Rete italiana per il disarmo denuncia: il governo vuole cambiare le regole sul commercio
delle armi
L’Italia è il quinto esportatore a livello mondiale di armi. I contratti record li
ha con il sud del mondo. In un periodo in cui gli affari per le armi italiane vanno
a gonfie vele, il governo italiano ha deciso di mettere mano alla legge 185 del 1990
che finora ha regolato questo settore. Rete italiana per il Disarmo e Tavola della
Pace denunciano oggi, con un presidio davanti al Senato, che con il pretesto del recepimento
di una direttiva europea, il governo ha deciso di modificare la materia scegliendo
la strada della legge-delega, estromettendo quindi il parlamento dal controllo di
un punto così delicato. Francesca Sabatinelli ha intervistato Francesco
Vignarca, coordinatore Rete Italiana Disarmo:
R. - Dal
1990, da quando cioè c’è l’attuale legge che regola il commercio di armi, il principio
è stato quello di dare in mano al parlamento il controllo e la trasparenza riguardo
a questo importante tema. Farlo con un disegno di legge-delega, addirittura messo
come emendamento all’interno della legge che ratifica tutto quanto arriva da Bruxelles,
ci sembra un modo poco trasparente e soprattutto poco rispettoso del parlamento. In
più, questa poteva essere veramente l’occasione per andare a migliorare un legge che
è ottima, soprattutto dal punto di vista della trasparenza, ma che ha anche dei buchi.
D. - Quali miglioramenti avreste voluto?
R. - E’ da due
anni, da quando si sapeva che ci sarebbe stata questa ratifica, che chiediamo la possibilità
di collaborare, affinché venga apportata anche la nostra esperienza sul campo per
migliorare questo testo. La direttiva europea vuole un miglior coordinamento ed una
migliore organizzazione dei trasferimenti di armi all’interno dell’Unione Europea:
e questo ci può anche stare. Il problema è: cosa fanno poi con queste armi? Noi sappiamo
bene che se in Italia, così come in altri Paesi europei, i controlli ci sono, in altri
Paesi dell’Unione Europea - quelli di nuovo accesso o quelli più problematici - magari
i controlli sono minori. Quindi, quello che si sarebbe dovuto fare era rapportare
a livello europeo questi trasferimenti e tutta quella serie di controlli che la legge
185 impone. Ma non solo. Bisogna soprattutto mantenere alta l’attenzione sulla trasparenza.
Infatti, la legge permette - purtroppo - anche di commerciare in armi in Paesi a rischio,
ma quantomeno ce lo dice. Invece, in questo disegno di legge, quasi niente è scritto
in maniera precisa su quella che dovrà essere la trasparenza: d’ora in poi, non sapremo
quali dati ci darà il governo riguardo al commercio di armi. Per cui, davvero, noi
potremmo non solo avere armi italiane che girano per il mondo - lo scorso anno, c’è
stato il record: quasi cinque miliardi di export - ma non sapremmo neanche dove vanno.
D. - Un punto sul quale voi spesso tornate è quello delle armi leggere...
R.
- Assolutamente sì. Anche questa è un’occasione mancata: nel disegno di legge non
si prevede la possibilità di inserire, sotto un criterio autorizzativo generale, le
armi piccole e leggere - per le quali l’Italia è il terzo esportatore mondiale, il
secondo se guardiamo solo all’Africa - e che sono delle vere armi di distruzione di
massa: quelle che fanno un morto al minuto. Ebbene: le armi leggere sono ancora regolate
dalla legge del 1975, che prevede che per l’export sia il prefetto del luogo di produzione
a decidere. Ovviamente, il prefetto non può avere gli stessi strumenti decisionali
della Presidenza del consiglio e del Ministero degli esteri: quindi, spesso, dipende
dal buon cuore o dalla buona volontà della singola persona. Questo non può accadere
per un mercato fondamentale, vasto e problematico come quello delle armi piccole o
leggere, o almeno cosiddette tali. (mg)