Haiti al voto domani per scegliere il nuovo presidente della Repubblica e rinnovare
l’assemblea nazionale
Nel pieno dell’emergenza colera, la popolazione di Haiti è convocata domani alle urne
per le presidenziali. A scegliere il successore di Preval saranno oltre quattro milioni
e mezzo di elettori che dovranno rinnovare anche i rappresentanti della Camera e parte
di quelli del Senato. I sondaggi danno come favorita Manigat, che si presenta come
una moderata di sinistra. Per un quadro politico nel Paese, Eugenio Bonanata
ha intervistato Roberto Da Rin, esperto di America Latina per il Sole 24 ore:
R. - Sono
tre candidature diverse e dai sondaggi fatti finora, mi sembra che la candidata donna
di 70 anni, persona moderata, di sinistra, che pare abbia dei precedenti di buona
amministrazione, sia quella che abbia maggiore probabilità di successo.
D.
- Manca il partito del deposto presidente Aristide e questo crea un po’ di apprensione
anche dal punto di vista della sicurezza, perché i suoi sostenitori sono quelli che,
in questi mesi, hanno espresso diverse volte e in vari modi dissenso nei confronti
della presidenza e anche dell’Onu...
R. - Questo è un potenziale di
destabilizzazione molto grande, tanto che tutti i brogli che i candidati temono potrebbero
essere fomentati da questa frangia politica. E' un’incognita, nessuno saprà come si
potrà colmare questo vuoto di trasparenza. D’altra parte, questo è un Paese disastrato,
dove si sono sempre susseguiti brogli e ora, oltretutto, c’è anche una comunità internazionale
oltremodo screditata. Sono arrivati molti soldi con il terremoto ma, come al solito,
non sono arrivati alla popolazione.
D. - E’ chiaro che chiunque sia
il nuovo presidente avrà di fronte questa esigenza, cioè di rimettere a posto le cose
nel Paese e far fronte all’emergenza che non si è riusciti ad controllare, in questi
mesi...
R. - Sì è così. Il Paese è dilaniato da bande politiche da una
parte, e da bande criminali e soprattutto è in emergenza sanitaria continua. Il colera
è un problema delle ultime settimane, naturalmente, ma la situazione sanitaria è talmente
disastrosa che da sempre sono in agguato mille epidemie.
D. - Il mondo
delle Ong chiede cambiamenti al nuovo governo per la risoluzione dei problemi…
R.
- Va detto che il mondo delle Ong è presente. Da sempre ci sono delle Ong molto serie
che sono stanziali ad Haiti, ma con questo problema del colera anche le Ong internazionali
hanno dovuto ridurre la loro attività lavorativa. Ho conosciuto e conosco dei responsabili
di Ong che sono rimasti chiusi in casa senza poter lavorare proprio per sfuggire al
contagio, quindi c’è anche una situazione ulteriormente aggravata e, se possibile,
ancora più insopportabile da un punto di vista sanitario. Un disastro umanitario continuo.
D.
- La priorità numero uno della nuova leadership del Paese è proprio quella
di ricucire i rapporti con il volontariato e quindi con le organizzazioni umanitarie
internazionali?
R. – Sì, proprio perché purtroppo c’è un discredito
totale, sfiducia nei confronti di buona parte della comunità internazionale che eroga
dei soldi, ma è contestata da alcuni haitiani di distribuirli poi alle cosche e di
non farli arrivare alla gente. Invece, la comunità delle Ong è ancora considerata
onesta e quindi immune da richieste poco trasparenti. Le Ong rimangono forse un baluardo,
in questo Paese. (ma)
Prosegue il duro contrasto tra le due Coree Botta
e risposta a distanza fra le due Coree, oggi, alla vigilia delle manovre navali congiunte
Seul-Usa: Pyongyang ha lanciato nuove minacce, promettendo una “pioggia di fuoco”
se le manovre ci saranno, mentre nel Sud, ai funerali dei due marines sudcoreani
morti nel cannoneggiamento di martedì scorso, i militari promettono che i caduti saranno
“vendicati” con una forza “mille volte superiore”. La Corea del Nord ha poi espresso
rammarico per la morte di civili nell'attacco all'isola di Yeonpyeong, accusando Seul
di averli usati come “scudi umani”. Intanto, prosegue il lavoro delle diplomazie per
scongiurare il precipitare della situazione. Contatti di alto livello si sono tenuti
tra Cina, Giappone Stati Uniti e le due Coree.
Stati Uniti attentato sventato Sventato
attentato in Oregon, negli Stati Uniti. Le forze di sicurezza hanno arrestato un diciannovenne
di origini somale, pronto a far esplodere un’autobomba durante la cerimonia di accensione
di un albero di Natale nella città di Portland. L'uomo, che veniva controllato da
tempo dalle forze di sicurezza, era entrato in contatto con alcuni esponenti di al
Qaeda in Pakistan.
Iran: entrata in funzione centrale nucleare La
centrale nucleare iraniana di Bushehr è entrata in funzione: lo ha annunciato capo
dell'Organizzazione per l'energia atomica iraniana, Ali Akbar Salehi. La centrale
di Bushehr costituisce il cuore del controverso programma nucleare iraniano, che i
Paesi occidentali ritengono nasconda un programma segreto di armamento nucleare. Parole
allarmanti arrivano dal capo di Stato maggiore interforze statunitense, Mike Mullen,
secondo il quale l’Iran è sulla via di procurarsi armi atomiche.
Wikileaks Sono
diversi i governi in allarme per il previsto rilascio da parte del sito Wikileaks
di documenti diplomatici confidenziali del Dipartimento di Stato Usa. In vista dell'imminente
pubblicazione, l’esecutivo britannico ha chiesto agli editori di informare se intendono
pubblicare file dal contenuto sensibile. Preoccupato anche il capo della diplomazia
italiana, Franco Frattini, che parla di "strategia per colpire il Paese". E il previsto
rilascio di nuovi documenti è stato al centro del colloquio telefonico tra segretario
di stato Usa, Hillary Clinton, e il suo omologo cinese Yang Jiechi. Anche l’india
risulta tra i Paesi allertati dagli Stati Uniti. Il Dipartimento di Stato Usa ha inoltre
definito “irresponsabile” il comportamento di Wikileaks che con la pubblicazione di
messaggi diplomatici riservati “mette vite in pericolo”. Durissimo anche l'ammiraglio
Mike Mullen, capo degli Stati maggiori riuniti americani, che ha definito le azioni
intraprese da Wikileaks "estremamente pericolose".
Medio Oriente Nuove
tensioni nelle aree di confine tra le Stato di Israele e la Striscia di Gaza. Un dodicenne
palestinese è stato ferito dai colpi di arma da fuoco sparati da soldati israeliani.
Intanto, continua a far discutere la proposta avanzata dalla Casa Bianca che prevede
garanzie sulla sicurezza d’Israele in cambio di un nuovo blocco edilizio di tre mesi
nelle colonie in Cisgiordania. Eliana Astorri ne ha parlato con Lorenzo
Cremonesi, inviato del Corriere della Sera ed esperto di Medio Oriente:
R. – La situazione
è bloccata. Da parte dell’amministrazione americana, c’è questa richiesta pressante
che Israele blocchi assolutamente le colonie nei Territori occupati dove, teoricamente,
dovrebbe nascere il futuro Stato palestinese. La situazione non è facilitata dal governo
Netanyahu, che ha delle frange estremamente vicine ai gruppi dei coloni. In queste
frange, la pressione perché le colonie crescano è particolarmente forte. Da settembre
ad oggi, le colonie hanno ripreso a crescere specialmente nella zona di Gerusalemme.
Ci sono delle differenze di anni-luce tra la visione di Washington e la visione dell’attuale
governo in Israele. Per questo, attualmente non vedo un grande spazio per un compromesso.
D.
– A proposito dei Territori, il referendum per il ritiro di Israele dalle zone occupate
è un ostacolo ulteriore al processo di pace?
R. – Questo naturalmente
cambia molto le cose, perché il referendum dovrebbe essere attuato in caso di restituzione
di Gerusalemme Est e delle alture del Golan, quindi con eventuali accordi di pace
con la Siria. Se ci fossero delle vere prospettive, e se davvero ci fossero delle
garanzie, il pubblico potrebbe cambiare. Davanti ad una classe politica, a un governo
oggi particolarmente nazionalistico, paradossalmente l’opinione pubblica dello Stato
ebraico potrebbe andare più a sinistra del suo governo. Un referendum, quindi, potrebbe
davvero spingere il governo a compiere dei passi che il governo stesso non vorrebbe
fare.
D. – Circa le elezioni di domani in Egitto, il risultato è già
scontato?
R. – Secondo i maggiori commentatori, è scontato. Vengono
dati per scontata una partecipazione molto bassa e una maggioranza schiacciante del
partito di Mubarak. Ma si prevede anche un elemento nuovo: la crescita politica del
figlio di Hosni Mubarak, cioè Gamal, che potrebbe presentarsi come futuro candidato
l’anno prossimo, quando dovrà essere scelto il nuovo presidente. (bf)
Russia
riconosce strage di Katyn Sorprendenti rivelazioni della Duma, il parlamento
russo. L’assemblea ieri ha approvato una dichiarazione di principio in cui si riconosce
che la strage degli ufficiali polacchi, avvenuta nel 1940 a Katyn, fu ad opera dell’Armata
rossa su ordine di Stalin.
Moldavia elezioni Elezioni parlamentari
domani in Moldavia. La tornata elettorale – la terza in oltre un anno – dovrebbe mettere
fine alla crisi che da mesi vede schierati e contrapposti il blocco filorusso e quello
filoeuropeo. Oltre 200 rappresentanti dell’Osce, l’Organizzazione per la Sicurezza
e la Cooperazione in Europa seguiranno le elezioni.
Catalogna elezioni Catalogna
alle urne domani per rinnovare l’assemblea regionale. I sondaggi danno in calo i tre
partiti di centrosinistra che hanno governato la regione dal 2003. E’ alto infatti
il malcontento per un’economia catalana, che esce indebolita dai sette anni di tripartito,
superata per la prima volta al primo posto in Spagna, nel 2009, dalla regione di Madrid.
Per il partito socialista del premier spagnolo, Zapatero, si preannuncia quindi una
sconfitta che potrebbe avere ripercussioni anche a livello nazionale. Per Zapatero,
il voto sarà un test importante che aprirà la grande corsa verso le politiche del
marzo 2012.
Costa d’Avorio elezioni Il presidente della Repubblica
della Costa d'Avorio, Laurent Gbagbo, ha decretato il coprifuoco al termine del secondo
turno delle elezioni presidenziali di domenica prossima, sottolineando che si tratta
di una “misura dissuasiva contro qualche estremista”. La decisione del capo di Stato
è stata contestata dal suo antagonista al ballottaggio, l'ex primo ministro, Alassane
Dramane Ouattara. Intanto, è morto un simpatizzante di Gbagbo, dopo essere stato aggredito
da un militante dell'opposizione: una certa tensione accompagna queste elezioni presidenziali,
che maturano dopo anni di inspiegabili rinvii. (Panoramica internazionale a
cura di Marco Guerra)
Bollettino del Radiogiornale della Radio
Vaticana Anno LIV no. 331
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