Messaggio dell’Onu per la Giornata Internazionale per la solidarietà al popolo
palestinese
“Facciamo in modo che il prossimo anno sia quello in cui si realizzi, finalmente,
una pace giusta e durevole in Medio Oriente, fondata sulle Risoluzioni del Consiglio
di Sicurezza, sugli accordi precedenti, sul quadro d’azione di Madrid, sulla Roadmap
e sull’Iniziativa di pace araba”. E’ questo l’auspicio del Segretario generale dell’Onu,
Ban Ki moon, espresso nel messaggio in occasione della Giornata Internazionale, per
la solidarietà al popolo palestinese, che si celebra domani. “Il 2011 - scrive Ban
Ki moon - segna il punto di arrivo di due scadenze temporali: innanzitutto, il presidente
palestinese Abbas e il primo ministro israeliano Netanyahu si sono impegnati a cercare
un accordo quadro sullo status permanente entro settembre. In secondo luogo, l’Autorità
Palestinese completerà entro agosto l’agenda biennale in preparazione all’acquisizione
del carattere di statualità”. D’altra parte proprio in occasione dell’incontro del
settembre scorso - come si legge nel testo - il Quartetto ha dichiarato che è possibile
giungere a un accordo secondo il calendario fissato dagli stessi leader e che l’Anp,
nel caso in cui mantenga i risultati finora raggiunti nel processo di costruzione
istituzionale e nell’erogazione di servizi pubblici, è in una buona posizione in vista
della creazione di uno Stato nel futuro prossimo. Ma i palestinesi ottimisti sono
pochi e osservando la situazione sul terreno, si può comprendere un tale scoramento:
poco dopo il loro inizio a settembre, i negoziati diretti sono stati minati dalla
scadenza della moratoria sugli insediamenti israeliani e in tutta la Cisgiordania
si è ricominciato a costruire case e non solo. “Tale sviluppo - sostiene il segretario
generale dell’Onu - rappresenta un serio colpo inferto alla credibilità del processo
politico. Resta l’obbligo per Israele di far fede alle proprie responsabilità in base
al diritto internazionale e alla Roadmap per congelare l’attività di insediamento”.
Per questo Ban ki-moon chiede a tutti gli israeliani di considerare da una nuova prospettiva
l’indiscusso emergere sul terreno di un partner con un grado di sicurezza affidabile
e il continuo impegno del presidente Abbas in favore del diritto di Israele a vivere
in pace e sicurezza, così come il suo rifiuto di violenza e terrorismo. “Inoltre -
afferma il numero uno del Palazzo di Vetro - rammento a ognuno la promessa dell’Iniziativa
di pace araba secondo cui la soluzione di due Stati e di una pace globale arabo-israeliana
dovrebbe essere seguita dall’istituzione di normali relazioni diplomatiche tra Israele
e gli Stati arabi”. Quindi l’elogio a tutte le azioni intraprese nel corso dell’ultimo
anno per il miglioramento delle condizioni sul terreno, anche se ancora molto resta
da fare: “l’Autorità palestinese – si legge nel testo - deve continuare a sviluppare
le istituzioni statali, contrastare gli attacchi terroristici e contenere gli estremismi.
Al tempo stesso, è interesse e dovere di Israele ridurre le misure di occupazione,
in particolare riguardo alla libertà di movimento, all’accesso e alla sicurezza”.
Ban Ki moon si dice inoltre molto preoccupato per le condizioni di Gaza e i continui
attacchi missilistici e auspica la piena attuazione della risoluzione 1860 del Consiglio
di Sicurezza delle Nazioni Unite. E ribadisce la necessità che Israele consenta di
estendere ricostruzione civile, libertà di circolazione delle persone e esportazione
di merci. Altri passi fondamentali per la piena realizzazione della pace sono: scambi
di prigionieri, estensione delle condizioni di relativa quiete e progresso sulla riconciliazione
palestinese. C’è un preponderante consenso internazionale sulla necessità di terminare
un’occupazione iniziata nel 1967, affrontare le fondamentali questioni di sicurezza
delle due parti, trovare una soluzione sulla questione dei rifugiati e vedere Gerusalemme
emergere dai negoziati come la capitale dei due Stati. “Sfido i due leader - conclude
Ban Ki moon - a mostrare capacità di governo e coraggio politico in vista di una pace
epocale. Dal canto suo, la comunità internazionale deve essere pronta ad assumersi
le proprie responsabilità per la pace”. (C.S.)