50 anni del dicastero per l'unità: interviste con l'arcivescovo Rowan Williams, il
metropolita Ioannis e il cardinale Kasper
Benedetto XVI ha ricevuto questa mattina l’arcivescovo di Canterbury e primate della
Comunione anglicana, Rowan Williams, e il metropolita ortodosso di Pergamo, Ioannis
(Zizioulas), che ieri hanno partecipato a Roma all’Atto commemorativo pubblico per
i 50 anni del dicastero vaticano per l’unità dei cristiani. Philippa Hitchen ha incontrato
nell’occasione l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams chiedendogli quali
frutti ecumenici abbia prodotto il viaggio di Benedetto XVI nel Regno Unito:
R.
– I think the ecumenical fruits... Penso che i frutti ecumenici siano stati
molto convincenti: un paio di settimane dopo la visita, infatti, io e l’arcivescovo
Vincent Nichols siamo stati insieme ad altre persone all’incontro delle Black majority
Churches a Londra e molte di esse hanno dichiarato quanto la visita del Papa le abbia
confermate e quanto abbiano sentito quella visita profondamente significativa per
i cristiani di tutto il Paese. Certamente è presente in maniera molto forte nell’arcivescovo
Vincent e in me il bisogno di continuare a costruire su quello che abbiamo raggiunto
finora. Quindi, credo che i frutti continuino ad essere molto positivi.
D.
– Lei ha compiuto una visita di circa quindici giorni in India e ha parlato con cristiani
di differenti denominazioni che hanno subito violenze e discriminazioni. Forse dovremmo
guardare a questi Paesi, per trovare un nuovo impulso e un nuovo slancio per il nostro
dialogo...
R. – I couldn’t agree more... Non potrei essere
più d’accordo. Penso che i cristiani, più che in qualsiasi altra circostanza, si avvicinino
quando si trovano ad affrontare una persecuzione. In Iraq, in Pakistan, in Indonesia,
in Orissa o Rajasthan, i cristiani, sotto pressione, non si possono concedere il lusso
di aspettare di riunirsi finché le cose non si sono risolte. Ho incontrato direttamente
un certo numero di persone che hanno subito violenza, fra cui una donna che aveva
assistito alla tortura a morte del marito, perché si era rifiutato di abbandonare
la sua fede cristiana. Questo è un momento che ti aiuta a capire quali siano le verità
fondamentali. (ap)
Ma quali sono i frutti più importanti di 50 anni di
lavoro del dicastero vaticano per l’unità? Philippa Hitchen lo ha chiesto al metropolita
di Pergamo, Ioannis:
R. – Of course, the first and most important fruit
is... Certo, il primo frutto e il più importante è il rapporto di amore
e rispetto che è stato coltivato dal Pontificio Consiglio, in particolare tra cattolici
e ortodossi, perché come lei sa, nel passato, nel Secondo Millennio, ci sono stati
molti conflitti tra cattolici e ortodossi. Quindi, credo che questo cambiamento, questa
inversione di atmosfera sia la cosa più importante. Poi, per me, il dialogo teologico
è stata una vera benedizione, frutto del lavoro del Pontificio Consiglio, certamente
in cooperazione con gli ortodossi. Ma le persone che hanno iniziato il dialogo, come
il cardinale Willebrands, il vescovo Duprey, mons. Fortino e così via, sono stati
così entusiasti che ora ci mancano molto. Magari fossero ancora qui! Quindi, quando
abbiamo iniziato questo dialogo, c’è stato un periodo di grande entusiasmo, con grandi
aspettative. Penso che il momento continui e che il dialogo sia ancora, nonostante
le difficoltà, al centro delle nostre relazioni tra cattolici e ortodossi e credo
che ci sia un futuro per questo dialogo. (ap)
All’Atto commemorativo ha
preso parte anche il cardinale Walter Kasper, presidente emerito del Pontificio
Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Su questo evento ascoltiamo
il porporato al microfono di Gabriella Ceraso:
R. – E’
una grazia di Dio, perché in questi 50 anni si è sviluppata una rete straordinaria
con tutte le Chiese, con i loro capi, con i metropoliti ed i patriarchi … Siamo in
una situazione nuova ed il frutto si è visto già nella celebrazione del Giubileo del
2000, quando praticamente tutte le Chiese sono state presenti, così come ai funerali
di Giovanni Paolo II e alla Messa per l’inizio del Pontificato di Benedetto XVI: mai
era avvenuto in tutta la storia della Chiesa! Non abbiamo raggiunto la piena comunione,
è vero, e a volte ci sono anche difficoltà, ma c’è fiducia, amicizia, conoscenza vicendevole
e la consapevolezza che l’unità sia la volontà di Dio e che è necessaria, oggi, per
la santa causa dell’evangelizzazione.
D. – Quali sono, secondo lei,
i traguardi più importanti raggiunti, quelli che ci incoraggiano ad andare avanti?
R.
– Ci sono le Dichiarazioni congiunte con alcuni patriarchi sulla Cristologia, poi
la Dichiarazione comune con i luterani ed i metodisti sulla Giustificazione, o ancora
il Documento di Ravenna con gli ortodossi, in cui per la prima volta è stata riconosciuta
l’esistenza di una Chiesa universale e che è necessario un capo della medesima, e
che questi non possa essere altri che il Vescovo di Roma. Questo è già un fondamento
comune. Abbiamo fatto grandi passi avanti anche con le Chiese anglicane e protestanti:
non voglio nascondere che ci sono nuovi problemi e nuove sfide. Oggi non c’è più quel
grande entusiasmo che c’era immediatamente dopo il Concilio, ma d’altra parte tutti
sanno che dobbiamo andare avanti …
D. – La presenza di anglicani e ortodossi
dà coraggio: è un segno di speranza e anche di successo di questo cammino compiuto
…
R. – Noi speriamo che questo 50.mo anniversario marchi un nuovo punto
di partenza. Il fatto che siano venuti anglicani e ortodossi è un segno, un’indicazione
importantissima che esiste la volontà e la voglia di proseguire.
D.
– Lei più volte ha detto: l’unità si basa sui rapporti, sul dialogo. Quanto è lontana
questa unità – o quanto è vicina?
R. – Questo non lo possiamo dire.
Siamo riconoscenti per ciò che abbiamo e andiamo avanti. Ma io sono convinto che un
giorno Dio ci donerà l’unità, perché l’unità non si può “fare”, non si può “organizzare”:
è un dono, una grazia dello Spirito! (gf)