La rubrica sul Vaticano II dedicata alla "Sacrosanctum Concilium", che nel 1963 avviò
la riforma liturgica
Il 4 dicembre 1963, Paolo VI promulgava solennemente la Sacrosanctum Concilium,
la prima delle quattro Costituzioni ad essere approvate dal Concilio Vaticano II.
Il documento ebbe un impatto enorme di tutto il mondo: da quelle norme scaturì una
profonda riforma liturgica che trasformò il volto della Chiesa ed è oggi un tema particolarmente
caro a Benedetto XVI. In questa terza puntata del ciclo che la Radio Vaticana dedica
ogni martedì alla riscoperta dei documenti conciliari, padre Dariusz Kowalczyk
si sofferma sui punti più caratteristici della Sacrosanctum Concilium:
Il primo
frutto del Concilio Vaticano II è stata la Costituzione sulla Sacra liturgia. All’inizio
del documento si afferma che la Chiesa considera come uguali in diritto e in
dignità tutti i riti legittimamente riconosciuti, però desidera che siano riveduti
nello spirito della sana tradizione e venga loro dato nuovo vigore. Il “nuovo vigore”
liturgico dunque non deve cancellare il passato vissuto da tante generazioni di fedeli.
Anzi, deve essere radicato nella tradizione.
Si può dire che
la Costituzione sulla liturgia sia stata fondamentale per il rinnovamento conciliare.
Infatti, la maggior parte dei cattolici ha preso coscienza della riforma del Concilio
proprio attraverso la riforma liturgica. Non per caso tanti nuovi movimenti cattolici
hanno il loro inizio in una rinnovata esperienza liturgica. D’altra parte, proprio
la riforma liturgica suscita fino a oggi contese e divisioni. A un estremo, si trovano
quelli che negano praticamente tutta la riforma liturgica del Concilio e vedono in
essa la causa principale della crisi della Chiesa. All’altro estremo si trovano quelli
che sembrano rigettare completamente la liturgia di tanti secoli prima del Concilio
Vaticano II.
Nella prospettiva di questi due estremi, una delle voci
più importanti è quella di Joseph Ratzinger che da un lato era un ammiratore del movimento
liturgico che aveva preceduto il Vaticano II, e dall’altro si oppone al comprendere
“la liturgia come un meccanismo smontabile e rimontabile arbitrariamente”.
Il
Papa Benedetto non vuole tornare a Trento, come suggeriscono i suoi critici, ma cerca
di convincere che la vera riforma liturgica non consiste nel disprezzo del passato
e nelle invenzioni umane, ma nel risveglio del senso interiore del sacro. E l’espressione
“riforma della riforma” liturgica si riferisce proprio a un bisogno di tale risveglio.