Messe a Roma e Milano per pregare con e per i separati e i divorziati
Si moltiplicano le iniziative nelle parrocchie e nelle diocesi italiane a favore di
separati e divorziati. Incontri, momenti di preghiera, celebrazioni eucaristiche,
percorsi spirituali dedicati a queste persone, dimostrano che sta crescendo la volontà
di far sentire quanti si trovano in questa situazione parte integrante della Chiesa.
Messe per pregare per e con le persone separate o divorziate sono state celebrate
ieri sera a Milano e a Roma. A promuoverle l’associazione “Famiglie separate cristiane”.
Per rispondere a quali esigenze è nata e si impegna questa associazione? Adriana
Masotti lo ha chiesto al presidente, Ernesto Emanuele.
R. – Guardi,
di solito si parla solo della non-comunione. Il problema è che dalla nuova legge si
sono separati circa quattro milioni di persone e noi, come comunità cristiana, cosa
abbiamo fatto per questi quattro milioni di persone, a parte l’accoglienza del sacerdote
o del confessore singolo? Come gruppo, cosa abbiamo fatto? Aggiungo anche una cosa
molto importante: che parlare di Dio alle persone è sempre difficile – dicono. Parlare
di Dio alle persone che si stanno separando, che sono nel dolore, è la cosa più facile,
la cosa che chiedono, perché in quel momento cercano Gesù e molto spesso non trovano
dei testimoni che possano donare loro Gesù. Quando dico “donare Gesù”, non dico parlare
di Gesù, della Madonna, del Santi, ma farsi uno come si è fatto il Buon Samaritano
che non ha fatto la predica alla persona che ha trovato; non gli ha detto: “Ma perché
te ne sei andato di notte, in una strada così, non dovevi andare …”, eccetera. Si
è chinato sulle sue ferite, lo ha posto sul suo asino e l’ha portato, e gli ha dato
le cose di cui aveva bisogno. Le persone che si separano hanno bisogno di essere accolte,
di essere ascoltate. Ecco: noi, nel nostro piccolo, cerchiamo di portare questa realtà
nella Chiesa e nei movimenti.
D. – Quali pregiudizi
la comunità cristiana è invitata a superare in merito a chi si trova – appunto – nella
condizione di separato o divorziato e che voglia fare parte della comunità cristiana?
R.
– Sapere che il separato comunque sia – lui colpevole o lui vittima – è una persona
che ha sofferto nella cosa più importante della propria vita. E’ importante vederlo
in positivo e di amare; e poi, noi non possiamo giudicare perché quella persona si
è separata, chi è la vittima e chi è il colpevole. Dobbiamo superare il giudizio su
queste realtà. Se tante persone regolarmente sposata si trovassero ad essere abbandonate
dal coniuge, come si comporterebbero? Allora, mai dire: queste cose a me non capitano!
Il pregiudizio da togliere è proprio quello di giudicare: di giudicare queste persone
come persone lontane da Dio. Sono persone a cui invece in quel momento avremmo potuto,
se fossimo stati testimoni veri, essere vicini.
D. –
E quindi, in concreto, come avviene il vostro accompagnamento delle persone che si
trovano in questo stato, oltre ai momenti di preghiera?
R.
– Diciamo che la nostra associazione “Famiglie separate cristiane” ha collaborato
e partecipa al progetto di una casa per i separati a Rho, a Milano, con 15 posti letto.
Ma oltre a questo, noi abbiamo momenti di ascolto, di primo impatto: vuol dire accogliere
tutte le situazioni con i bisogni primari legali, dell’assegno di mantenimento dei
figli, della casa, dei tempi di frequentazione … attuata da noi separati.
D.
– Quindi, c’è uno sportello?
R. – Abbiamo gli sportelli,
abbiamo il “telefono s.o.s.”, abbiamo momenti di ascolto e di accoglienza in varie
città d’Italia.
D. – Si sono formati anche dei gruppi
che si incontrano, nelle città?
R. – Abbiamo 40 gruppi,
in Italia, di cui una dozzina a Milano, sette-otto a Roma e in altre città come Firenze,
ad Arezzo, a Genova, a Verona, a Udine, a Venezia, a Varese eccetera … (gf)