Il Papa dedica l'udienza generale a Santa Caterina da Siena
Il Papa ha dedicato l’udienza generale di questo mercoledì a Santa Caterina da Siena,
vergine e dottore della Chiesa, Patrona d’Italia e d’Europa. Nella sua catechesi,
svoltasi nell’Aula Paolo VI in Vaticano, Benedetto XVI ha ricordato che Caterina,
vissuta nel 14.mo Secolo, ha sofferto tanto, come molti Santi. Protagonista di un’intensa
attività di consiglio spirituale invitò energicamente e con successo Papa Gregorio
XI a lasciare la sede di Avignone per far rientro a Roma. Grande mistica dalla spiritualità
cristocentrica e Santa Eucaristica, “pur consapevole delle manchevolezze umane dei
sacerdoti” – ha affermato il Papa - ha “sempre avuto una grandissima riverenza per
essi: essi dispensano, attraverso i Sacramenti e la Parola, la forza salvifica del
Sangue di Cristo. La Santa senese ha invitato sempre i sacri ministri, anche il Papa,
che chiamava ‘dolce Cristo in terra’, ad essere fedeli alle loro responsabilità, mossa
sempre e solo dal suo amore profondo e costante per la Chiesa”. "Cari fratelli e sorelle
- ha esortato - impariamo da santa Caterina ad amare con coraggio, in modo intenso
e sincero, Cristo e la Chiesa". Ecco il testo della catechesi:
Cari fratelli
e sorelle,
quest’oggi vorrei parlarvi di una donna che ha avuto un ruolo
eminente nella storia della Chiesa. Si tratta di santa Caterina da Siena. Il
secolo in cui visse - il quattordicesimo - fu un’epoca travagliata per la vita della
Chiesa e dell’intero tessuto sociale in Italia e in Europa. Tuttavia, anche nei momenti
di maggiore difficoltà, il Signore non cessa di benedire il suo Popolo, suscitando
Santi e Sante che scuotano le menti e i cuori provocando conversione e rinnovamento.
Caterina è una di queste e ancor oggi ella ci parla e ci sospinge a camminare con
coraggio verso la santità per essere in modo sempre più pieno discepoli del Signore.
Nata
a Siena, nel 1347, in una famiglia molto numerosa, morì nella sua città natale, nel
1380. All’età di 16 anni, spinta da una visione di san Domenico, entrò nel Terz’Ordine
Domenicano, nel ramo femminile detto delle Mantellate. Rimanendo in famiglia, confermò
il voto di verginità fatto privatamente quando era ancora un’adolescente, si dedicò
alla preghiera, alla penitenza, alle opere di carità, soprattutto a beneficio degli
ammalati.
Quando la fama della sua santità si diffuse, fu protagonista
di un’intensa attività di consiglio spirituale nei confronti di ogni categoria di
persone: nobili e uomini politici, artisti e gente del popolo, persone consacrate,
ecclesiastici, compreso il Papa Gregorio XI che in quel periodo risiedeva ad Avignone
e che Caterina esortò energicamente ed efficacemente a fare ritorno a Roma. Viaggiò
molto per sollecitare la riforma interiore della Chiesa e per favorire la pace tra
gli Stati: anche per questo motivo il Venerabile Giovanni Paolo II la volle dichiarare
Compatrona d’Europa: il Vecchio Continente non dimentichi mai le radici cristiane
che sono alla base del suo cammino e continui ad attingere dal Vangelo i valori fondamentali
che assicurano la giustizia e la concordia.
Caterina soffrì tanto,
come molti Santi. Qualcuno pensò addirittura che si dovesse diffidare di lei al punto
che, nel 1374, sei anni prima della morte, il capitolo generale dei Domenicani la
convocò a Firenze per interrogarla. Le misero accanto un frate dotto ed umile, Raimondo
da Capua, futuro Maestro Generale dell’Ordine. Divenuto suo confessore e anche suo
“figlio spirituale”, scrisse una prima biografia completa della Santa. Fu canonizzata
nel 1461.
La dottrina di Caterina, che apprese a leggere con fatica
e imparò a scrivere quando era già adulta, è contenuta ne Il Dialogo della Divina
Provvidenza ovvero Libro della Divina Dottrina, un capolavoro della letteratura spirituale,
nel suo Epistolario e nella raccolta delle Preghiere. Il suo insegnamento è dotato
di una ricchezza tale che il Servo di Dio Paolo VI, nel 1970, la dichiarò Dottore
della Chiesa, titolo che si aggiungeva a quello di Compatrona della città di Roma,
per volere del Beato Pio IX, e di Patrona d’Italia, secondo la decisione del Venerabile
Pio XII.
In una visione che mai più si cancellò dal cuore e dalla mente
di Caterina, la Madonna la presentò a Gesù che le donò uno splendido anello, dicendole:
“Io, tuo Creatore e Salvatore, ti sposo nella fede, che conserverai sempre pura fino
a quando celebrerai con me in cielo le tue nozze eterne” (Raimondo da Capua,
S. Caterina da Siena, Legenda maior, n. 115, Siena 1998). Quell’anello rimase
visibile solo a lei. In questo episodio straordinario cogliamo il centro vitale della
religiosità di Caterina e di ogni autentica spiritualità: il cristocentrismo. Cristo
è per lei come lo sposo, con cui vi è un rapporto di intimità, di comunione e di fedeltà;
è il bene amato sopra ogni altro bene. Questa unione profonda
con il Signore è illustrata da un altro episodio della vita di questa insigne mistica:
lo scambio del cuore. Secondo Raimondo da Capua, che trasmette le confidenze ricevute
da Caterina, il Signore Gesù le apparve con in mano un cuore umano rosso splendente,
le aprì il petto, ve lo introdusse e disse: “Carissima figliola, come l’altro giorno
presi il tuo cuore che tu mi offrivi, ecco che ora ti do il mio, e d’ora innanzi starà
al posto che occupava il tuo” (ibid.). Caterina ha vissuto veramente le parole di
san Paolo, “… non vivo io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20).
Come la
santa senese, ogni credente sente il bisogno di uniformarsi ai sentimenti del Cuore
di Cristo per amare Dio e il prossimo come Cristo stesso ama. E noi tutti possiamo
lasciarci trasformare il cuore ed imparare ad amare come Cristo, in una familiarità
con Lui nutrita dalla preghiera, dalla meditazione sulla Parola di Dio e dai Sacramenti,
soprattutto ricevendo frequentemente e con devozione la santa Comunione. Anche
Caterina appartiene a quella schiera di santi eucaristici con cui ho voluto concludere
la mia Esortazione apostolica Sacramentum Caritatis (cfr n. 94). Cari fratelli e sorelle,
l’Eucaristia è uno straordinario dono di amore che Dio ci rinnova continuamente per
nutrire il nostro cammino di fede, rinvigorire la nostra speranza, infiammare la nostra
carità, per renderci sempre più simili a Lui.
Attorno ad una personalità
così forte e autentica si andò costituendo una vera e propria famiglia spirituale.
Si trattava di persone affascinate dall’autorevolezza morale di questa giovane donna
di elevatissimo livello di vita, e talvolta impressionate anche dai fenomeni mistici
cui assistevano, come le frequenti estasi. Molti si misero al suo servizio e soprattutto
considerarono un privilegio essere guidati spiritualmente da Caterina. La chiamavano
“mamma”, poiché come figli spirituali da lei attingevano il nutrimento dello spirito.
Anche oggi la Chiesa riceve un grande beneficio dall’esercizio della
maternità spirituale di tante donne, consacrate e laiche, che alimentano nelle anime
il pensiero per Dio, rafforzano la fede della gente e orientano la vita cristiana
verso vette sempre più elevate. “Figlio vi dico e vi chiamo - scrive Caterina
rivolgendosi ad uno dei suoi figli spirituali, il certosino Giovanni Sabatini -, in
quanto io vi partorisco per continue orazioni e desiderio nel cospetto di Dio, così
come una madre partorisce il figlio” (Epistolario, Lettera n. 141: A don Giovanni
de’ Sabbatini). Al frate domenicano Bartolomeo de Dominici era solita indirizzarsi
con queste parole: “Dilettissimo e carissimo fratello e figliolo in Cristo dolce Gesù”.
Un
altro tratto della spiritualità di Caterina è legato al dono delle lacrime. Esse esprimono
una sensibilità squisita e profonda, capacità di commozione e di tenerezza. Non pochi
Santi hanno avuto il dono delle lacrime, rinnovando l’emozione di Gesù stesso, che
non ha trattenuto e nascosto il suo pianto dinanzi al sepolcro dell’amico Lazzaro
e al dolore di Maria e di Marta, e alla vista di Gerusalemme, nei suoi ultimi giorni
terreni. Secondo Caterina, le lacrime dei Santi si mescolano al Sangue di Cristo,
di cui ella ha parlato con toni vibranti e con immagini simboliche molto efficaci:
“Abbiate memoria di Cristo crocifisso, Dio e uomo (…). Ponetevi per obietto Cristo
crocifisso, nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso, annegatevi nel sangue
di Cristo crocifisso” (Epistolario, Lettera n. 16: Ad uno il cui nome si tace).
Qui
possiamo comprendere perché Caterina, pur consapevole delle manchevolezze umane dei
sacerdoti, abbia sempre avuto una grandissima riverenza per essi: essi dispensano,
attraverso i Sacramenti e la Parola, la forza salvifica del Sangue di Cristo. La Santa
senese ha invitato sempre i sacri ministri, anche il Papa, che chiamava “dolce Cristo
in terra”, ad essere fedeli alle loro responsabilità, mossa sempre e solo dal suo
amore profondo e costante per la Chiesa. Prima di morire disse: “Partendomi dal corpo
io, in verità, ho consumato e dato la vita nella Chiesa e per la Chiesa Santa, la
quale cosa mi è singolarissima grazia” (Raimondo da Capua, S. Caterina da Siena, Legenda
maior, n. 363).
Da santa Caterina, dunque, noi apprendiamo la scienza
più sublime: conoscere ed amare Gesù Cristo e la sua Chiesa. Nel Dialogo della Divina
Provvidenza, ella, con un’immagine singolare, descrive Cristo come un ponte lanciato
tra il cielo e la terra. Esso è formato da tre scaloni costituiti dai piedi, dal costato
e dalla bocca di Gesù. Elevandosi attraverso questi scaloni, l’anima passa attraverso
le tre tappe di ogni via di santificazione: il distacco dal peccato, la pratica della
virtù e dell’amore, l’unione dolce e affettuosa con Dio.
Cari fratelli
e sorelle, impariamo da santa Caterina ad amare con coraggio, in modo intenso e sincero,
Cristo e la Chiesa. Facciamo nostre perciò le parole di santa Caterina che leggiamo
nel Dialogo della Divina Provvidenza, a conclusione del capitolo che parla di Cristo-ponte:
“Per misericordia ci hai lavati nel Sangue, per misericordia volesti conversare con
le creature. O Pazzo d’amore! Non ti bastò incarnarti, ma volesti anche morire! (...)
O misericordia! Il cuore mi si affoga nel pensare a te: ché dovunque io mi volga a
pensare, non trovo che misericordia” (cap. 30, pp. 79-80). Grazie.