Ai Vespri di ieri, l'appello del Papa per una cultura sempre rispettosa della vita
Di fronte a “tendenze culturali che con motivazioni pretestuose cercano di anestetizzare
le coscienze” oggi la Chiesa ribadisce: “la vita, una volta concepita, deve essere
protetta con la massima cura”. Così Benedetto XVI presiedendo ieri sera nella Basilica
Vaticana la celebrazione dei primi vespri della prima domenica di Avvento. Dal Papa
appello alla politica, all’economia, ai mass media e alla medicina perché sia promossa
una cultura sempre rispettosa della vita. La liturgia è stata preceduta da una “veglia
per la vita nascente”, promossa dal Papa lo scorso 14 e novembre e alla quale hanno
aderito in comunione di preghiera e con analoghe celebrazioni in tutto il mondo parrocchie,
comunità, movimenti e associazioni. Il servizio è di Paolo Ondarza.
“Credere
in Gesù Cristo comporta avere uno sguardo nuovo sull’uomo: Dio infatti ci rende partecipi
della sua stessa vita divina. Tante coppie di sposi con i loro bambini hanno ascoltato
queste parole del Papa partecipando ai primi vespri di Avvento in San Pietro. “L’esperienza
e la retta ragione – ha constatato Benedetto XVI – attestano che l’essere umano è
un soggetto capace di intendere e volere, autocosciente e libero, irripetibile e insostituibile,
vertice di tutte le realtà terrene, che esige di essere riconosciuto come valore in
se stesso e merita di essere accolto sempre con rispetto e amore”.
“Egli
ha il diritto di non essere trattato come un oggetto da possedere o come una cosa
che si può manipolare a piacimento, di non essere ridotto a puro strumento a vantaggio
di altri e dei loro interessi. La persona è un bene in se stessa e occorre cercare
sempre il suo sviluppo integrale”.
“L’amore verso tutti se sincero
tende a diventare attenzione preferenziale per i più deboli e i più poveri”, ha detto
Benedetto XVI. Ed è su questa linea che si colloca l’attenzione della Chiesa per la
vita nascente, la più fragile, la più minacciata dall’egoismo degli uomini e dall’oscuramento
delle coscienze. Queste ultime – ha indicato Benedetto XVI - rischiano di essere anestetizzate
da tendenze culturali con motivazioni pretestuose.
“Riguardo all’embrione
nel grembo materno, la scienza stessa ne mette in evidenza l’autonomia capace d’interazione
con la madre, il coordinamento dei processi biologici, la continuità dello sviluppo,
la crescente complessità dell’organismo. Non si tratta di un cumulo di materiale biologico,
ma di un nuovo essere vivente, dinamico e meravigliosamente ordinato, un nuovo individuo
della specie umana. Così è stato Gesù nel grembo di Maria; così è stato per ognuno
di noi, nel grembo della madre”.
L’incarnazione del Signore e l’inizio
della vita umana, infatti - ha constatato il Papa – sono intimamente connessi. La
prima rivela che ogni vita umana ha una dignità altissima e incomparabile: vive inscindibilmente
nella dimensione spirituale e materiale. E’ parte del mondo, ma aperta ad un orizzonte
infinito, capace di dialogare con Dio e accoglierlo in sé.
“Con
commozione e gratitudine prendiamo coscienza del valore, della dignità incomparabile
di ogni persona umana e della grande responsabilità che abbiamo verso tutti”.
Ma
purtroppo, anche dopo la nascita – ha rilevato Benedetto XVI – la vita dei bambini
continua ad essere esposta all’abbandono, alla fame, alla miseria, alla malattia,
agli abusi, alla violenza, allo sfruttamento. Le molteplici violazioni dei loro diritti
feriscono dolorosamente la coscienza di ogni uomo di buona volontà.
Da
qui l’esortazione alla politica, all’economia, ai mass media perché promuovano una
cultura sempre più rispettosa della vita:
“Signore Gesù, sorgente
e amante della vita Ridesta in noi il rispetto per ogni vita umana nascente”.
Recitando
la preghiera della vita a conclusione della celebrazione il Papa ha invocato la protezione
del Creatore sui bambini, gli sposi, su coloro che soffrono dell’impossibilità di
avere figli, sugli orfani; ha quindi chiesto la luce dello Spirito sulle scelte delle
assemblee legislative e sull’opera di scienziati e medici perché il progresso contribuisca
al bene integrale della persona.