2010-11-18 15:39:20

Migrazioni. Mons. Tomasi: necessarie soluzioni umane che rispettino la dignità di ogni persona


“Restituire la dignità, ispirare il cambiamento”. Inaugurati ieri sera a Roma i lavori della Commissione internazionale cattolica per le migrazioni (Icmc). Delegati delle Conferenze episcopali del mondo intero chiamati a dibattere fino a sabato prossimo su come rispondere alle sfide della mobilità umana. Ceata nel 1951 da Pio XII, all’indomani della fine della II Guerra mondiale, la Commissione si appresta a festeggiare 60 anni di attività. Roberta Gisotti ha intervistato l’arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio Onu a Ginevra.RealAudioMP3

D. - Eccellenza, gli scenari della mobilità sono certo del tutto cambiati oggi rispetto gli anni di fondazione. Ma pure gli immigrati continuano ad essere soggetti deboli, anche più deboli se irregolari rispetto al passato. Che cosa deve ispirare allora il cambiamento?

R. – Oggi, secondo i dati delle Nazioni Unite, ci sono almeno 214 milioni di persone che vivono e lavorano in un Paese diverso da quello in cui sono nate. Mentre alla fine della Seconda guerra mondiale la preoccupazione era di trovare una sistemazione per i rifugiati e i profughi, che erano stati le vittime di questo conflitto, adesso si tratta di trovare soluzioni nuove per vedere come gestire queste masse enormi di persone, che si spostano per motivi di lavoro, per motivi di fame, a motivo del clima. Quindi, bisogna fare un salto di qualità in qualche modo: cioè, ispirare i governi e, soprattutto, la comunità internazionale a mettersi d’accordo per convergere su soluzioni umane e rispettose della dignità di queste persone, che portano un grande servizio nei Paesi in cui vanno. Infatti, contribuiscono con la loro intelligenza e il loro lavoro allo sviluppo e, con i soldi che mandano alle famiglie lasciate indietro o ai Paesi di origine, aiutano lo sviluppo anche di questi Paesi. Dobbiamo veramente creare una prospettiva nuova: vedere come si può incanalare questa energia umana e questa energia economica verso il bene comune.

D. – C’è da dire che nuove forme di immigrazione di oggi, portate dall’Europa allargata dalla globalizzazione dei mercati e dall’emergere delle economie asiatiche, hanno indotto nelle popolazioni dei Paesi ospiti nuove paure, di essere soppiantate nelle proprie sicurezze economiche …

R. – Però c’è una contraddizione, perché da una parte alcune economie, come le economie europee hanno, di fatto, bisogno di manodopera e dall’altra c’è una opinione popolare contraria che vede nella presenza di costumi, di tradizioni, di culture diverse una minaccia all’identità e alla convivenza. Quindi, c’è da mettere insieme la creatività di tutti i Paesi per trovare una soluzione comune, in modo da rendere costruttivo per tutti l’apporto che danno queste masse di immigrati, senza che venga percepito come una minaccia: per questo c’è un processo di adattamento reciproco che deve maturare. I nuovi arrivati devono accettare alcuni valori base che sono nelle democrazie occidentali: soprattutto, il valore della libertà, dell’uguaglianza della donna, della libertà religiosa e così via, in modo che la convivenza si renda possibile.







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