nessun dubbio. Abbiamo visto,
ancora recentemente, la dichiarazione di Obama relativa alla Nato, all’Europa, al
re-insaldamento dei vincoli e delle relazioni con il “vecchio continente”; anche se
sono appena tornato dagli Stati Uniti, dopo un mese di studio, ed ho potuto osservare
direttamente che lo sguardo dell’amministrazione americana in questo momento si rivolge
verso l’Asia. E’ proprio questo l’asse di riferimento: ormai ci sono orientamenti
consolidati di riflessione e di studio sotto questo profilo.
D. - E
quell’Asia vuol dire innanzitutto la Cina, con cui c’è stato un riavvicinamento negli
ultimi periodi. Questi file possono incrinare dei rapporti che, per anni, sono stati
già abbastanza tesi?
R. - Il problema è la sottile dialettica che c’è
nella politica estera fra il segreto e l’ufficialità delle informazioni. Non credo
che il tipo di relazioni che si sono costruite nel tempo, la forte interdipendenza
economica e le dinamiche geopolitiche che ci sono tra Stati Uniti e Cina possano venire
sostanzialmente incrinate da rivelazioni di questo tipo.
E durissima –
come abbiamo sentito – è stata la reazione della Casa Bianca, che ha parlato di “azione
sconsiderata”. Ma quali ricadute concrete può avere per Washington la pubblicazione
di dati così riservati? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Fulvio Scaglione,
vice-direttore di Famiglia Cristiana:
R. - Per
Washington in quanto tale credo che le ricadute non possano essere, alla fine, così
drammatiche. Potrebbero essere invece molto più imbarazzanti o, addirittura, pericolose
per i Paesi alleati di Washington. Penso, per esempio, a tutti i piccoli Paesi arabi
che chiedevano con insistenza a Washington il bombardamento dell’Iran e delle sue
strutture nucleari. Per Washington, in sé e per sé, considerata anche l’operazione
di ammorbidimento che Hillary Clinton ha condotto nei giorni scorsi, penso che le
conseguenze non saranno drammatiche.
D. - Ora la diplomazia americana
dovrà, ovviamente, dare qualche spiegazione…
R. - Gli Stati Uniti, alla
fine, sono sempre gli Stati Uniti. Emerge qua e là qualche verità imbarazzante, qualche
tono che certamente non può far piacere a nessuno ma credo che se leggessimo la corrispondenza
delle ambasciate di altri Paesi, magari a proposito di Barack Obama, leggeremmo cose
altrettanto imbarazzanti. Credo che le diplomazie internazionali siano abituate a
queste cose e che tutto finirà in una bolla di sapone. (vv)