2010-11-23 15:47:56

Rete italiana per il disarmo denuncia: il governo vuole cambiare le regole sul commercio delle armi


L’Italia è il quinto esportatore a livello mondiale di armi. I contratti record li ha con il sud del mondo. In un periodo in cui gli affari per le armi italiane vanno a gonfie vele, il governo italiano ha deciso di mettere mano alla legge 185 del 1990 che finora ha regolato questo settore. Rete italiana per il Disarmo e Tavola della Pace denunciano oggi, con un presidio davanti al Senato, che con il pretesto del recepimento di una direttiva europea, il governo ha deciso di modificare la materia scegliendo la strada della legge-delega, estromettendo quindi il parlamento dal controllo di un punto così delicato. Francesca Sabatinelli ha intervistato Francesco Vignarca, coordinatore Rete Italiana Disarmo:RealAudioMP3

R. - Dal 1990, da quando cioè c’è l’attuale legge che regola il commercio di armi, il principio è stato quello di dare in mano al parlamento il controllo e la trasparenza riguardo a questo importante tema. Farlo con un disegno di legge-delega, addirittura messo come emendamento all’interno della legge che ratifica tutto quanto arriva da Bruxelles, ci sembra un modo poco trasparente e soprattutto poco rispettoso del parlamento. In più, questa poteva essere veramente l’occasione per andare a migliorare un legge che è ottima, soprattutto dal punto di vista della trasparenza, ma che ha anche dei buchi.

D. - Quali miglioramenti avreste voluto?

R. - E’ da due anni, da quando si sapeva che ci sarebbe stata questa ratifica, che chiediamo la possibilità di collaborare, affinché venga apportata anche la nostra esperienza sul campo per migliorare questo testo. La direttiva europea vuole un miglior coordinamento ed una migliore organizzazione dei trasferimenti di armi all’interno dell’Unione Europea: e questo ci può anche stare. Il problema è: cosa fanno poi con queste armi? Noi sappiamo bene che se in Italia, così come in altri Paesi europei, i controlli ci sono, in altri Paesi dell’Unione Europea - quelli di nuovo accesso o quelli più problematici - magari i controlli sono minori. Quindi, quello che si sarebbe dovuto fare era rapportare a livello europeo questi trasferimenti e tutta quella serie di controlli che la legge 185 impone. Ma non solo. Bisogna soprattutto mantenere alta l’attenzione sulla trasparenza. Infatti, la legge permette - purtroppo - anche di commerciare in armi in Paesi a rischio, ma quantomeno ce lo dice. Invece, in questo disegno di legge, quasi niente è scritto in maniera precisa su quella che dovrà essere la trasparenza: d’ora in poi, non sapremo quali dati ci darà il governo riguardo al commercio di armi. Per cui, davvero, noi potremmo non solo avere armi italiane che girano per il mondo - lo scorso anno, c’è stato il record: quasi cinque miliardi di export - ma non sapremmo neanche dove vanno.

D. - Un punto sul quale voi spesso tornate è quello delle armi leggere...

R. - Assolutamente sì. Anche questa è un’occasione mancata: nel disegno di legge non si prevede la possibilità di inserire, sotto un criterio autorizzativo generale, le armi piccole e leggere - per le quali l’Italia è il terzo esportatore mondiale, il secondo se guardiamo solo all’Africa - e che sono delle vere armi di distruzione di massa: quelle che fanno un morto al minuto. Ebbene: le armi leggere sono ancora regolate dalla legge del 1975, che prevede che per l’export sia il prefetto del luogo di produzione a decidere. Ovviamente, il prefetto non può avere gli stessi strumenti decisionali della Presidenza del consiglio e del Ministero degli esteri: quindi, spesso, dipende dal buon cuore o dalla buona volontà della singola persona. Questo non può accadere per un mercato fondamentale, vasto e problematico come quello delle armi piccole o leggere, o almeno cosiddette tali. (mg)







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