Iraq: appello dei vescovi caldei contro le violenze nel Paese
I vescovi caldei dell'Iraq hanno rivolto un appello alle autorità religiose musulmane
affinché sia espressa una pubblica condanna contro le azioni violente che colpiscono
le minoranze religiose. È quanto emerso dalla riunione dei presuli che si è svolta
a Erbil, coordinata dall'arcivescovo di Kerk{l-umacron}k dei caldei, Louis Sako. In
un messaggio, a firma di monsignor Sako ripreso da L'Osservatore Romano, si chiede
una fatwa delle autorità musulmane «per aiutare a chiarire che le violenze contro
i cristiani sono illegittime e contrarie ai principi della religione islamica». Secondo
il messaggio, a seguito delle violenze, una sessantina di famiglie cristiane sarebbero
fuggite dalla capitale Baghdad per rifugiarsi a Suleimaniya, mentre altre ottanta
si sarebbero dirette a Erbil. A queste, inoltre, si devono aggiungere quelle che hanno
trovato riparo nei villaggi cristiani situati nella piana di Ninive. I vescovi hanno
espresso «sconvolgimento» per l'attentato alla chiesa di Nostra Signora della Salvezza,
a Baghdad, che ha causato oltre cinquanta morti e decine di feriti e per gli altri
episodi di violenza che hanno colpito la comunità cristiana nella città di Mosul.
L'arcivescovo di Kerk{l-umacron}k ha sottolineato come la richiesta di una fatwa sia
stata avanzata nella convinzione che essa possa «aiutare a chiarire che tali azioni
sono illegittime e contrarie ai principi della religione islamica». L'incontro, secondo
quanto riporta il sito Baghdadhope, si è svolto in assenza del patriarca di Babilonia
dei Caldei, il cardinale Emmanuel III Delly, rimasto nella capitale Baghdad a causa
della difficile situazione. Nel messaggio dei vescovi caldei, si evidenzia in particolare
l'importanza «di salvaguardare e consolidare la presenza storica dei cristiani in
Iraq», in quanto «se emigrassero, se ne andrebbe anche il ricco patrimonio di cui
sono depositari». In questo contesto, i presuli concludono rivolgendo un'esortazione
«ai cristiani benestanti che vivono nei Paesi della diaspora, affinché investano nella
regione per creare opportunità di lavoro per i loro fratelli». (R.P.)